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Birmania: in pericolo gli aiuti per le vittime del ciclone

Le autorità birmane impediscono l'accesso ai volontari internazionali

Bolzano, Göttingen, 23 luglio 2009

Anziana donna davanti alle rovine della sua casa dopo il passaggio del ciclone. Foto: Irin News. Anziana donna davanti alle rovine della sua casa dopo il passaggio del ciclone. Foto: Irin News.

L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) è preoccupata per i gravi ritardi nell'attuazione dei programmi di aiuto per le vittime del ciclone Nargis in Birmania. Da settimane circa 200 volontari internazionali aspettano il visto per entrare in Birmania mentre la sopravvivenza di centinaia di migliaia di persone del delta dell'Irrawaddy dipende tuttora dagli aiuti internazionali.

In seguito alle devastazioni causate in maggio 2008 dal passaggio del ciclone Nargis e secondo i dati forniti dal Programma Alimentare Mondiale dell'ONU (PAM), 500.000 persone vivono ancora in rifugi di fortuna, circa 200.000 non hanno accesso all'acqua potabile e 350.000 dipendono ancora dagli aiuti alimentari. Ci sono gravi ritardi anche nella ricostruzione delle scuole e solo l'11% delle famiglie colpite da Nargis hanno avuto accesso ad un'assistenza psicologica adeguata mentre i familiari traumatizzati di circa 138.000 morti sono stati lasciati completamente soli.

Gli innumerevoli ostacoli posti dal governo birmano al lavoro dei cooperanti internazionali blocca non solo i programmi di ricostruzione internazionali ma anche il lavoro delle organizzazioni di aiuto locali. Poiché queste ultime non possono registrarsi ufficialmente come organizzazioni umanitarie, non possono neanche avviare i loro programmi di intervento pensati soprattutto per soddisfare le esigenze concrete della popolazione locale se non sotto l'egida delle organizzazioni internazionali. Se le organizzazioni internazionali non hanno accesso al paese neanche le organizzazioni locali riescono a lavorare.

L'atteggiamento ostile delle autorità birmane mette a rischio anche il finanziamento dei programmi di aiuto da parte della comunità internazionale che è sempre meno disponibile ad accettare le misure restrittive imposte da Naypyidaw. Finora la comunità internazionale ha assicurato solo 100 milioni di dollari sui 691 milioni necessari nei prossimi tre anni per la ricostruzione.

Dopo la catastrofe causata da Nargis nel 2008, la giunta militare birmana aveva bloccato per settimane l'arrivo degli aiuti internazionali per le minoranze dei Karen e per gli altri abitanti delle regioni costiere. Solo in seguito all'intervento dell'Associazione delle Nazioni dell'Asia Sud-Orientale (ASEAN) le autorità birmane si sono rese disponibili a permettere l'accesso al paese di organizzazioni umanitarie internazionali.