Immigrazione, clandestini e questione kurda.
Quando finirà la farsa?
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Bolzano, 9.8.2000

“Nuova ondata di clandestini kurdi sulle coste italiane”. In realtà si tratta ogni volta, ma da anni ormai, di non più di trecento persone, con un nome e un cognome, e non di un’ondata.

Chi usa questi termini per indicare il dramma che si consuma sui nostri lidi non ha ancora capito che tra la periferia di Istanbul e quella di Diyarbakir ci sono almeno tre milioni di Kurdi ammassati in condizioni disumane (ma prima o poi per quelle condizioni bisognerà inventare un altro termine) pronti a dare l’assalto alla “fortezza Europa”.

Per quanto tempo l’Europa in generale e l’Italia in particolare saranno in grado di sopportare politicamente un simile flusso di disperati alla ricerca di pace? Ancora dieci o cento ondate? Fra quante ondate gli atti di intolleranza xenofoba verranno ritenuti la normale reazione ai tentativi di intaccare il nostro “meritato” benessere?

Il problema è che in pochi si chiedono da che cosa fuggono questi pezzi di umanità diseredata e perché accettano ad un costo altissimo di rischiare persino la vita pur di arrivare in Europa.
 
La realtà dei Kurdi in Turchia è talmente drammatica che non c’è nessuna alternativa che possa sembrare loro peggiore di ciò che stanno già vivendo. Circa 4.000 villaggi rasi al suolo dall’esercito turco negli ultimi anni con migliaia di morti tra civili e militari dei due schieramenti, i parlamentari regolarmente eletti che si trovano in carcere per aver fatto riferimento ad una "questione kurda", una economia resa impossibile dalla presenza massiccia dell’esercito che brucia il 25% del PIL turco. Questo è il bilancio inequivocabile della politica turca nei confronti dei Kurdi.
carta del Kurdistan

Ma allora dov’è la soluzione del problema? La soluzione del problema non è né a Roma né a Bruxelles: la soluzione è ad Ankara. Solo le autorità turche potrebbero invertire questa tendenza dei flussi migratori: e l'Europa potrebbe fare delle pressioni in questo senso. Ma questo non avviene poiché gli interessi economici, soprattutto il commercio delle armi, è molto florido (elicotteri da guerra italiani, carri armati tedeschi).

Sembra un vicolo cieco dal quale una via d'uscita deve esserci: rinunciamo a commerciare armi con la Turchia (come imporrebbe con chiarezza la legge italiana) dando un segnale politico chiaro ad Ankara, oppure continuiamo a pagare i costi della sorveglianza delle coste e dell'accoglienza dei profughi? La seconda soluzione sembra essere la più conveniente sicuramente per i governi europei, ma quanto durerà?

E poichè i nostri Ministri Dini e Fassino  hanno affermato entrambi che la situazione dei diritti umani in Turchia è buona, l’unica cosa sensata da fare è insegnare a nuotare a tutti i Kurdi, donne, vecchi, bambini e neonati. Per il resto si vedrà alla prossima sanatoria!
 

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