Espulsi dalla Germania verso l'Italia:
Rientro immediato per la famiglia tedesco-cecena di profughi! 
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Bolzano, Göttingen, Stoccarda, 5.5.2000

Fuggiti dalla Cecenia in guerra, e giunti in Italia con regolare visto per l’area di Schengen rilasciato dal consolato italiano di Nalcik (Cabardino-Balcaria), i membri della famiglia S., abitanti in Cecenia ma appartenenti alla minoranza tedesca di Russia già deportata da Stalin insieme a quella cecena, cercavano rifugio in Germania, confidando nel fatto che la legislazione tedesca concede la cittadinanza a chiunque possa vantare origini etniche tedesche.

Il fratello della signora A. S., infatti, vive in Germania da molti anni ed è stato riconosciuto come cittadino tedesco; come pure la defunta madre, che insieme a molte altre persone della minoranza tedesca nell’Unione Sovietica vide riconosciuta la propria cittadinanza tedesca già nel lontano 1944.

Ma in Germania un tribunale ha messo in dubbio l’autenticità dell’atto di nascita della signora A. S. (il cui cognome, che non riportiamo per motivi di privacy, suona come indiscutibilmente tedesco) ha accusato la signora A. S. di aver falsificato i propri documenti. Per questo motivo le autorità dello Stato del Baden-Württemberg hanno respinto la signora S., con marito e tre figli di 17, 15 e 5 anni, verso l’Italia, Paese che ha rilasciato il visto d’ingresso. Attualmente la famiglia S. si trova in un albergo di Chiavari, in precarie condizioni, e può restare in Italia fino all’8 maggio; dopodiché rischia l’espulsione verso la Russia.

Nel frattempo nell’Archivio Federale di Germania sono stati rinvenuti documenti autentici che confermano le dichiarazioni della signora S. Anche il passaporto interno russo, della signora S. e dei figli, indica chiaramente l’etnia “tedesca” di queste persone. “È incredibile che il tribunale tedesco non abbia concesso alla signora S. un congruo termine per documentare le proprie affermazioni”, afferma Andreas Selmeci, rappresentante della sezione tedesca dell’Associazione per i Popoli Minacciati. Il rifiuto di un proprio cittadino è una grave violazione dei diritti umani.

L’espulsione della famiglia S. verso la Russia sarebbe una vera e propria deportazione nelle mani dei persecutori.
 

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