Intervista con l'On. Franco Corleone (Verdi)

La legge quadro per la tutela delle minoranze linguistiche

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La legge quadro per la tutela delle minoranze è finalmente stata approvata anche dal Senato. Lei è stato l'iniziatore di questa legge. Che cosa l'ha spinta a proporre al Parlamento questa legge?

Io ho raccolto questa bandiera ormai da molti anni, perché sono convinto che prima di tutto i principi costituzionali nella parte fondamentale della nostra Costituzione devono essere realizzati, non devono rimanere lettera morta. In secondo luogo perché questo problema delle minoranze linguistiche in Italia è un problema culturale e politico perché noi abbiamo una ricchezza di componenti storiche nel nostro Paese che rischiano o rischiavano - forse adesso meno - di scomparire letteralmente in un processo accelerato nel corso degli anni, dovuto a vari fenomeni. Da una parte questi fenomeni si potevano considerare come positivi, per esempio la scolarizzazione o la sconfitta dell'analfabetismo, o l'ingresso prepotente della televisione nel nostro paese. Dunque tutti fatti di omologazione. Il problema pone degli aspetti positivi ma anche degli aspetti preoccupanti perché comportavano spesso la cancellazione di lingue e culture. E soprattutto quello che era e che è preoccupante tuttora è che il linguaggio di alcune comunità si impoverisce con l'italiano forzato. Oltretutto l'italiano della televisione è un italiano povero.
Io sono sempre stato convinto che una valorizzazione di queste tradizioni potesse favorire sia la convivenza fra diversi, sia anche la migliore ricchezza di capacità espressiva delle persone. Questo ovviamente vale sia per le grandi minoranze sia per quelle minori, che addirittura rischiavano l'annullamento completo.
La legge fu presentata molti anni fa da Loris Fortuna, che non a caso è stato il campione dei diritti civili nel nostro paese. Ma dall'altra si connetteva ad altre figure che hanno valorizzato le lingue. Recentemente ho letto un saggio di Pier Paolo Pasolini proprio sulla lingua friulana e il modo in cui valorizzarla. Parliamo degli anni subito dopo la fine della guerra ... è una lunga tradizione che adesso finalmente si è conclusa e mi auguro che quello che è previsto nella legge sia attuato sollecitamente.

Questa legge nell'iter parlamentare ha subito colpi di rallentamento e di compromessi dolorosi. Sono p.e. esclusi i Sinti e Rom!

E' stata una sconfitta. Ricordo che alla Camera l'On. Domenico Maselli, il relatore della legge, è rimasto molto dispiaciuto. Ma è stata una condizione posta dall'opposizione per non ostacolare più di tanto l'approvazione della legge. Devo dire che rispetto a quelle che sono le possibilità di applicazione della legge con meccanismo che c'è, la presenza nei comuni e con una certa percentuale, credo che nei fatti per queste componenti non sarebbe stato facile utilizzare la legge. Però dal punto di vista del principio era importante anche che il riferimento ai Rom e Sinti ci fosse - è presente in tutti i documenti europei che fanno riferimento alle minoranze storiche. Purtroppo si è fatta valere in questo caso la preoccupazione sull'ordine, la sicurezza pubblica rispetto a un problema culturale, mettendo a confronto due questioni che hanno un valore diversissimo, si è fatto pesare di più la cronaca rispetto alla storia.

Nella legge si prevedono 20 miliardi per attuare la legge. Non è che sia poco. C'è peraltro la legge dell'insegnamento della lingua madre dice che da questo non devono nascere nuove spese per lo stato. Questo non frenerà la realizzazione della tutela?

Io penso che innanzi tutto bisogna verificare che ci sia un interesse, una sollecitazione dal basso. E quindi su quella base si può pensare che a regime la legge possa avere fondi anche maggiori. L'importante è che ci sia un'attivazione delle comunità, delle famiglie e dei singoli, delle forze politiche e culturali, che ci siano delle iniziative affinché la legge sia applicata. Credo che il problema sia quello di utilizzare i fondi che ci sono, e dimostrare che ne occorrono altri. In più c'è una possibilità di intervento anche delle regioni. In alcuni articoli è previsto che ci sia anche l'adozione di toponimi conformi alle tradizioni, agli usi locali, in parte già utilizzata in alcune regioni, che possono avvenire con spese minime. Per quanto riguarda la pubblica istruzione c'è all'interno una misura specifica di due miliardi, che certamente non sarà grossa cosa, però io mi preoccupo sempre che molte leggi abbiano una copertura ampia e poi addirittura non viene utilizzata. Io preferisco che ci siano progetti perché tutti questi 20 miliardi siano utilizzati e al quel punto si possa poi chiedere di più nel momento che si è dimostrato che ci sono interessi, che ci sono varie iniziative. D'altronde nel 2000 si parte con una possibilità dei 20 miliardi del 1999, che non sono utilizzati. Per il primo anno ci può essere un impulso notevole, cioè del doppio - con il finanziamento del 1999.

Lei parla di minoranze maggiori e di minoranze minori. Non è forse così che le minori sono talmente assimilate che sarà difficile ricuperarle?

Ci sono delle condizioni diverse. E' diversa la situazione degli Albanesi rispetto agli Sloveni. E' evidente che anche le popolazioni albanesi sono componenti molto antiche in Italia e confermano un certo tipo di tradizioni che non vanno fatte scomparire - non parliamo ovviamente dell'immigrazione degli ultimi anni, ma parliamo di Albanesi storici, che hanno un peso e una rilevanza diversa dagli Sloveni ... Io penso che l'opera che si deve fare è di valorizzazione di questo patrimonio, tenendo conto che ovviamente il peso maggiore può essere dove ancora la lingua è viva, dove ci sono iniziative, espressioni culturali, dal teatro, alla letteratura, ai giornali e dove può diventare non un fatto di testimonianza di una memoria, ma una realtà vissuta. Essendo arrivata nel 2000, 50 anni dopo la Costituzione, è chiaro che la legge ha dimensioni diverse da quelle che potevano essere 30, 40 anni fa. Non possiamo pensare di avere dei risultati identici per tutte le minoranze linguistiche.

Pasolini già nel dopoguerra ha scritto vari saggi sulle minoranze, sul peso delle regioni: Pasolini anche in questo può essere considerato una specie di profeta?

Io devo dire che è una figura così interessante, poliedrica, che stupisce sempre. Io ho trovato sue poesie firmate con la firma nella lingua friulana, Pieri Pauli Pasolini, e altri scritti importanti, p.e. sulla necessità di tradurre la poesia mondiale in lingua friulana come opera per valorizzare il friulano stesso, ma quello che si può dire è che Pasolini è quello che ha introdotto la figura, l'immagine politica dell'esistenza di un regime in Italia, con quelle provocazioni sulla realtà drammatica della scomparsa di elementi preziosi nella natura, come la scomparsa delle lucciole, i responsabili delle stragi, e anche questo è nella mutazione antropologica delle persone, dei poveri e in un'immagine omologata di tutti i giovani. Credo che queste siano state le ultime riflessioni che ha fatto prima di essere ucciso. Questa sua opera per le minoranze, per il patrimonio delle regioni credo che sia ancora tutto da scoprire. Quando io penso a persone cui questa legge possa fare riferimento penso appunto a lui, a Fortuna, anche a gente come Alex Langer, che della convivenza interetnica e del dialogo tra le cultura diverse hanno fatto una questione di vita.

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