Thomas Benedikter
Diritti umani: i prossimi 50 anni

Non è possibile, oggi, sostenere che esista un generale rispetto dei nobili principi enunciati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ratificata da 182 Stati con la loro adesione alle Nazioni Unite. L’evoluzione normativa, cioè la codificazione dei diritti umani, procede, ma manca ancora una politica per la concreta realizzazione di questi diritti, ratificati da molti Stati. Uno sguardo al rapporto annuale di Amnesty International è sufficiente per verificare che la maggioranza degli Stati ignora tranquillamente le convenzioni internazionali per la tutela dei diritti umani. La maggior parte dei diritti elencati nei 28 articoli della Dichiarazione vengono sistematicamente violati in moltissimi paesi. E lo stesso vale per la convenzione del divieto di genocidio, promulgata il 9 dicembre 1948: a partire da questa data i morti per genocidio sono stati di più che quelli di tutta la seconda guerra mondiale.

Anche in Europa, culla dei diritti umani, non solo si sono verificate numerose violazioni dei diritti umani personali e collettivi, ma si sono registrati casi di genocidio e deportazione di massa, come stanno a dimostrare gli eccidi in Bosnia, Cecenia e, adesso, in Kosovo. La comunità internazionale è intervenuta sempre con molto ritardo per proteggere i diritti fondamentali della popolazione civile, o la sua semplice sopravvivenza fisica (e in Cecenia non è intervenuta per nulla). In Kosovo, per esempio, in 7 mesi di guerra, la Serbia ha ucciso più di 1.700 Albanesi, e ne ha costretti oltre 400.000 alla fuga, con immensi danni materiali. Chi giudicherà i responsabili? Chi impedirà questi crimini, quando si profileranno nuovamente situazioni come questa?. Le ripetute e massicce violazioni dei diritti umani commesse dal governo di Belgrado sono rimaste impunite. Del tutto indifferenti a ciò, numerosi Stati, l’Italia in testa, cercano di fare nuovamente affari con questi governi.

E’ possibile citare numerosi esempi di questo genere anche per altri continenti, e mostrare chiaramente che, nonostante la codificazione, le violazioni dei diritti umani da parte degli Stati non sono ancora sanzionate con efficacia. Gli interessi economici nei rapporti internazionali hanno un peso molto maggiore dei diritti umani.

In caso di massicce violazioni l’ostacolo più grande all’intervento della comunità internazionale è sempre la sovranità dei singoli Stati. Per una tutela efficace dei diritti umani mancano tuttora delle autentiche istanze di giudizio e d'esecuzione a livello mondiale, cui anche l’attuale ruolo degli Stati Uniti di "poliziotto del mondo" non può supplire.

Come devono cambiare gli ordinamenti statali e i rapporti internazionali per dare priorità ai diritti umani nel prossimo secolo? Come si può creare un sistema di relazioni internazionali nel quale i diritti umani codificati vengono effettivamente accettati alla stregua di una "costituzione globale" e dove sono messi a disposizione i mezzi necessari alla loro tutela? Ed infine quale deve essere l’ordine sociale ed economico per garantire materialmente i diritti umani fondamentali?

Alla base di una riflessione sul futuro dei diritti umani deve stare un’analisi di quello che ha fatto fallire la loro tutela nella maggior parte dei Paesi. La codifica dei diritti umani è molto raffinata e progredita, ma lungi dall’essere conclusa. E’ stata sviluppata una rete sempre più differenziata di trattati e meccanismi di controllo, mentre i principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo sono diventati una sorta di diritto internazionale convenzionale. Ma a queste enunciazioni non sono seguiti fatti concreti. I prossimi 50 anni della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo devono essere dedicati alla loro traduzione nella pratica.

Novità in campo normativo

La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è sì una sorta di "Costituzione delle Nazioni Unite", ma non un trattato vincolante. Dal giorno della sua firma sono state stipulate numerose altre convenzioni, le più importanti delle quali sono la "Convenzione internazionale sui Diritti Civili e Politici", la "Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali" (in vigore dal 1976), la Convenzione contro la tortura (in vigore dal 1987), la Convenzione di Ginevra sui Profughi (in vigore dal 1954), la Dichiarazione dei Diritti del Bambino (1990) la Convenzione contro la discriminazione della donna (1981). L’Assemblea dell’ONU ha fatto propria il 18.12.1992 una Risoluzione sui Diritti di Minoranze Etniche, Nazionali o Religiose. Non bisogna dimenticare poi i numerosi accordi regionali, come ad esempio la Convenzione Europea per la Tutela Diritti Umani, che ha segnato un nuovo standard nella tutela dei diritti umani.

Oltre al problema della traduzione in pratica delle numerose norme in vigore, esistono tuttora nel diritto internazionale dei notevoli vuoti normativi: per esempio manca una convenzione per i diritti collettivi di popoli e gruppi etnici privi di una tutela specifica. Una base giuridica per questa tutela è più urgente che mai, considerata l’oppressione che minoranze in tutto il mondo subiscono. I conflitti interni tra gruppi nazionali o etnici sono diventati tra le principali cause di guerra. Questo problema finisce per mescolarsi con quello dei diritti dei popoli indigeni, sui quali, con regolarità sconfortante, si dibatte a Ginevra da più di quindici anni. Le proposte si fermano sempre di fronte alla rifiuto degli Stati di ammettere il riconoscimento ai popoli indigeni lo status di soggetti collettivi del diritto internazionali, per poter esercitare almeno una "autodecisione interna" nell’ambito degli Stati. Esistono anche tentativi di una convenzione internazionale dei diritti linguistici, con diritti individuali e di gruppo. La commissione delle Nazioni Unite contro la discriminazione e per la tutela delle minoranze ha proposto la bozza di "dichiarazione sui trasferimenti e insediamenti di popolazione" che dovrebbe bandire per sempre le deportazioni di massa. In questo campo rimane ancora ai rappresentanti di organizzazioni internazionali, di organizzazioni non governative e di gruppi etnici molto da fare per il perfezionamento della tutela giuridica internazionale.

Inadempiuto è rimasto soprattutto l’art. 28 della Dichiarazione Universale (Ordinamento Sociale ed Internazionale), che recita: "Ogni uomo ha diritto ad un ordinamento sociale ed internazionale, nel quale i diritti e le libertà elencate in questa dichiarazione possono essere pienamente realizzati". Ciò altro non è che una condizione per poter realizzare il rispetto di diritti umani fondamentali. Come può un paese tutelare questo diritto, quando sanzioni internazionali gli impediscono di nutrire la propria popolazione? Nè i rapporti tra Stati, ne quelli dei gruppi sociali negli Stati sono oggi regolati in maniera tale che i diritti umani vengano riconosciuti come standard per l’agire nazionale e internazionale. I diritti umani vengono utilizzati per le dichiarazioni solenni delle buone intenzioni che Statisti, Capi di Multinazionali e Generali voglio far credere di avere. Ma né la caduta del Comunismo, né l’affermazione globale dell’economia capitalista hanno portato di per sé un maggior rispetto dei diritti umani.

Il sistema degli Stati del mondo e le Nazioni Unite nel 21. sec

La codificazione dei diritti dell’uomo assieme alla limitazione di sovranità degli Stati lascia intravedere una nuova visione del ruolo e dei compiti degli Stati. Deve aumentare il peso della "civil society", delle organizzazioni internazionali e delle piccole unità di autoamministrazione regionali devono aumentare di peso nel duro confronto con gli apparati statali e lobby economiche. La crescente consapevolezza dell’interdipendenza delle singole società, la crescita della conoscenza e dello scambio di informazioni porteranno alla convinzione che per la tutela dei diritti dell’uomo bisogna agire in comune. Per questo il compito principale dell’ONU sarà la tutela della pace e dei diritti umani, cioè di garantire sicurezza per tutti in senso lato. Sarà quindi necessario che l‘ONU diventi più democratica ma anche più rappresentativa ed efficiente. Il Consiglio di sicurezza deve essere in grado di prendere decisioni sulla soluzione di conflitti e provvedimenti per la tutela dei diritti umani in modo democratico e senza il diritto di veto da parte di alcuni Stati privilegiati.

Aumenterà anche l’importanza delle organizzazioni regionali di Stati, quali OAS (Organization of American States), OAU (Organization of African Unity) e Consiglio europeo. All’ONU deve essere attribuita la funzione di polizia internazionale, e dovrà disporre dei mezzi necessari. Si tratta in prima linea di prevenzione ai conflitti e di conservazione della pace. Una volta scoppiato un conflitto si dovrà impedire la catastrofe umanitaria con un insieme di mezzi politici (sanzioni), militari (interventi) e civili (osservazione e mediazione). Gli interventi umanitari degli anni novanta, talora riusciti, talora falliti, serviranno da esempio per il futuro.

Si devono estendere le competenze dell’ONU e delle Istituzioni Speciali per la tutela dei diritti umani in tutti i paesi membri . I compiti di Amnesty International e dell’Alto Commissariato per i diritti umani dell’ONU saranno, per cos" dire, fatti propri dalla comunità internazionale nel suo insieme. Si dovrà garantire il rispetto dei diritti codificati alle minoranze etniche, ai popoli indigeni ed ai popoli senza Stato. Diventerà convinzione comune degli Stati che il rispetto dei diritti umani favorisce stabilità e sviluppo. Tutto questo deve essere abbinato a cambiamenti economici e sociali e nelle relazioni internazionali. Sono le carestie, la povertà, le epidemie, la mancanza d'acqua e la disoccupazione, in altre parole, tutto quello che implica il termine "violenza strutturale", a provocare conflitti e violenza. La solidarietà sociale negli Stati e tra gli Stati a livello regionale e mondiale può creare le necessarie condizioni. Ed anche qui è importante che all’ONU come anche a tutte le sue organizzazioni sottoposte, vengano messo a disposizione tutti i mezzi finanziari per realizzare la loro "Magna carta", la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Le forze dell’economia di mercato capitalista da sole non lo faranno mai

La subordinazione dello sviluppo ai bisogni fondamentali degli esseri umani deve divenire norma cogente per gli stati La discriminazione sessuale deve essere messa sullo stesso piano dell’oppressione di interi popoli. Il Tribunale penale internazionale permanente deve garantire che le violazioni dei diritti umani e i crimini contro l’umanità non restino impuniti. Tutto questo è realizzabile soltanto garantendo all’ONU i mezzi finanziari necessari. Mezzi che dovranno provenire da contributi da parte dei governi e "tasse mondiali" secondo le possibilità dei singoli soggetti della comunità internazionale.

Sono gli Stati ad avere una responsabilità sia individuale che collettiva per l’affermazione dei diritti umani. Il consolidamento della pace è inseparabile dalla loro tutela. E’ necessario ammettere l’intervento esterno senza il permesso dello Stato coinvolto, ed elaborare nuove strategie per prevenire i conflitti e l‘risolverne le cause profonde. L’Alto Commissario per i diritti umani dell’ONU deve diventare un vero "procuratore" (o meglio "avvocato dei diritti dell’uomo"), che collabora con la Tribunale penale internazionale, con il potere di agire giudizialmente contro i soggetti accusati di violazioni. L’istituzione del Tribunale penale internazionale permanente nel luglio 1998 ha dato un nuovo slancio all’idea della responsabilità penale individuale per gravi violazioni dei diritti umani e per crimini di guerra, ma anche qui per˜ sono necessari gli strumenti per garantire l’arresto e la condanna.

Alcune delle proposte e richieste di questo articolo a qualcuno possono sembrare utopiche, altre non realistiche, a causa degli equilibri politici e finanziari nell’ONU e nella comunità internazionale. Un notevole numero di Stati, primi fra tutti quelli implicati in violazioni dei diritti umani, sono molto scettici nei confronti di queste proposte e cercano di ostacolare ogni vera riforma all’interno dell’ONU.

D’altronde non si può sottovalutare il fatto che oggi nelle trattative bilaterali e multilaterali i diritti umani assumono un’importanza maggiore che dieci anni fa, ai tempi della Guerra fredda. Sta avendo luogo un lento trasferimento di risorse: i mezzi per la conservazione della pace e della cooperazione allo sviluppo vengono destinati sempre più alla tutela dei diritti umani e alla democratizzazione. Queste risorse devono però crescere ulteriormente, per esempio con una specie di "tassa mondiale" per lo sviluppo e i diritti umani. Purtroppo questi compiti vengono svolti sempre più dal Consiglio di sicurezza e dalla Banca mondiale, e non da un’ONU democratizzata.

Per una migliore realizzazione dei diritti umani nei secondi 50 anni dalla la Dichiarazione universale, il cambiamento delle priorità politiche è importante tanto quanto le riforme strutturali all’interno dell’ONU. Queste riforme non sono un’utopia ma sono un imperativo di fronte alle nuove minacce della pace, della democrazia e dei diritti umani.



Die nächsten 50 Jahre der Menschenrechte
Ein Ausblick
Thomas Benedikter

Heute, 50 Jahre nach der Allgemeinen Erklärung der Menschenrechte, die bisher 182 UN-Mitgliedsstaaten durch ihren Beitritt zur UNO bekräftigt haben, ist es mit der Einhaltung dieser hehren Prinzipien schlecht bestellt. Obwohl die normative Entwicklung, also die Kodifizierung von Menschenrechten, weiter voranschreitet, bleibt die konkrete Politik zur Verwirklichung dieser kodifizierten und von vielen Staaten ratifizierten Rechte säumig. Ein Blick in die Jahresberichte von Amnesty International genügt, um festzustellen, daß die Mehrheit der Staaten sich ungestraft über internationale Konventionen zum Schutz der Menschenrechte hinwegsetzen kann. Die meisten der in den 28 Artikel der Allgemeinen Erklärung aufgeführten Rechte werden in sehr vielen Ländern systematisch verletzt. Dazu gesellt sich die Konvention zum Verbot und zur Verhütung von Völkermord, verkündet am 9. Dezember 1948, die von Staaten aller Art seitdem so verletzt wurde, daß mehr Menschen zum Opfer fielen als im 2. Weltkrieg insgesamt.

Auch in Europa, der Wiege der Menschenrechte, hat es in den 80er Jahren nicht nur zahlreiche Verstöße gegen individuelle und kollektive Menschenrechte gegeben; auch Völkermord und Massenvertreibung ist erstmals nach dem Holocaust in Bosnien, Tschetschenien und jetzt in Kosova wieder möglich geworden. Erst sehr spät hat die UNO, also die "Staatengemeinschaft", eingegriffen (in Tschetschenien überhaupt nicht), um die Grundrechte der Zivilbevölkerung und vor allem ihr Recht auf Leben zu schützen. Beispiel Kosova: in einem sieben Monate dauernden Krieg hat Serbien 1998 über 1.700 Albaner in Kosova umgebracht, über 400.000 vertrieben und einen ungeheuren Sachschaden angerichtet. Wer wird die Verantwortlichen dafür zur Rechenschaft ziehen? Wer wird die nächste Runde solcher Verbrechen rechtzeitig verhindern? Auch die massive, wiederholte Verletzung von Menschenrechten einzelner ohne Krieg, verübt von der Belgrader Regierung an Tausenden von Albanern Kosovas seit 1989, blieb ungeahndet. Im Gegenteil: zahlreiche Staaten und vor allem Italien, sind eifrigst bemüht, mit Serbien wieder ins Geschäft zu kommen, unabhängig von der Einhaltung der Menschenrechte.

Zahlreiche Beispiele dieser Art lassen sich auch für andere Kontinente anführen, die immer wieder klar aufzeigen: trotz verbriefter Rechte wird staatliches Handeln gegen die Menschenrechte nicht ausreichend sanktioniert. Wirtschaftliche Interessen rangieren in den internationalen Beziehungen immer noch weit vor den Menschenrechten. Die staatliche Souveränität bildet rechtlich immer noch die größte Hürde für ein Eingreifen der Weltgemeinschaft im Fall von massiven Menschenrechtsverletzungen. In der Durchsetzung der Menschenrechte zeigt sich das Fehlen einer echten Exekutive und Judikative auf Weltebene, die auch vom derzeitigen "Weltpolizisten" USA nicht etwa ersetzt werden kann. Wie muß die staatliche Ordnung und die internationalen Beziehungen verändert werden, um den Menschenrechten im 21. Jahrhundert Priorität zu verschaffen? Wie könnte ein internationales System beschaffen sein, daß tatsächlich kodifizierte Menschenrechte als "globales Grundgesetz" akzeptiert und Mittel zu ihrer Durchsetzung bereitstellt? Wie muß schließlich die wirtschaftliche und soziale Ordnung beschaffen sein, um grundlegende Menschenrechte materiell zu ermöglichen?

Ausgangspunkt einer Überlegung über die Zukunft der Menschenrechte muß demnach eine Analyse sein, woran der konsequente Schutz der Menschenrechte in den meisten Staaten der Erde bisher gescheitert ist. Die normative Ausformung der Menschenrechte, also die Kodifizierung, ist dabei zwar schon sehr weit entwickelt und verfeinert, aber durchaus nicht abgeschlossen. Ein immer differenzierteres Geflecht von internationalen und regionalen Vertragswerken und Überprüfungsmechanismen zum Schutz der Menschenrechte ist entwickelt worden. Dabei sind die Grundsätze der Allgemeinen Erklärung eine Art "Völkergewohnheitsrecht" geworden, ohne daß etwa wirklich diesen Rechten Folge geleistet würde. Die nächsten 50 Jahre der Allgemeinen Erklärung der Menschenrechte müssen daher der Durchsetzung der Menschenrechte gewidmet werden.

Neuerungen im normativen Bereich

Die Allgemeine Erklärung der Menschenrechte ist zwar eine Art "Verfassung der UNO", aber keine eigentlich verbindliche Rechtskonvention. Seit dem 10.12.1948 sind zahlreiche Konventionen verabschiedet worden, deren wichtigste der "Internationale Pakt über bürgerliche und politische Rechte" und der "Internationale Pakt über wirtschaftliche, soziale und kulturelle Rechte" (In Kraft seit 1976), die Anti-Folter-Konvention (in Kraft seit 1987), die Genfer Flüchtlingskonvention (in Kraft seit 1954), das Übereinkommen über die Rechte des Kindes (in Kraft seit 1990), das Übereinkommen gegen die Diskriminerung der Frau (in Kraft seit 1981). Am 18.12.1992 hat die UN-Vollversammlung eine Resolution über die Rechte nationaler oder ethnischer, religiöser und Sprachminderheiten angenommen. Nicht zu vergessen sind die regionalen Menschenrechtsabkommen wie etwa die Europäische Menschenrechtskonvention, die eine wichtige Vorreiterrolle im internationalen Menschenrechtsschutz spielte.

Neben der Frage der fehlenden Umsetzung vieler in Kraft befindlicher Normen, klaffen im universellen Völkerrecht noch ganz erhebliche Lücken: so steht eine verbindliche Konvention über kollektive Rechte der Völker und Volksgruppen ohne eigenen Schutz aus. Angesichts der Unterdrückung von Minderheiten weltweit ist eine Rechtsgrundlage für deren Schutz dringender denn je. Innerstaatliche Konflikte mit nationalen oder ethnischen Gruppen sind zu einer die wichtigsten Kriegsurachen geworden. Diese Problematik schließt mit fließender Grenze an die Frage der Rechte indigener Völkre an. Darüber wird mit frustrierender Regelmäßigkeit in Genf seit 1984 beraten. Immer wieder scheiterte ein Entwurf am Widerstand der Staaten gegen den Anspruch der Ureinwohner als kollektive Subjekte des Völkerrechts anerkannt zu werden, um zumindest "innere Selbstbestimmung im Rahmen bestehender Staaten" ausüben zu können. Neue Vorstöße gibt es derzeit auch für eine Internationale Konvention der Sprachenrechte mit Individual- und Gruppenrechten. Die UN-Unterkommission für die Verhinderung von Diskriminierung und dem Schutz der Minderheiten hat 1997 den Entwurf für eine "Erklärung über Bevölkerungstransfer und die Seßhaftmachung von Siedlern" vorgelegt, die Vertreibungen für alle Zukunft ächten soll. Hier bleibt den Regierungsvertretern bei den internationalen Organisationen, den Nicht-Regierungsorganisationen und den betroffenen sozialen und ethnischen Gruppen noch ein weites Feld der Tätigkeit zur Verbesserung der bestehenden internationalen Schutznormen.

Es hat den deutlichen Anschein als wäre vor allem der Art.28 der Allg. Erklärung ("Angemessene Sozial- und Internationalordnung") generell unerfüllt geblieben, der da lautet: "Jeder Mensch hat den Anspruch auf eine soziale und internationale Ordnung, in welcher die in der vorliegenden Erklärung angeführten Rechte und Freiheiten voll verwirklicht werden können". Dies ist nicht mehr als ein Recht, eine Vorrausetzung dafür, daß die Einhaltung grundlegender Menschenrechte überhaupt Wirklichkeit wird. Wie soll etwa ein Land, das durch Sanktionen an der Ernährung seiner Bevölkerung gehindert wird, überhaupt dieses Menschenrecht schützen? Doch weder die Beziehungen zwischen den Staaten untereinander noch jene der sozialen Gruppen innerhalb der Staaten ist heute so geregelt, daß Menschenrechte als verbindliche Richtschnur nationalen und internationalen Handelns erkennbar wären. Menschenrechte dienen der feierlichen Beschwörung der besten Absichten, die Staatsmänner, Konzernchefs und Armeen zu haben vorgeben. Aber auch der Fall des realen Sozialismus und die Durchsetzung der kapitalistischen Marktwirtschaft auf globaler Ebene hat den Menschenrechten nicht etwa von sich aus mehr Geltung verschafft.

Das Staatensystem und die Vereinten Nationen im 21. Jahrhundert

Die normative Verankerung der Menschenrechte einerseits und die Einschränkung staatlicher Souveränität andererseits erlauben ein neues Verständnis der Rolle und Aufgabe der Staaten selbst. In zäher Auseinandersetzung mit Staatsapparaten und organisierten wirtschaftlichen Interessen müssen die "civil society", die internationalen Organisationen und die kleineren regionalen Selbstverwaltungseinheiten entscheidendes Gewicht erhalten. Das wachsende allgemeine Bewußtsein der Interdependenz der einzelnen Gesellschaften und die wachsende Kenntnis, Information und Austausch werden zur Einsicht führen, daß zum Schutz der Menschenrechte gemeinsam gehandelt werden muß. Hauptaufgabe der UNO wird der Schutz des Friedens und der Menschenrechte sein, also "Sicherheit" in umfassendem Sinne für alle. Dementsprechend muß die UNO sowohl demokratisch als auch repräsentativer und effizienter werden. Der Sicherheitsrat muß ohne Vetorecht privilegierter Staaten demokratisch über die Lösung von Konflikten entscheiden und Maßnahmen zum Schutz der Menschenrechte entscheiden können.

Auch die regionalen Staatenorganisationen (OAS, OAU, Europarat) werden wesentlich mehr Bedeutung gewinnen. Die UNO muß in die Lage versetzt werden, eine internationale Polizeifunktion wahrnehmen zu können, wofür wesentlich mehr Mittel bereitgestellt werden müssen. Dabei geht es vor allem um Konfliktverhütung und Friedenserhaltung. Nach Ausbruch von kriegerischen Konflikten muß ein friedensschaffender Einsatz mit politischen Mitteln (Sanktionen), militärischen Mitteln (Intervention), zivilen Mitteln (Beobachtung und Vermittlung) ineinandergreifen, um Katastrophen vorzubeugen. Die gelungenen und gescheiterten "humanitären Interventionen" der 90er Jahre werden dafür als Lehrbeispiele dienen.

Die Befugnisse der UNO und entsprechende Spezialinstitutionen zur Überwachung der Menschenrechte in allen Mitgliedsländern werden wesentlich ausgebaut werden müssen. Die heutigen Aufgaben von AI und dem UN-Hochkommissar für Menschenrechte werden sozusagen Aufgaben der Weltgemeinschaft werden. Die ethnischen Minderheiten, die indigenen Völker und die Völker ohne eigenen Staat müssen spezielle Garantien für die Einhaltung ihrer kodifizierten Rechte erhalten. Die Staaten werden immer mehr zur Einsicht gelangen, daß die Verwirklichung der Einhaltung der Menschen- und Minderheitenrechte für ihre eigene Stabilität und Entfaltung wichtig ist. Das alles muß eingebettet sein in ein verändertes Umfeld sozialer und wirtschaftlicher Entwicklung und internationaler Beziehungen. Hunger, Armut, Epidemien, Wassermangel, Arbeitslosigkeit, all das, was wir unter "struktureller Gewalt" verstehen, produzieren erst Konflikte und Gewalt. Die soziale Solidarität innerhalb der Staaten und zwischen den Staaten auf regionaler und Weltebene könnte die nötigen Rahmenbedingungen schaffen. Auch hier geht es darum, der UNO und den UN-Unterorganisationen die Mittel zu verschaffen, ihre "Magna Charta", die Allg. Erklärung", zu verwirklichen. Die globale kapitalistische Marktwirtschaft alleine wird es nicht richten.

Es muß zur zwingenden Richtschnur staatlichen Handelns werden, ökonomische Entwicklungsinteressen dem Schutz der Lebensgrundlagen unterzuordnnen. Die Diskriminierung von Frauen muß für die internationalen Beziehungen genauso wichtig werden wie die Unterdrückung ganzer Volksgruppen. Der Ständige Internationale Gerichtshof muß dafür sorgen, daß Verbrechen gegen die Menschheit und Verletzung der Menschenrechte nicht straflos bleiben wie bisher. Dies alles kann nur funktionieren, wenn die Weltorganisation auch die nötigen Mittel dafür erhält. Regierungsbeiträge und "Weltsteuern" werden für einen gleichmäßigen, der Leistungskraft der einzelnen Teile der Weltgesellschaft entsprechenden Beitrag sorgen.

Die Staaten tragen eine sowohl individuelle als auch kollektive Verantwortung für die Durchsetzung der Menschenrechte. Friedenssicherung und Menschenrechtsschutz hängen untrennbar zusammen. Eingreifen von außen ohne Zustimmung des betroffenen Staates ist genauso nötig wie neue Strategien zur Prävention solcher Konflikte und zur Beseitigung der tieferliegenden Ursachen. Die Figur des UN-Hochkommissars für Menschenrechte muß fortentwickelt werden zu einem echten "Staatsanwalt" (eigentlich Menschenrechtsanwalt), der dem Internationalen Gerichtshof zuarbeitet und dort von sich aus Anklage erheben kann. Die Idee der individuellen strafrechtlichen Verantwortlichkeit für schwere Menschenrechtsverletzungen und Kriegsverbrechen hat mit dem Beschluß zur Errichtung eines Internationalen Strafgerichtshofs im vergangenen Juli neuen Auftrieb erfahren. Auch hier bedarf es jedoch der entsprechenden Instrumente zur Durchsetzung von Verhaftung und Verurteilung.

Manche dieser Forderungen und Vorschläge werden utopisch erscheinen, andere würden aufgrund der damit verbundenen Verschiebungen von politischen Prioritäten, von Macht und finanziellen Ressourcen innerhalb der UNO und des globalen Staatensystems als unrealistisch bezeichnet. Eine nicht unbeträchtliche Zahl von Staaten, und vor allem jene, die laufend massiv Menschenrechte verletzen, stehen solchen Reformen mit größtem Argwohn gegenüber und versuchen bereits heute innerhalb der UNO jede echte Reform zu verhindern.

Andererseits darf nicht unterschätzt werden, daß bereits heute Menschenrechte einen größeren Stellenwert in den bilateralen und multilateralen Beziehungen einnehmen als zur Zeit des Kalten Kriegs vor zehn Jahren. Es findet ein langsamer Ressourcentransfer statt: Mittel der Friedenssicherung und Entwicklungszusammenarbeit werden in zunehmenden Maße für Zwecke des Menschenrechtsschutzes und der Demokratisierung verwendet. Allerdings sollten die Mittel generell aufgestockt werden, z.B. durch eine Art "Weltsteuer" für Entwicklung und Menschenrechte. Auch werden diese Aufgaben immer mehr vom Sicherheitsrat, von der Weltbank wahrgenommen, anstatt eine demokratisierte UNO damit zu betrauen. Politische Prioritätenänderungen sind daher genauso notwendig wie Strukturreformen innerhalb der Verenten Nationen zur besseren Durchsetzung der Menschenrechte in der zweiten Jahrhunderthälfte der Allgemeinen Erklärung der Menschenrechte. Solche Reformen sind keine Utopie, sondern angesichts der neuen Bedrohungen des Friedens, der Demokratie und der Menschenrechte ein dringendes Gebot der Stunde.

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