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Voci dall'Iraq

No alla guerra degli USA contro l'Iraq!
No alla guerra di Saddam contro il suo popolo!

A cura di Karl Hinterwaldner. Traduzioni di Sabrina Bussani.

Bolzano, 3 Aprile 2003

Mentre prosegue la guerra in Iraq, l'opposizione irachena continua ad essere in disaccordo sul futuro del paese: se da un lato tutti sono concordi sul fatto che Saddam deve andarsene, dall'altro non si riesce a trovare un accordo sul cammino da intraprendere dopo la caduta del boia di Baghdad. Anche la posizione circa la continuazione o meno della guerra USA non è unanime. L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha raccolto alcune di queste voci.

INDEX
La posizione della Lega delle donne irachene | Gli Assiri | Un regime che massacra | Barham Salih, Primo Ministro del parlamento kurdo in Iraq | La posizione del Partito comunista iracheno | L'opposizione irachena
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La posizione della Lega delle donne irachene
La Lega delle Donne Irachene è contraria alla guerra USA contro l'Iraq. "Ogni forma di militarizzazione e ogni motivazione per scatenare una guerra è sempre strettamente collegata alla violenza degli uomini contro le donne." Questa è la motivazione che spinge la Lega delle Donne ad esprimersi contro una "propaganda razzista" che in modo arbitrario stabilisce dei "paesi canaglia" e dichiara gli USA e l'UE portatori della "vera" civiltà. La Lega delle Donne Irachene si oppone anche alla dittatura di Saddam, il cui regime ha torturato e condannato a morte anche molte donne.

La morale ha fornito il pretesto per terribili crimini, come la decapitazione di donne, i cui corpi sono poi stati depositati sulla soglia di casa. Gli ultimi sviluppi del conflitto in Iraq hanno rafforzato nelle donne irachene la consapevolezza che gli USA siano interessati unicamente al raggiungimento dei propri interessi: un riordino politico nella regione, assicurarsi i profitti dalla Guerra del Golfo e impostare a proprio piacimento la situazione in Medio Oriente.

Nel suo libro "Fondamentalismo contro le donne", Nawal El Saadawi scrive: "Viviamo in un'era neocoloniale: davanti a tutti gli Stati Uniti d'America, dall'altro lato il fondamentalismo, insieme compongono le due facce della globalizzazione. Il velo obbligatorio delle donne nel nome della religione e della morale, e la nudità dei loro corpi nel nome del commercio sul libero mercato capitalista costituiscono semplicemente le due facce della stessa medaglia. Una società capitalista, segnata dal sistema di classe patriarcale, non avrà mai spazio per un cambiamento fondamentale della situazione delle donne. Una trasformazione radicale potrà avvenire unicamente se si rinuncerà a qualsiasi forma di discriminazione di genere, le cui radici affondano nel sistema di classe e nel patriarcato."

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Gli Assiri
Per circa 1,5 milioni di Assiri che vivono in Iraq, Saddam Hussein è sinonimo di persecuzione e sottomissione. La guerra potrebbe terminare in una catastrofe, ma la minoranza assira spera che possa liberare il paese da Saddam e portare libertà e pace per tutto il paese. Gli Assiri combattono da decenni per i loro diritti. Nell'aprile 1979 è stato fondato il "Movimento Democratico Assiro", che ha tentato di dar voce alle richieste di questa minoranza. Negli anni seguenti, centinaia di attivisti sono stati incarcerati e i leader del movimento sono stati uccisi. Nel 1988, durante l'operazione Anfal, sono stati distrutti oltre 200 villaggi assiri, e la popolazione è stata costretta a sistemarsi in alloggi d'emergenza nelle vicinanze dei villagi kurdi.

Dopo la Guerra del Golfo del 1991, le forze internazionali hanno creato una zona di sicurezza, che include le regioni di Arbil, Suleimaniya e Duhpk nel Kurdistan iracheno. In quelle regioni gli Assiri hanno i propri rappresentati nel governo regionale: così hanno potuto trasformare le proprie feste religiose e politiche in festività ufficiali, sono nate associazioni culturali e sociali e nuovi partiti politici, che hanno potuto dare voce alle richieste degli Assiri. Sono stati pubblicati giornali, riviste e libri in lingua assira, e grazie a un decreto parlamentare del 20 settembre 1992, l'insegnamento dei bambini non kurdi della religione avviene in lingua assira. Oggi gli Assiri combattono insieme ad altri gruppi di opposizione iracheni per liberarsi dal regime sanguinario di Saddam Hussein.

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Un regime che massacra
Namo Aziz, kurdo in esilio e giornalista per Die Zeit, è favorevole alla guerra: "Una pace che permette al dittatore di restare al potere, per la mia gente non significa che una guerra eterna." Namo Aziz ha trascorso ventidue anni della sua vita a soffrire la fame e a nascondersi dal regime di iracheno. All'età di cinque anni aiutava a lavare i cadaveri, i fori delle pallottole dovevano essere chiusi con il cotone. "Giocavamo con le pallottole delle pistole", ricorda Aziz. Quando il regime fucilò mio fratello Mohammed dopo quattro anni di carcere a Abu Gahraib, mia madre dovette pagare le 30 pallottole usate per ucciderlo. "Un terrore di questo genere per noi è quotidianità".

Secondo Aziz, gli iracheni hanno paura delle manifestazioni mondiali per la pace, che percepiscono come aiuti ad un dittatore e alla sua Gestapo. "Contemporaneamente significano ancora fame, perché Saddam preferisce spendere soldi per armi di distruzione di massa e per armare gruppi terroristici, anziché usarli per la gente e per sanare il paese. Le manifestazioni significano anche la continuazione del giochetto con gli ispettori dell'ONU, la cui ricerca sarà sempre inutile poiché Saddam usa come nascondigli per le sue armi chimiche e biologiche non solo moschee e scuole ma anche le case private della gente, senza preoccuparsi minimamente della loro salute."

Il regime di Saddam non vuole la pace, perché la pace sarebbe una minaccia: Saddam ed il suo clan familiare fondano il loro potere sull'apparato militare che sanno tenere sotto controllo confrontandolo di volta in volta con un nemico nuovo: l'Iran, gli USA o i Kurdi. Per Namo Aziz, le affermazioni del dittatore di non possedere armi di distruzione di massa né di avere rapporti con al-Quaeda, non sono altro che l'applicazione del legge islamica della Taqiya: agli infedeli si può mentire.

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Barham Salih, Primo Ministro del parlamento kurdo in Iraq
Convinto di una vittoria USA è anche Barham Salih, Primo Ministro del parlamento kurdo in Iraq: la liberazione da Saddam non sarà il paradiso, ma significherà speranza e nuove possibilità." Contemporaneamente si appella a tutti i paesi dell'occidente affinché contribuiscano alla ricostruzione dell'Iraq: "Dopo la liberazione abbiamo bisogno di voi per essere sicuri che l'Iraq possa trasformarsi in uno stato federale democratico, pacifico e stabile."

Barham Salih ricorda quanto si sia riusciti a raggiungere nei territori autonomi kurdi prima dell'invasione anglo-americana. "Abbiamo ricostruito villaggi che erano stati distrutti durante le pulizie etniche dell'offensiva Anfal; abbiamo lavorato al sistema dell'istruzione e della sanità e la mortalità infantile non è mai stata così bassa. Abbiamo investito la nostra parte dei guadagni dal commercio del petrolio in aratri invece che in spade, in ospedali invece che in armi chimiche. Abbiamo mezzi d'informazione liberi e rispetto per le minoranze. Tutto ciò dovrebbe costituire un esempio per il resto del paese."

Il primo ministro risponde così alle voci europee che sostengono che i Kurdi non dovrebbero chiedere aiuti esterni per liberarsi dalla tirannia: "Credo che la gente sia ben intenzionata, ma che commette un errore: purtroppo tutta l'energia che investe nelle proprie organizzazioni e dimostrazioni non riesce a liberarci dalla dittatura di Baghdad. Gli Iracheni sanno che i loro diritti sono stati spesso calpestati, perché normalmente il petrolio è più importante della loro vita. Sarà cinico, ma se in fin dei conti il petrolio sarà la causa della loro liberazione, andrà bene così. Il petrolio non sarà più una maledizione ma finalmente una benedizione."

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La posizione del Partito comunista iracheno
Il partito comunista dell'Iraq (KPI) chiede l'immediata sospensione del conflitto bellico, ed è convinto che Saddam poteva essere eliminato anche senza la violenza delle armi, evitando ulteriori sofferenze e dolori al popolo iracheno. Il KPI chiede che venga convocata una Conferenza Internazionale, patrocinata e supervisionata dalle Nazione Unite, alla quale partecipino i partiti e le forze democratiche dell'Iraq, e che affronti il "problema Iraq" in modo esaustivo e ponga le basi per la creazione di uno stato democratico, federale e unitario.

"Anche se il conflitto bellico è già iniziato, e le truppe di aggressione sono in avanzata sul territorio iracheno, è ancora possibile e necessario interrompere immediatamente questa guerra e tornare ai mezzi politici e diplomatici in modo da limitare le enormi perdite per il nostro popolo e i danni disastrosi alle infrastrutture del nostro paese. Se oggi leviamo la nostra voce per porre termine a questa guerra, non ci dimentichiamo neanche per un momento che una parte della responsabilità per l'esplodere di una nuova guerra è della dittatura che governa questo paese. Il regime è colpevole di aver condotto il popolo ed il paese in un baratro, e di aver causato tutte le tragedie e le catastrofi del passato, le cui conseguenze si sentono tuttora".

Bisogna immediatamente avviare quanto necessario per mettere a disposizione cibo e medicinali, le sanzioni economiche contro il popolo iracheno devono essere abolite, la popolazione civile irachena deve essere protetta e va rispettato il Trattato di Ginevra. Molto importanti sono, secondo il KPI, le risorse naturali dell'Iraq, tra cui il petrolio, il cui legittimo proprietario è il popolo iracheno e nessun altro. Solo istituzioni costituzionali e democraticamente elette dovrebbero poter disporre delle risorse del paese.

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L'opposizione irachena
Nonostante esista un così ampio fronte contro Saddam Hussein, l'opposizione irachena resta divisa. Un primo incontro tra i diversi gruppi è stato rinviato a data indeterminata. Uno dei motivi principali per il rinvio dell'incontro è l'annullamento del viaggio nel Nord dell'Iraq dell'inviato speciale dell'amministrazione Bush, Zalmay Khalilzad. Un ulteriore segnale per il progressivo allontanamento del governo USA dall'opposizione irachena, e per la decisione degli USA di gestire in proprio la fase post-Saddam.

A questa già difficile situazione si aggiungono le tensioni tra la Turchia ed i Kurdi iracheni, dovute alla chiara intenzione della Turchia di non restare fuori dal conflitto nel Nord dell'Iraq. La Turchia teme che l'attuale regione autonoma kurda possa costituire uno stato indipendente kurdo, rafforzando in tal modo l'attività separatista dei Kurdi in Turchia. Per sottolineare la propria posizione e in modo che non lascia spazio a dubbi, la Turchia ha schierato i propri carri armati a Cizre ed a Silopi, alla frontiera con il Nord dell'Iraq. Ai soldati già stazionati nella regione di frontiera si aggiunge l'intera 2. armata, composta da 100.000 uomini. Contemporaneamente il parlamento turco si è espresso contrario ad un contingente d'invasione americano di 55.000 soldati con il quale gli USA avrebbero voluto formare un Fronte del Nord in modo da impegnare le truppe d'elite di Saddam Hussein contemporaneamente su due fronti.

Dopo aver preteso, immediatamente all'inizio della guerra, una somma miliardaria dagli USA, la Turchia avrebbe voluto anche una conferma scritta da parte degli USA per l'assegnazione di una somma che ammonta a 30 miliardi di dollari. Un ulteriore fattore nel determinare il fallimento delle trattative USA - Turchia è stata infine la richiesta turca di avere il controllo dei pozzi petroliferi nei dintorni di Kirkuk e Mosul, sempre nel Nord dell'Iraq. Si trattava del tentativo di togliere il petrolio alla popolazione della regione, in maggioranza kurda, ed impedire così lo sviluppo delle comunità kurde.

Il ministro degli esteri turco Yakis ha poi chiesto che a fine conflitto fossero disarmate le milizie Peshmerga, militarmente molto ben attrezzate, dell'Unione Patriottica del Kurdistan (PUK) e del Partito Democratico Kurdo (PDK). Secondo il quotidiano turco Hurriyet, la Turchia avrebbe voluto anche ricoprire un ruolo di rilievo nell'amministrazione post-bellica del Nord dell'Iraq.

I rappresentanti del PUK e del PDK hanno messo in guardia la comunità internazionale sulla possibilità di un conflitto tra Turchi e Kurdi. Ai giornalisti dell'Associated Press, Hoshyar Zebari, che funge da "Ministro degli esteri" del PDK, ha dichiarato: "Ci opporremmo a qualsiasi intervento della Turchia. Nessuno creda che stiamo bluffando. Qualsiasi intervento comporterà degli scontri." Latif Rashid, portavoce del PUK, ha confermato la dichiarazione di Zebari, ed ha condannato i piani turchi di mandare soldati nella regione. Nel frattempo l'ambasciatore turco a Washington, Faruk Logoglu, ha dichiarato alla CNN: "Ci sarà una presenza militare turca nel Nord dell'Iraq." Logoglu ha poi limitato il suo intervento, specificando che "sarà solo per occuparsi dei problemi umanitari creati dalla guerra". Insomma, un'invasione dell'Iraq da Nord potrebbe comportare un conflitto turco-kurdo e quindi un problema ulteriore per gli Stati Uniti.


Vedi anche:
* www.gfbv.it: www.gfbv.it/3dossier/iraq/iraq-shia-it.html | www.gfbv.it/3dossier/iraq/iraq-maj-it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/03-1/030204it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/03-1/030128it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/02-3/021031ait.html | www.gfbv.it/2c-stampa/02-1/020221it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/02-1/020315it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/1-01/15-3-it.html

* www: Governo regionale del Kurdistan: http://www.krg.org/
Iraq Research and Documentation Project (IRDP): www.fas.harvard.edu/~irdp/
Organizzazione democratica assira: www.ado-world.org
Yezidi kurdi: www.yezidi.net
Agenzia internazione d'informazione assira: www.aina.org
Assiri nel mondo: www.nineveh.com
Partito comunista iracheno: www.iraqcp.org
Partito democratico del Kurdistan: www.kdp.pp.se
Unione patriottica del Kurdistan: www.puk.org
Congresso nazionale iracheno: www.inciraq.com
International Alliance for Justice: www.i-a-j.org
Arabi Marsh: www.amarappeal.com
Shia News: www.shianews.com

Ultimo agg.: 11.9.2003 | Copyright | Motore di ricerca | URL: www.gfbv.it/3dossier/iraq/iraq-it.html | XHTML 1.0 | WEBdesign, Info: M. di Vieste
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