Comunicato Stampa
Bolzano, 1.3.1999


Kurdistan: 10 volte peggio del Kosovo
Relazione di una commissione d'inchiesta del Parlamento turco: 4000 villaggi distrutti, i profughi in condizioni disperate

Una commissione d'inchiesta del Parlamento turco stima che nel Kurdistan turco siano stati distrutti o evacuati villaggi in misura dieci volte superiore a quanto fatto dai Serbi in Kosovo: circa 3.500 i villaggi kurdi da cui la popolazione è stata scacciata, mentre esponenti della diaspora kurda, ma anche rappresentanti del Governo turco, portano questa cifra a quasi 4.000. I villaggi distrutti dai Serbi in Kosovo sono circa 450. I profughi kurdi, che si aggirano intorno ai 2.5 milioni per i Turchi e salirebbero a quasi 4 milioni per le fonti kurde, sono abbandonati ad un destino di miseria, malattia, analfabetismo negli slum che circondano le grandi città dell'Anatolia occidentale.

Nelle periferie di Izmir, Ankara, Istanbul sono sorte gigantesche favelas prive di infrastrutture o assistenza medica. Ancora peggio in Anatolia occidentale: a Tunceli il numero degli abitanti è cresciuto in meno di 10 anni da 24.450 a 40.000; a Van gli abitanti sono triplicati, passando da 153.000 a 457.000. La popolazione di Diyarbakir, che i Kurdi considerano il loro capoluogo in Turchia, é raddoppiata in 5 anni, raggiungendo il milione e mezzo di abitanti. Centinaia di migliaia di Kurdi vivono in condizioni miserabili, senza acqua potabile né fogne. Le stime della Commissione d'inchiesta parlano del 50% dei profughi afflitti da gravi problemi di salute. I casi di tifo sono passati da 6.142 nel '91 a 21.677 nel '97; quelli di dissenteria da 4.026 a 12.912. La mortalità infantile è molto alta. Nella zona di Diyarbakir si va diffondendo la malaria. Le malattie psicosomatiche - dovute anche al trauma della deportazione - stanno drammaticamente aumentando. Nelle città più piccole e nei villaggi le istituzioni sanitarie non possono più offrire assistenza, quando non sono chiuse: di 387 policlinici, 87 non sono più attivi, per mancanza di medici specialistici, e delle 831 altre infrastrutture sanitarie ne sono rimaste aperte solo 88. Nelle campagne l'assistenza medica ha praticamente cessato di esistere.

La produzione agricola è stata gravemente compromessa. Assieme ai villaggi vengono bruciati campi e boschi. Il governo vieta l'utilizzazione dei pascoli di montagna, con la motivazione di impedire il sostegno al PKK, e provoca così la distruzione dell'allevamento, principale risorsa economica della regione, che è calato del 31.2%. Nella sola provincia di Diyarbakir il numero degli animali è calato del 50%, quello delle superfici boschive del 60%. Secondo uno studio del Ministero dell'agricoltura turco, la perdita per l'agricoltura si aggira sui 6,5 miliardi di dollari.

Secondo gli stessi governatori provinciali non esisterebbe una base legale per lo sgombero dei villaggi kurdi da parte dell'esercito. Ma gli sgomberi - recita la relazione della commissione d'inchiesta - devono essere stati compiuti con la conoscenza o su ordine delle forze di sicurezza o dei responsabili istituzionali. Molti villaggi poi si trovavano schiacciati tra l'incudine dell'esercito turco e il martello del PKK: se un villaggio obbediva alle direttive dell'esercito di istituire una guardia armata e respingere con le armi i guerriglieri del PKK, veniva esposto alle minacce di quest'ultimo. L'esercito ha fatto pesanti pressioni su quei villaggi che non accettavano il sistema di autodifesa, e molti di questi sono stati distrutti.


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Una pubblicazione dell'Associazione per i popoli minacciati. Si prega di citare la fonte / Eine Publikation der Gesellschaft für bedrohte Völker. Weiterverbreitung bei Nennung der Quelle erwünscht  **  WebDesign: M. di Vieste