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Brasile / Belo Monte

In aumento la resistenza degli indigeni contro la diga di Belo Monte - il governo brasiliano reagisce con nervosismo

Bolzano, Berna, Göttingen, 11 novembre 2011

Il Fiume Xingu in Brasile scorre presso il villaggio della comunità indigena degli Asurini. Foto: Rebecca Sommer. Il Fiume Xingu in Brasile scorre presso il villaggio della comunità indigena degli Asurini. Foto: Rebecca Sommer.

Lo scorso 24 ottobre alle 4 di mattino centinaia di indigeni, pescatori e residenti hanno occupato il cantiere della diga di Belo Monte vicino alla città di Altamira, nell'Amazzonia brasiliana. Sempre lo stesso giorno un giudice dello stato brasiliano di Pará ha accolto la denuncia del consorzio di costruttori NESA e ha fatto sgomberare la manifestazione minacciando l'arresto di tutti i presenti. I manifestanti hanno quindi deciso di sciogliere il blocco del cantiere.

Dalle ricerche e inchieste fatte dalla collaboratrice dell'APM Rebecca Sommer nelle aree colpite dalla futura diga, emerge che anche quelle comunità indigene, che finora avevano partecipato alle trattative con il governo e la NESA, hanno ora deciso di opporsi alla realizzazione del mega-progetto. A metà ottobre i rappresentanti del popolo Kayapo-Xicrin si sono rivolti alla magistratura dello stato federale e sono intenzionati a intraprendere i necessari passi giuridici per fermare il progetto. I Kayapo-Xicrin lamentano che durante le trattative essi non sono mai stati informati sulle pesanti conseguenze che la costruzione della diga avrebbe per la loro vita e il loro ambiente. Inoltre lamentano che la NESA non ha mantenuto gli impegni presi come ad esempio il pagamento degli indennizzi concordati.

Il governo brasiliano e il consorzio di costruttori NESA ora rischiano di dover affrontare tutta una serie di denunce da parte delle comunità indigene colpite dal mega-progetto. Secondo l'APM, il governo brasiliano farebbe infatti meglio ad avviare subito trattative serie con le popolazioni indigene, così come previsto dalla legislazione nazionale e internazionale, e, se queste dovessero opporsi al progetto, la decisione deve essere rispettata. Il governo inoltre è tenuto a garantire un'ampia tutela alle comunità indigene incontattate che vivono nella regione.

La reazione del governo sembra invece improntata ad un crescente nervosismo, tant'è che i suoi rappresentanti non si sono nemmeno presentati a una recente riunione della Commissione per i Diritti Umani dell'Organizzazione degli Stati Americani (OSA), così come il governo si è rifiutato di versare la propria quota di adesione alla stessa OSA dopo che questa aveva espresso le proprie critiche circa la costruzione della diga di Belo Monte. L'Agenzia statale per gli Affari Indigeni FUNAI ha infine licenziato il capo kayapo Megaron Txucarramãe, secondo quanto egli stesso sostiene, a causa delle sue critiche al mega-progetto.

I retroscena
All'inizio di giugno 2011, l'istituto per l'ambiente brasiliano IBAMA ha concesso il suo parere positivo finale per la costruzione per la costruzione della terza maggiore diga idroelettrica al mondo a Belo Monte, senza però aver ottenuto il consenso delle popolazioni indigene direttamente interessate dall'opera. La Costituzione brasiliana prevede misure specifiche per la protezione delle popolazioni indigene del paese. Avendo inoltre firmato la Convenzione ILO n. 169 a protezione dei popoli indigeni e tribali e la Dichiarazione ONU dei diritti dei popoli indigeni, il Governo brasiliano si obbliga a garantire che i popoli indigeni vengano informati su tutti i progetti che li coinvolgono e a ricevere il loro consenso. Il Tribunale federale regionale ha imposto la sospensione dei lavori di costruzione della diga. Le Procure federali hanno al momento ricevuto già 13 denunce contro la realizzazione del progetto. Anche la Commissione inter-americana per i diritti umani della Organizzazione degli Stati Americani ha chiesto la sospensione dei lavori.