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Afghanistan: libero dopo 22 mesi di carcere

Finalmente liberato il giornalista innocente condannato a morte!

Bolzano, Göttingen, 7 settembre 2009

Il giornalista afghano Parvez Kaambakhsh. Il giornalista afghano Parvez Kaambakhsh.

Con grande sollievo l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha appreso oggi la notizia della liberazione del giornalista afghano Parwez Kaambakhsh. L'organizzazione per i diritti umani si rammarica tuttavia del fatto che l'ingiusta condanna che pendeva sul giornalista critico nei confronti del regime non sia stata annullata. Piuttosto che stabilire la sua innocenza e pagare un risarcimento per la detenzione illegale, Parvez, in seguito a forti pressioni internazionali, due settimane fa è stato trasferito dalla prigione centrale di Kabul prima in una località segreta e da lì ha preso un volo per l'estero. Dal suo arresto il 27 Ottobre 2007, l'APM si era battuta per la sua liberazione.

Su iniziativa dell'APM molti politici e governi nel mondo si sono impegnati per la sua liberazione. Più di 100.000 cittadini europei hanno firmato petizioni per il suo rilascio. In Germania insieme all'APM si è impegnata a suo favore soprattutto la Fondazione per i perseguitati di Amburgo, che gli aveva conferito una delle sue borse di studio annuali.

Il rilascio del giovane giornalista assomiglia molto alla deportazione di uno scomodo critico di regime. Il caso Parvez ha mostrato meglio di qualunque altro caso giudiziario le carenze della magistratura e in generale del sistema giudiziario afghano. A partire dalla sua condanna a morte emessa il 22 Gennaio 2008 il suo caso è diventato il pomo della discordia tra la comunità internazionale e il governo afghano. Sotto la pressione esercitata dalla Comunità internazionale il 21 ottobre 2008 la Corte d'appello aveva convertito la condanna a morte in 20 anni di reclusione.

Con l'arresto e la condanna di Parvez si vuole colpire soprattutto suo fratello, Sayed Yaqub Ibrahimi autorevole giornalista e temuto critico dei signori della guerra e del loro arbitrio. Parvez era stato condannato a morte con l'accusa di "aver attaccato e insultato il Profeta, come anche per l'interpretazione intenzionale distorta di versetti del Corano". Era accusato di aver diffuso tra gli studenti dell'Università di Balkh un testo disponibile in Internet che insultava il Profeta Maometto. Parvez aveva sempre negato e aveva dichiarato che la sua firma era stata falsificata. Testimoni della difesa, portati dal suo avvocato, non sono stati convocati in tribunale. Subito dopo il suo arresto è stato torturato dai servizi segreti, come confermato da vari testimoni credibili. Le autorità e il giudice, hanno però ignorato tutte le denunce di tortura.