Manifestazione a Bruxelles
L'UE non può tacere ancora sulla catastrofe delle Molucche
Bolzano, Göttingen, 11.7.2000

Lunedì 10 luglio 2000, durante la riunione dei Ministri degli Esteri dell'Unione Europea, l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) e la Comunità dei Sud-Molucchesi nei Paesi Bassi hanno rivolto un appello ai Ministri dell'Unione affinché condannino l'escalation delle violenze nelle Molucche, ed affinché si impegnino per l'invio di un contingente di pace delle Nazioni Unite. "Solo i caschi blu possono riportare la sicurezza nell'Indonesia Orientale", dichiara Ulrich Delius, esperto dell'APM per l'Asia, durante la manifestazione di fronte al Consiglio dei Ministri degli Esteri. "Vi sono già stati più morti e profughi che negli eccidi di Timor Est nell'ottobre 1999". Più di un quarto della popolazione delle Molucche è in fuga. Il monito: se la comunità internazionale non agisce subito, la polveriera indonesiana esploderà e l'intera regione si destabilizzerà.

L'APM sollecita i Ministri a non tacere oltre sugli eccidi e ad impegnarsi per la pace e la riconciliazione tra Musulmani e Cristiani. Le autorità indonesiane non vogliono né sono in grado di porre termine agli scontri tra le due comunità religiose. Gli scontri stessi sono provocati da soldati ed estremisti islamici vicini all'ex-dittatore Suharto, al fine di mettere in crisi la democrazia in Indonesia.

L'esercito indonesiano non è stato in grado di fermare i massacri. Dal gennaio 1999 sono stati uccisi 4000 Molucchesi. I soldati avrebbero appoggiato gli estremisti islamici nell'organizzazione di manifestazioni a Giakarta ed a Bandung, in cui si è inneggiato alla "guerra santa" contro i Cristiani delle Molucche. Le violenze si sono ulteriormente aggravate a partire dal mese di maggio, con l'arrivo di duemila estremisti islamici armati dalla parte occidentale del Paese. Nell'isola di Halmahera, per esempio, nei soli mesi di maggio e giugno sono stati uccisi più di 150 Cristiani; interi villaggi sono stati distrutti dalle fiamme. Sull'isola di Ambon, dal 21 giugno ad oggi, hanno perso la vita almeno 90 persone. Anche la dichiarazione, il 27 giugno, dello stato di emergenza non è stata in grado di fermare le violenze, perché i soldati indonesiani appoggiano gli estremisti islamici. La settimana scorsa, sempre sull'isola di Ambon, sono state distrutte dalle fiamme centinaia di abitazioni, cinque chiese e l'università principale. Ambon ed altre città sembrano Sarajevo o Beirut durante la guerra: interi quartieri sono devastati, le scuole ed i negozi sono chiusi e i cecchini rendono impossibile la vita nelle strade.

I provocatori approfitteranno della tensione esistente da anni tra le comunità. Con l'immigrazione di centinaia di migliaia di coloni indonesiani, nel quadro del programma di "trasmigrazione" organizzato dal Governo, i Cristiani delle Molucche sono diventati minoranza e si sentono sempre più svantaggiati nella vita economica. Pur avendo convissuto in pace per secoli con i Musulmani del luogo, la situazione è così tesa che basterebbe una scintilla per causare una nuova esplosione di violenza.
 

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