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Afghanistan

Quale presente?

a cura di Roberta Mineo

IL PAESE, LE ETNIE, LA SITUAZIONE ECONOMICA
Emirato islamico dal 1998, l'Afghanistan è un paese montagnoso, occupato in gran parte dal nodo orografico dell'Hindukush che qui si congiunge con il Pamir e il Karakoram.
A nord e a sud si estendono brevi fasce pianeggianti che, a causa del clima continentale, sono caratterizzate da una forte aridità. La presenza di rilievi che superano i 5.000 metri garantisce tuttavia l'alimentazione di corsi d'acqua endoerici e del fiume Kabul, affluente dell'Indo.
Il paese dispone di discrete risorse minerarie e di giacimenti di gas metano che non sfrutta adeguatamente, è privo di una struttura industriale mentre è sviluppata la lavorazione artigianale dei tappeti.
L'agricoltura, che occupa il 70% della popolazione attiva, coltiva con metodi arcaici cereali, cotone, barbabietola da zucchero e il papavero da oppio (il 75% del prodotto mondiale), molto diffuso infine l'allevamento nomade delle pecore karakul.
Le infrastrutture del paese sono embrionali: 25 km di ferrovie, 3.000 km di strade asfaltate, 1.200 km di canali navigabili. Si tratta quindi di un paese estremamente povero e arretrato, isolato dal resto del mondo.
Paesaggio in AfghanistanIl peccato, per cui il popolo afghano ha dovuto pagare un prezzo così alto alla storia, è quello di occupare un territorio cuscinetto tra zone di importanza fondamentale per le potenze mondiali e regionali. L'Afghanistan rimane una sorta di buco nero sulla carta geografica; un fattore destabilizzante proprio al centro di un'area ad altissimo rischio. L'area ove convivono a contatto di gomito i fattori di crisi più diversi: il travaglio del mondo centro-asiatico alle prese con le difficoltà dell'era post-sovietica; l'Iran, che cerca di uscire da anni di convulsioni e di isolamento; la guerriglia in Kashmir, che dà nuovo alimento all'eterno conflitto indo-pakistano; l'insofferenza delle popolazioni mussulmane del Sinkiang al dominio cinese.
Il costituire una realtà tanto eterogenea, acefala e di così varia composizione multietnica, è servito tradizionalmente per rendere difficile il controllo del territorio e dei suoi abitanti da parte di agenti esterni, incapaci di conferire con interlocutori rappresentativi. Il popolo afgano, quantunque si proclami "Ben i Israel", figlio di Israele, discendente da un generale nipote di Saulle, venuto a stabilirsi in quelle valli, non è formato da una sola razza, come non è una vera unità geografica il territorio che costituisce oggi il regno afgano. Alla considerevole diversità della popolazione contribuisce la natura stessa del territorio: valli lunghe e di difficile accesso, formate dalle molte catene montane che scendono dai Papiri e specialmente dall'Indukush; larghi bacini interni spesso impenetrabili; oasi di vita nelle regioni steppose e desertiche, quali quelle del Seistan e del Registan, nelle quali vanno a perdersi i numerosi corsi d'acqua alimentati dalle nevi eterne dei monti.
Paesaggio in AfghanistanIl movimento di immigrazione nel corso del tempo è stato di gran lunga superiore a quello di emigrazione, ne è conseguita un' ampia mescolanza di razze e persistenza di tribù a caratteri propri nelle regioni interne. I principali popoli immigrativi sono stati: da nord, i Turkmeni, gli Uzbechi, i Tagichi; da est, gli indiani indù e i musulmani, che, in tempi passati, hanno avuto quasi il monopolio dei negozi e, insieme con gli ebrei, il traffico del denaro (prestiti, cambi, etc.); da est e da sud arrivarono invece i Baluci, e da ovest, un gran numero di persiani del Khorassan.
Il popolo afghano, di origine antichissima, è ariano; abitò le regioni pamiriane ed iraniane, che furono le prime ad essere occupate dall'uomo nelle sue trasmigrazioni colonizzatrici. Nel Badakshan e nel Kafiristan abitano ancora, in regioni vallive e montane di difficile accesso, tribù molto primitive, le quali presentano il massimo interesse etnografico e porterebbero indubbiamente a rilievi e cognizioni preziose sull'umanità. Le vicende politiche, le varie invasioni ed occupazioni straniere nel territorio hanno portato sempre nuovi elementi nella popolazione formando così razze eterogenee.
Vent'anni di conflitti hanno lacerato l'antico tessuto di civile convivenza. Gli equilibri etnici, così mirabili nell'era pre-sovietica e mantenutisi ancora saldi fino ai primi anni '90, appaiono sempre più vacillanti. La maggioranza pashtun, è divisa, come lo è sempre stata, in clan e tribù. Le minoranze si sentono minacciate e, interpretando gli antichi contrasti nell'ottica nuova dello scontro di culture diverse, sono portate ad esasperare le proprie specificità. Da troppo tempo la logica della violenza schiaccia la società. La presenza dello Stato si è eclissata. Un'intera generazione è cresciuta avendo di fronte a sé soltanto caos e sopraffazioni.
Cartina dell'AfghanistanVaste aree sono affette da malnutrizione endemica. I tassi di mortalità infantile sono fra i più alti del mondo. Neppure il 5% della popolazione rurale ha accesso a fonti di acqua igienicamente sicura. La presenza di milioni di mine - disseminate soprattutto dai governi filo-sovietici - costituisce un rischio perenne per i contadini e rende incoltivabili alcune delle zone più fertili.
Il quadro economico presenta aspetti surreali. La produzione alimentare è insufficiente e a basso contenuto calorico. I carburanti scarseggiano. Le infrastrutture sono state distrutte. Ci sarebbe un milione di abitazioni da ricostruire. La moneta è poco più di una finzione e quasi tutti gli scambi si svolgono sotto forma di baratto. Per rimettere in piedi il paese, sarebbe necessario uno sforzo internazionale nell'ordine dei miliardi di dollari. Ogni aiuto è invece bloccato dalla guerra e i progetti non possono essere realizzati perché mancano le condizioni di sicurezza.
La coltivazione del papavero è divenuta l'unica fonte sicura di entrate. Dal 1990 la sua area si è estesa di oltre il 50%, dando all'Afghanistan il triste primato di primo produttore mondiale di oppiacei. Tutte le fazioni in conflitto (anche i Talibani, che presto hanno accantonato gli scrupoli che inizialmente li avevano portati a bruciare quei raccolti) ricavano ampi profitti dal traffico della droga.
L'Afghanistan è uno dei paesi più poveri del mondo, senza sbocchi al mare, sprovvisto di risorse e materie prime e fortemente dipendente dall'attività agricola e dall'allevamento (di ovini e bovini).
Paesaggio in AfghanistanLe prime considerazioni economiche rilevanti la necessità di una industrializzazione del paese datano di 30 anni or sono e vennero accelerate nel periodo dell'occupazione sovietica (terminata il 15 febbraio 1989). Nel corso di questo conflitto si calcola che almeno un terzo della popolazione abbia lasciato il paese per fuggire in Pakistan e in Iran. Un flusso invertitosi nella seconda metà degli anni Novanta, ma ripreso su vasta scala dopo l'inizio degli attacchi statunitensi dell'ottobre 2001.
Si calcola anche, che la popolazione urbana sia andata fortemente aumentando in un paese già fortemente ruralizzato, questo anche a causa della presenza di milioni di mine antiuomo. Negli ultimi venti anni il PNL non ha cessato di decrescere per la guerra di occupazione, per la guerra civile, per le difficoltà del sistema dei trasporti e la distruzione dei sistemi d'irrigazione. La popolazione è stata ed è in difficoltà per mancanza di cibo, di vestiti, di case e di assistenza medica. L'inflazione rimane un problema primario, addirittura alla fine del 1996 a Kabul il tasso ha toccato il 240%. L'unico sostegno del paese è ormai rappresentato dalle entrate rappresentate dalla produzione di oppio; seguono per importanza quelle attribuibili agli aiuti internazionali.
Sarà bene inoltre ricordare che le statistiche sia economiche che non, sono spesso indisponibili o inaffidabili.

La Droga
L'Afghanistan è il primo produttore mondiale di oppio e ha ormai superato la Birmania. Nel 1999 ha prodotto 1.670 tonnellate di pasta base, ciò significa 51.500 ettari coltivati con un incremento del 23% rispetto 1998, anno in cui ha prodotto 1.350 tonnellate, coltivate sopra 41.720 ettari con un incremento del 7% in rapporto al 1997.
La produzione di hashish è considerevole, mentre il numero dei laboratori clandestini di produzione di eroina continua a salire (come testimoniano i sequestri record ai confini con le repubbliche centro-asiatiche ex-sovietiche) creando ingenti profitti per i taliban. La droga è alla base di un'ampia rete commerciale le cui maglie si estendono dal contadino afghano col suo mitra in spalla, in mezzo al proprio campo coltivato ad oppio, fino alle bande dei narcotrafficanti mondiali, passando per alcuni ex-leader della "resistenza afghana", i maggiori capi delle tribù pashtun e i più influenti generali pakistani.
Il covo di questo Cartello (ossia un enorme gruppo monopolistico) si trova nel Passo Khyber tra le città di Peshawar e Jalalabad. La Provincia di Nangarhar, che produce circa 1500 tonnellate annue di oppio (il 40% dell'intera produzione afghana) è collegata alle confinanti regioni sotto amministrazione pakistana. Qui si compie la raffinazione dell'eroina, in vista del suo smistamento nel mercato interno pakistano e in quello europeo, che è il principale mercato straniero per la sua distribuzione all'estero.
Una coltivazione di papaveri da oppioLa regione dell'Asia Centrale produce i 3/4 dell'oppio mondiale assicurando entrate tra i 100 e i 200 bilioni di dollari all'anno a mafie, istituzioni finanziarie, servizi segreti e crimine organizzato.
Prima della guerra afghano-sovietica, la produzione di oppio in Afghanistan e Pakistan era diretta ai piccoli mercati regionali. Non c'era produzione locale di eroina. Dal 1979, nel giro di due anni, la frontiera tra Pakistan ed Afghanistan diventò il luogo di maggior produzione di eroina nel mondo, fornendo il 60% della domanda USA. In Pakistan, i consumatori di eroina passarono da zero nel 1979 a 1.2 milioni nel 1985 - la maggiore crescita di tutti i paesi del mondo. Quando i mujahidin conquistavano territori dentro l'Afghanistan, ordinavano ai contadini di piantare oppio come tassa rivoluzionaria. Attraverso la frontiera con l'Afghanistan, i leader afghani e i sindacati locali, sotto la protezione dell'ISI (l'Intelligence pakistana,) installarono centinaia di laboratori di raffinazione per l'eroina. Durante un decennio di ampio e aperto commercio di droga, la Drug Enforcement Agency USA a Islamabad non ha portato avanti grandi catture o arresti. I funzionari USA hanno rifiutato di investigare sui carichi di eroina con cui avevano a che fare i suoi alleati afghani, perché la politica antidroga USA in Afghanistan era subordinata alla guerra contro l'influenza sovietica. Nel 1985, l'ex direttore delle operazioni della CIA in Afghanistan, Charles Cogan, ammise che la CIA aveva in effetti sacrificato la lotta contro la droga alla Guerra fredda: "La nostra principale missione era creare più danni possibili ai sovietici. Noi non avevamo davvero le risorse o il tempo per dedicarci ad un'inchiesta sul traffico di droga. Non credo che dobbiamo scusarci per questo. Ogni situazione ha i suoi contro…ci sono state ricadute in termini di droga, è vero. Ma il principale obiettivo è stato raggiunto. I sovietici hanno lasciato l'Afghanistan".
Con la disintegrazione dell'URSS, si è prodotta una nuova ondata nella produzione di oppio (che secondo stime ONU, nel 1998-99 ha raggiunto il record di 4600 tonnellate). E le potenti organizzazioni affaristiche nell'ex unione sovietica, alleate con il crimine organizzato, sono entrate in gioco per ottenere il controllo strategico sulle rotte dell'eroina.
I dati disponibili oggi, ad un anno dalla deposizione del governo talebano, sono alquanto discordanti: parrebbe che gli USA, al di là delle dichiarazioni proibizionistiche contro i coltivatori dell'oppio, in realtà stiano facendo ben poco per fermare i traffici: le produzioni, d'altra parte, sono state parzialmente compromesse, per via della terribile siccità che ha ulteriormente impoverito le aree rurali della regione e a causa delle milizie dei signori della guerra, che, laddove non controllano direttamente le coltivazioni di papavero, lottano per distruggere qualunque forma di vita.

TRA GUERRA E POLITICA
Il Paese fu inglobato negli imperi persiano e macedone finché, nel sec.III a.C., entrò nell'orbita dei regni indiani, prima sotto i Maurya, poi i Kushana (50a.C. - 480d.C.) che vi diffusero il Buddismo. Dal sec.VII iniziò l'islamizzazione ad opera degli arabi e dei turchi (dinastia dei Ghaznavidi, sec.XI). Nel sec.XVI fu occupato dagli afgani, di origine iranica, che gli diedero il nome attuale. Divenne regno ereditario nel 1747. Nel sec.XIX il contrasto anglo-russo determinò la costituzione di un protettorato inglese (1879). Zahir ShahNel 1919 l'Afghanistan proclamò l'indipendenza, riconosciuta nel 1921 (Trattato di Kabul); prevalse l'instabilità politica fino alla costituzione del regno di Zahir Shah (1933), che segnò l'inizio di 40 anni di pace.
Nel 1973, il re venne detronizzato da un colpo di Stato organizzato dal generale Sardar Mohammed Daud: questi impose la dittatura militare per cinque anni e fu poi deposto da un contro-golpe degli ufficiali comunisti pro-sovietici. Le dure riforme del nuovo regime militar-socialista scatenarono però la rivolta popolare. Temendo l'estensione della ribellione alle sue Repubbliche islamiche (Turkmenistan, Uzbekistan e Tajikistan), nel dicembre 1979 l'Unione Sovietica invase l'Afghanistan e occupò militarmente tutto il territorio.
Un gruppo di mujahidinNacque così l'opposizione armata dell'Unione Islamica, che riuniva le varie fazioni dei guerriglieri musulmani (i mujahidin) stanziati nella cittadina di Peshawar, al confine con il Pakistan. Con una guerra di logoramento, e con l'appoggio degli Stati Uniti in funzione anti-sovietica, i gruppi dei mujahidin salirono al potere nel 1992 ed elessero presidente Burhanuddin Rabbani.
Non tutte le fazioni dei guerriglieri, prima fra tutte quella dell'ex-premier Gulbuddin Hekmatyar, furono però d'accordo con l'approccio moderato di Rabbani e preferirono orientarsi verso l'integralismo islamico. Fu così che nacque il movimento dei Taliban, letteralmente 'studenti di teologia coranica', sostenuto e addestrato dal Pakistan.

La Sconfitta Dei Talebani
Osama bin LadenI Talebani guidati da Mullah Omar e la rete di Al Qaeda diretta da Osama Bin Laden, che controllavano la maggior parte dell'Afghanistan, sono stati sconfitti e rimossi dal potere. Ci sono ancora piccole sacche di combattenti di Al-Qaeda che si nascondono nelle caverne, o che tentano di lasciare l'Afghanistan. I Talebani ed Al-Qaeda sono stati sconfitti dalle forze dell'UNIFSA (Fronte Nazionale Islamico Unito per la Salvezza dell'Afghanistan), sostenute dal bombardamento aereo degli Stati Uniti. Gli USA hanno iniziato la campagna militare 'enduring freedom' per vendicare la morte delle migliaia di Americani uccisi nei dirottamenti dell'11 settembre 2001, che hanno tra l'altro causato il crollo del World Trade Center. Alla ricerca del responsabile degli attacchi terroristici, Bin Laden, gli USA hanno iniziato e vinto la guerra contro il governo talebano che lo proteggeva.
Dopo la caduta dei Talebani ad opera delle forze unite afgane ed americane, nel congresso di Bonn tenutosi ne dicembre 2001 la Comunità internazionale, a fianco di alcuni leader afgani, tra i quali gli ex alleati USA dell'Alleanza del Nord, ha insediato a Kabul un governo ad interim guidato da Hamid Karzai. A seguito del voto della Loya Jirga (vedasi più avanti), al governo ad interim è succeduto un nuovo Governo di Transizione, che ha eletto Karzai presidente del nuovo Stato Islamico dell'Afghanistan.

La Loya Jirga
Ciò che colpiva gli osservatori internazionali che in quei giorni visitavano il Paese, era l'enorme coinvolgimento della gente comune al processo di ricostruzione che sottendeva alla convocazione della Loya Jirga lo scorso estate: il gran consiglio non si riuniva da decenni, l'opportunità per la democrazia afgana era ghiottissima. Per esempio, 250.000 rifugiati dal Pakistan nordoccidentale vicino al bordo afgano, avevano richiesto la rappresentanza alla Loya Jirga. Nel Kandahar, un numero sorprendente di donne si sono autonominate delegate per partecipare alle elezioni della Loya Jirga. Più di 1000 afgani, di oltre 12 tribù delle province centrali, hanno eletto i loro rappresentanti al gran consiglio.
Gli afgani erano ovviamente eccitati per un'occasione che poteva costituire una vera svolta verso la pace e la democrazia. Tuttavia, il successo del Loya Jirga si fondava sul presupposto che i numerosi e ben-armati signori della guerra avrebbero consentito lo svolgimento di un processo trasparente e democratico.
Hamid KarzaiMa mentre alcuni signori della guerra partecipavano (come Dostum), annullando la tensione verso i diritti civili, altri (come Hekmatyar e Rabbani) hanno tentato di interrompere o sabotare le riunioni. Nel migliore dei casi, la Loya Jirga è stata una messa in scena per sostenere il governo Karzai, voluto dagli USA, e per legittimare la campagna di bombardamenti che ha portato ad esso.
Si sapeva dall'inizio che Karzai avrebbe vinto facilmente la sua battaglia per la leadership del Paese: da un lato, perché fortemente sostenuto dall'ex re, Mohammad Zahir Shah; dall'altro, perché aveva consolidato i suoi legami con molti ex leader dell'Alleanza del Nord. Ma non avrebbe mai potuto raggiungere ottenere la guida dell'Afghanistan senza il forte condizionamento al processo 'democratico' giocato dal suo più potente alleato, gli Stati Uniti. L'ascesa di Karzai è, dunque, il frutto di una combinazione potente di forza militare e sostegno economico.

Alcune Formazioni Partitiche
Nel 1996, quando i Talebani conquistarono la capitale Kabul, i gruppi di mujahidin loro avversari costituirono un'alleanza chiamata Fronte Nazionale Islamico Unito per la Salvezza dell'Afghanistan, comunemente noto come Fronte Unito o Alleanza del Nord. Questa formazione sosteneva il governo deposto dai Talebani, denominato Stato Islamico d'Afghanistan (SIA), ed il suo presidente Burhanuddin Rabbani. Benché questi restasse presidente dell'ISA e leader ufficiale del Fronte Unito, il vero potere, fino alla sua morte avvenuta nel settembre 2001, è stato nelle mani di Ahmad Shah Massoud, capo militare del Fronte Unito e ministro della Difesa dell'ISA.
La lista delle formazioni che compongono il Fronte Unito ha subito frequenti cambiamenti e ad oggi, dopo un anno di guerra civile, dopo la deposizione del governo del Mullah Omar, include tra gli altri:

Jamiati Islami-yi Afghanistan
Burhanuddin RabbaniJamiat-i Islami è stato uno dei primi partiti islamici afghani, fondato negli anni '70 dagli studenti dell'Università di Kabul presso la cui Facoltà di Diritto Islamico era docente il loro leader, Burhanuddin Rabbani.
Se alla guida di Jamiat-i Islami ufficialmente è rimasto Rabbani, Ahmad Shah Massoud, ucciso qualche giorno prima dell'attentato alle Torri Gemelle, ne è stato la figura più prestigiosa e leader di fatto. Rabbani e Massoud sono entrambi Tagiki (quindi musulmani Sunniti di lingua persiana) anche se originari di due aree diverse. La base di potere "etnica" di Massoud era storicamente situata nelle province nord-orientali di Parwan e Takhar dove il generale ha costituito nei tardi anni '80 una struttura amministrativa regionale, il Supervisory Council of the North (SCN, Shura-yi Nazar-i Shamali). Le forze di Massoud hanno beneficiato di un sostegno anche militare proveniente soprattutto da Russia e Iran.

Hizb-i Wahdat-i Islami-yi Afghanistan
Il Partito Islamico Unitario dell'Afghanistan è il maggiore partito sciita afghano, che trova appoggio soprattutto nella comunità etnica Hazara. Hizb-i Wahdat è stato creato da Abdul Ali Mazari per unificare otto partiti Shiiti alla vigilia della caduta del governo comunista. Attualmente il suo leader è Muhammad Karim Khalili.
Hizb-i Wahdat ha ricevuto sostanziali aiuti, anche militari, dall'Iran ma i rapporti fra il governo iraniano e i dirigenti del partito sono sempre stati turbati da conflitti di potere. Un altro aiuto significativo gli viene dai commercianti di etnia Hazara.

Junbish-i Milli-yi Islami-yi Afghanistan
Il Movimento Islamico Nazionale dell'Afghanistan ha riunito un certo numero di formazioni del Nord, prevalentemente di etnia Uzbeca, già attive come milizie del governo comunista e che si erano ribellate al presidente Najibullah nel 1992. Ne facevano parte anche numerosi ex-dirigenti ed amministratori del precedente regime, di lingua persiana ma appartenenti a gruppi etnici diversi, nonché alcuni capi della guerriglia di etnia Uzbeca. Nel 1988 aveva perduto ogni controllo territoriale e da quel momento un buon numero dei suoi comandanti era passato nei ranghi dei Talebani.
Fondatore e principale dirigente del Junbish è stato Abdul Rashid Dostum, rapidamente asceso dal ruolo di guardia del corpo a leader della più potente milizia del presidente Najibullah.
Uno dei principali aiutanti di Dostum è stato Abdel Malik Pahlawan. Nel 1992 il gruppo assunse il controllo dell'importante città del nord Mazar-i Sharif, insieme con altre formazioni, e resse anche gran parte delle province di Samangan, Balkh, Jowzjan, Faryab e Baghlan.
Junbish, che è di fatto una coalizione di diverse milizie, ha rappresentato la più importante forza in campo nella regione del Nord fra il 1992 e il 1997 pur essendo sempre dilaniata da conflitti interni. Dal 1998, data della caduta di Mazar, Junbish è stata quasi completamente inattiva benché Dostum sia tornato nel Nord dell'Afghanistan lo scorso aprile.

Harakat-i Islami-yi Afghanistan
Il Movimento Islamico dell'Afghanistan è un partito Shiita che non ha mai voluto confluire nel Hizb-i Wahdat, diretto dall'Ayatollah Muhammad Asif Muhsini ed alleato del Jamiat-i Islami dal 1993 al 1995. I suoi dirigenti sono soprattutto Shiiti non di etnia Hazara. Il più importante dei suoi capi militari è il Generale Anwari. Il sostegno a questo gruppo è giunto dall'Iran.

Ittihad-i Islami Bara-yi Azadi Afghanistan
L'Unione Islamica per la Liberazione dell'Afghanistan è diretta da Abdul Rasul Sayyaf. Durante la guerra contro i Sovietici, Sayyaf ottenne considerevoli aiuti dall'Arabia Saudita. Numerosi volontari arabi, finanziati da imprenditori sauditi, combatterono con le forze di Sayyaf.

LA NON POLITICA DEGLI USA
Dopo la fine della guerra fredda, la politica di Washington verso la regione comprendente Afghanistan-Pakistan-Iran-Asia centrale è ostacolata dalla mancanza di un quadro strategico. Tra il 1994 e il 1996, gli Stati Uniti hanno sostenuto politicamente i talebani attraverso i loro alleati Pakistan e Arabia Saudita, fondamentalmente perché Washington vedeva i talebani come antiraniani, antisciiti e filoccidentali. Gli Stati Uniti ignoravano per convenienza lo stesso programma fondamentalista dei talebani, la loro politica oppressiva nei confronti delle donne e la situazione d'allarme che avevano creato in Asia centrale. In effetti, Washington non era molto interessata al quadro complessivo. Tra il 1995 e il 1997, il sostegno Usa sarà persino più esplicito con l'appoggio al progetto UNOCAL ( il progetto di una pipeline fra il Turkmenistan e il Pakistan che avrebbe dovuto passare attraverso l'Afghanistan.
La politica Usa è stata influenzata da troppi presupposti erronei. "Quando ho parlato per la prima volta con alcuni diplomatici all'ambasciata americana a Islamabad, dopo l'ascesa dei talebani nel 1994, non hanno fatto nulla per nascondere il loro entusiasmo. Al corteo di diplomatici Usa in visita a Kandahar i talebani avevano detto che a loro non piaceva l'Iran, che avrebbero contenuto la coltivazione del papavero e la produzione di eroina. I diplomatici statunitensi credevano che, nella sostanza, i talebani avrebbero assecondato gli scopi americani in Afghanistan.
Un gruppo di talebaniNel 1995, dopo che i talebani hanno conquistato Herat e cacciato dalle scuole migliaia di ragazze, non c'è stata una sola parola di critica da parte degli Stati Uniti. In realtà gli Usa, insieme all'ISI pakistano (i servizi segreti di Islamabad), consideravano la caduta di Herat un aiuto a UNOCAL e un'ulteriore stretta del cappio intorno all'Iran" scrive Ahmed Rashid nel novembre del 2001.
La questione essenziale che gli Usa si rifiutano di affrontare è il processo di pace nella regione. È nell'interesse di Iran e Russia mantenere l'instabilità nella regione armando l'alleanza antitalebana, in modo che i piani Usa per gli oleodotti non possano mai realizzarsi. Gli Usa appoggiano i talebani attraverso i loro alleati tradizionali, Pakistan e India, accettando che siano loro a fornire le armi e a finanziarli. "Quella di Washington, più che una politica discreta, è forse una non politica. Una politica discreta comporta pianificazione, finanziamenti e decisioni, ma nelle alte sfere di Washington non è mai stato avviato un simile processo riguardo all'Afghanistan."

LE VIOLAZIONI DEL FRONTE UNITO
Durante tutto il periodo della guerra civile in Afghanistan, dal 1989 ad oggi, anche i gruppi di mujahidin confluiti poi nell'Alleanza del Nord, alleata con gli USA per sconfiggere i Talebani, si sono ripetutamente macchiati di violazioni dei diritti umani e delle norme umanitarie internazionali, con assassinî, indiscriminati bombardamenti aerei e d'artiglieria, aggressioni dirette contro la popolazione civile, esecuzioni sommarie, violenze carnali, persecuzioni su base etnica o religiosa, reclutamento e impiego di bambini nelle operazioni di combattimento, uso di mine antiuomo. Tali violazioni risultano essere state "molto frequenti o sistematiche", un criterio che basta a connotarle come crimini contro l'umanità. Inoltre, benché commesse nel contesto di un conflitto armato interno, le violazioni che implicano attacchi indiscriminati o diretti contro le popolazioni civili sono sempre più chiaramente riconosciute a livello internazionale come equiparabili ai crimini di guerra.
Le violazioni dei diritti umani commesse da gruppi che fanno parte del Fronte Unito sono state ampiamente documentate. Molte di queste risalgono al periodo 1996-1998, quando le forze del Fronte Unito controllavano gran parte delle regioni settentrionali ed erano a distanza di tiro (d'artiglieria) da Kabul. Vi sono numerose segnalazioni di violazioni anche in aree temporaneamente occupate dalle diverse fazioni del Fronte unito (si veda l'intervista a Sima Samar): esecuzioni sommarie, incendio di abitazioni civili e saccheggi, principalmente diretti contro l'etnia Pashtun e contro chiunque fosse sospettato di sostenere i Talebani; ragazzi di età inferiore ai 15 anni sono stati reclutati come combattenti e usati nelle operazioni contro le unità armate dei Talebani. Ma le sanzioni dell'ONU sono sempre state dirette solo al governo talebano.
Esiste un dossier sui crimini che i vari gruppi che compongono il Fronte Unito hanno perpetrato, a danno delle popolazioni civili, fra la caduta del regime di Najibullah nel 1992 e la conquista di Kabul da parte dei Talebani nel 1996. Ma non esistono sanzioni.
Sul sito ufficiale di RAWA, la maggiore organizzazione femminile di resistenza afgana, attiva durante tutto il governo talebano dalle sue sedi in Pakistan, leggiamo: "secondo noi i gruppi talebani e altri fondamentalisti della jehad di Rabbani, Sayyaf, Masoud , Khalili, Hekmatyar e simili sono fratelli in armi. Sono tutti dello stesso colore perché tutti loro hanno un Kalashnikov in una mano e il Corano nell'altra per uccidere, intimidire, detenere e mutilare il nostro popolo arbitrariamente. Tutti stanno abusando violentemente dell'Islam, interpretando il Corano secondo i loro capricci personali e i loro interessi politici, e usano la religione come copertura per nascondere i loro crimini atroci. (…) La situazione dell'educazione durante più di quaranta anni di governo della jehad fondamentalista non era migliore di ciò che è accaduto sotto i talebani. Se i talebani semplicemente chiudevano le porte a tutte le scuole e chiamavano Radio Kabul come Radio Sharia, i Rabbani e altre bande di fondamentalisti della jehad non erano da meno. Essi chiamarono le scuole 'porte dell'inferno' e definirono la radio come 'la scatola del diavolo' e la TV 'lo specchio di Satana'! Cerimonie per bruciare libri furono tenute a Kabul e altrove sotto la supervisione personale di Seddiqu Chakari, il cosiddetto ministro dell' informazione e della cultura dell'amministrazione Rabbani. (…) Sebbene l'ostilità dei talebani contro le nostre donne va ben oltre, in intensità, a ciò che era stato vissuto durante il governo di Rabbani & Co, si deve notare che fu Mr Sibghatullah Mujaddedi, che invece di far attenzione ai numerosi seri problemi del popolo afgano fece una campagna per l'imposizione della hejab islamica: fu alla luce di tale ingiunzione che Rabbani & Co cominciarono anch'essi a impedire alle donne di apparire in TV e lavorare negli uffici. Entrambi hanno sporcato il nome dell'Afghanistan con la coltivazione e lo spaccio dell'oppio e i suoi prodotti nel mondo. È piuttosto ironico che gli ex capi della jehad stiano ora cercando in tutti i modi di presentarsi come più civili dei talebani. Ben due ministri del nuovo governo Karzai sono donne, e sono le donne che parlano in difesa dei loro capi fondamentalisti per giustificare i loro crimini contro l'umanità."

QUALI DIRITTI PER LE DONNE?
Malgrado la pressione occidentale per una maggiore attenzione ai diritti delle donne in Afghanistan, molte leggi che riguardano le donne non sono cambiate. L'Afghanistan funziona sotto un sistema legislativo doppio, con la sharia da una parte ed alcune parti del codice civile dall'altra: il codice esisteva prima che i Talebani prendessero il controllo nel 1996 e bruciassero tutte le leggi contemporanee, le annotazioni legali e i libri.
Sotto la sharia, la parola dell'uomo vale due volte quella di una donna. Convincere una corte che una donna è stata picchiata da suo marito o ha bisogno di un divorzio è difficile. Una donna o una ragazza che segnalino una violenza, ma non riescano a dimostrarla, possono rischiare un'accusa di fornicazione.
Donna in burqaSherin Aqa Manawee, delegato della Corte suprema dell'Afghanistan, ricorda che sotto la sharia a una donna non è permesso scegliersi il marito. Le donne e le ragazze che si allontanano via dalle case dei loro padri, dei mariti o di altri parenti maschi sono arrestate e condotte in prigione, in cui rimangono a meno che non siano appoggiate da un parente del maschio. La detenzione delle donne che si allontanano da casa, fa parte di una coltura che le considera come minori, le loro vite regolate dai loro parenti maschi. Secondo la legge applicata dai Talebani ed ancora ampiamente in vigore, una donna deve essere rappresentata dal suo tutore maschio o marito in tutte le azioni giudiziarie. Per le donne afgane, il sistema legislativo è ambiguo e terrificante.
Kofi Annan, segretario generale dell'ONU, ha dichiarato, nel suo rapporto di febbraio al Consiglio Economico e Sociale, che la situazione attuale di instabilità "può condurre ad un incremento di violenza contro le donne in un atmosfera di totale impunità" ed ha richiesto misure speciali per "proteggere le donne e le ragazze dalle unioni forzate, specie per le minorenni, e da tutte le altre forme di violenza."
Mentre gli afgani lottano per modellare il futuro del loro paese, gli Stati Uniti che continuano con operazioni di peacekeeping minacciano si chiudono al dialogo con le donne. A meno che gli Stati Uniti modifichino la loro politica di sicurezza in Afghanistan, gli impegni americani sui diritti umani delle donne afgane ammonteranno a poco più che mera retorica.
Gli Stati Uniti continuano il loro supporto ai signori della guerra afgani, per attuare la resa totale della guerriglia talebani e per le operazioni di smantellamento delle presunte basi terroristiche di Al Qaeda: una tale politica lascia poco spazio, e poco sostegno concreto, alle istituzioni democratiche, dove le voci delle donne potrebbero essere sentite.
Il mancato sostegno degli Stati Uniti alla gestione della cosa pubblica afgana, sta riducendo drasticamente le opportunità per le donne e, in generale, per la legalità. Mentre spendevano più di 2 miliardi di dollari in un mese per l'inseguimento di Al Qaeda ed i Talebani, con l'assistenza tecnica ed economica alle milizie locali, gli Stati Uniti impegnavano soltanto 2 milioni di dollari in tutto l'anno per aiutare il governo afgano a costruire un esercito nazionale.
Lo sradicamento di Al Qaeda è sicuramente la priorità degli USA, ma ciò sembra giocare a sfavore del ripristino della legalità e della ricostruzione degli strumenti democratici di governo politico della nazione, (l'assemblea della Loya Jirga di quest'anno è sembrata una farsa più che una consultazione reale, con Karzai che ha dichiarato di essere stato eletto presidente della nazione ben prima dell'effettivo spoglio dei voti).

(Per un approfondimento sui temi dei diritti delle donne e delle responsabilità statunitensi sulla deprecabile condizione attuale dell'altra metà del cielo afgano si veda l'articolo di Gary Leupp www.counterpunch.org/leupp0716.html). Molte foto sono di A. Raffaele Ciriello.


Vedi anche:
* www.gfbv.it: www.gfbv.it/3dossier/asia/afghan/afghan-maed-it.html | www.gfbv.it/3dossier/asia/afghan/omid-it.html | www.gfbv.it/3dossier/asia/afghan/afghan-min-int.html

* www: www.ticino-afghanistan.ch | www.shuhada.org | www.afghan-web.com | www.counterpunch.org/leupp0716.html | www.rawa.org/womenrisk.htm | www.rawa.org/hrw-women.htm
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Ultimo agg.: 18.12.2002 | Copyright | Motore di ricerca | URL: www.gfbv.it/3dossier/asia/afghan/afghan-mineo.html | WEBdesign, Info: M. di Vieste
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