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Mauritania

Processo di appello conferma il carcere per attivisti anti-schiavitù

Bolzano, Göttingen, 21 agosto 2015

Mauritania: attivisti per i diritti umani protestano per la liberazione degli schiavi. Foto: archivio GfbV. Mauritania: attivisti per i diritti umani protestano per la liberazione degli schiavi. Foto: archivio GfbV.

L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) è profondamente indignata per il verdetto emesso dalla Corte d'Appello mauritana nel caso dell'attivista anti-schiavitù Biram Dah Abeid insignito di vari premi per i diritti umani e del suo collega Brahim Bilal Ramdhane. La Corte d'appello ha infatti confermato la condanna a due anni di carcere per i due attivisti. Ancora una volta i due attivisti hanno subito un processo arbitrario, svolto a porte chiuse senza la partecipazione di osservatori e trasferito dalle autorità nella cittadina di Aleg per evitare proteste della popolazione di fronte alla Corte di Giustizia. Per protesta i due attivisti hanno rifiutato di essere presenti al processo.

Biram Dah Abeid, presidente dell'associazione anti-schiavitù IRA (Initiative de Resurgence du mouvement Abolitionniste de Mauritanie), e Brahim Bilal Ramdhane, vicepresidente della stessa organizzazione, erano stati condannati nel gennaio 2015 per aver partecipato a una manifestazione non autorizzata contro la schiavitù e per appartenere a un'organizzazione non riconosciuta ufficialmente dal governo. Da anni Biram Dah Abeid chiede il riconoscimento del governo della sua organizzazione senza ottenerlo. Nel 2011 Biram Dah Abeid è stato insignito del Premio per i diritti umani della città di Weimar e nel 2013 del Premio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.

Poco prima dell'inizio del processo di appello l'edificio di giustizia è stato circondato da forze di sicurezza che hanno impedito l'accesso a giornalisti, rappresentanti di altre organizzazioni per i diritti umani e a circa 200 sostenitori dell'organizzazione IRA. Già prima dell'inizio del processo gli avvocati dei due imputati hanno fortemente protestato per lo spostamento del processo nella lontana cittadina di Aleg rendendo così molto difficile se non impossibile la partecipazione al processo di simpatizzanti, familiari e amici.

Il perdurare della schiavitù in Mauritania nuoce notevolmente all'immagine del paese, tant'è che in agosto 2015 il governo ha emesso una nuova legge nella quale la schiavitù viene definita come crimine contro l'umanità. Ma fintanto che le leggi contro la schiavitù non vengono applicate e anzi si processano e condannano le persone che si battono per la reale abolizione di questa terribile pratica, il governo risulta poco credibile e non fa altro che nuocere ulteriormente alla sua immagine internazionale. Della stessa opinione sono sicuramente anche i 980.000 firmatari di un appello di Avaaz per la liberazione dei due attivisti anti-schiavitù.