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Giornata internazionale dell'acqua (22 marzo)

Lo sfruttamento mondiale dell'acqua crea gravi conflitti soprattutto con i popoli e le comunità indigene

Bolzano, Göttingen, 20 marzo 2013

Logo della Giornata internazionale dell'acqua 2013. Logo della Giornata internazionale dell'acqua 2013.

In occasione della Giornata internazionale dell'Acqua l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) vuole richiamare l'attenzione sui molti conflitti generati in tutto il mondo dai massicci e distruttivi interventi dell'industria su fiumi e corsi d'acqua. Tra le cause maggiori dell'inquinamento delle acque e di conseguenza della violazione del diritto all'acqua pulita e potabile vi sono l'attività mineraria, l'estrazione di gas e petrolio e ovviamente la costruzione di grandi dighe.

Così ad esempio, l'estrazione di petrolio nel delta del Niger, nella Siberia occidentale o nella regione di Barent è causa dell'inquinamento delle falde acquifere e quindi dell'acqua bevuta e usata da chi abita quelle regioni. In Perù troppo spesso le acque reflue delle miniere d'oro contenenti cianuro vengono scaricate nei fiumi che a loro volta costituiscono l'unica fonte di acqua e la principale fonte di alimento di molte comunità indigene. L'inquinamento da cianuro dei fiumi e l'avvelenamento del loro patrimonio ittico causa danni alla salute permanenti per chi dai fiumi trae il proprio sostentamento e viola pesantemente il loro diritto alla salute.

India, Cambogia, Birmania, Ecuador, Cile, Brasile, Etiopia o anche la Russia sono solo alcuni dei molti paesi in cui le comunità indigene subiscono la minaccia delle dighe. Ovunque la produzione di energia elettrica e la necessità di irrigare le grandi piantagioni a monocoltura hanno giustificato e continuano a giustificare la dislocazione forzata di decine di migliaia di persone e l'inondazione delle loro terre. In molti casi l'energia "pulita" ottenuta grazie alla diga comporta un incredibile inquinamento causato dalla marcescenza dei boschi e dalla vegetazione rimasti sott'acqua oppure, come ad esempio in Uzbekistan, la salinizzazione delle aree agricole a causa dell'inaridirsi dei corsi d'acqua dopo la diga. Per migliaia di persone ciò significa la fine della loro esistenza, la migrazione forzata, una vita in povertà.

I mega-progetti di costruzione di dighe comportano perlopiù gravi conflitti tra comunità indigene, polizia e forze di sicurezza delle multinazionali coinvolte. I conflitti spesso vengono taciuti in quanto "conflitti locali" e non giungono a conoscenza dell'opinione pubblica internazionale nonostante i mega-progetti siano spesso finanziati da grandi enti ed istituzioni internazionali quali la Banca Mondiale o potenti multinazionali occidentali. Altrettanto spesso le proteste delle comunità colpite vengono sedate con le armi e finiscono in bagni di sangue, con arresti arbitrari, tortura, feriti e morti.
L'APM esige dai finanziatori internazionali di mega-progetti di attenersi scrupolosamente ai maggiori standard ambientali e alle regole imposte dalla Convenzione ILO 169, peraltro ratificata dalla molti dei paesi interessati dalla costruzione di mega-dighe. La Convenzione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (International Labour Organization , ILO) impone l'informazione e la consultazione delle comunità indigene sulla cui terra si intende realizzare un'opera, attività di sfruttamento minerario, estrazione di risorse o quant'altro. Attualmente il principio/dovere della consultazione viene sistematicamente violato in tutto il mondo, la volontà di chi da sempre abita le terre interessate dai mega-progetti e ne dovrà pagare le conseguenze viene sistematicamente ignorata e messa a tacere.