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INDICE
> PARTE I
> PARTE II / CAP. 1
> CAP. 2
> CAP. 3
> CAP. 4
> CAP. 5
> CONCLUSIONE
> LE FOTO
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Promesse e tradimenti

Kurdistan terra divisa, compendio storico

Mauro di Vieste

CAP. 4 - DALLA DIPLOMAZIA ALLE RIVOLTE

4.1. MUSTAFA KEMAL
La situazione dell'impero ottomano all'indomani dell'armistizio di Mudros era di assoluta incertezza e dal punto di vista turco esistevano i presupposti per una forte spinta nazionalistica, tanto forte da mettere in discussione perfino le fondamenta di istituzioni quali il Sultanato e il Gran Vizirato. Già alla fine della guerra si erano formati dei focolai di opposizione al governo di Costantinopoli in Anatolia e in Tracia, ma fu la presenza del XV Corpo d'Armata a Erzurum e il IX Corpo a Samsun, che permisero di organizzare una valida resistenza anche dal punto di vista militare. Oltre a Mustafà Kemal, il cui potere crebbe con l'evolversi della guerra in Anatolia, una delle personalità che contribuì maggiormente all'ideazione e all'organizzazione della resistenza fu il Gen. Kazim Karabekir, comandante del XV Corpo.

Nel giugno 1919 i principali esponenti militari presenti in Anatolia tennero una riunione segreta ad Amasya, dove venne fatto il punto della situazione: ma il Sultano, avuto sentore dei movimenti nazionalistici, destituì subito Mustafa Kemal da Ispettore Generale della IX Armata (che diventò III Armata). Kemal si dimise dall'incarico e si appoggiò alla neonata "Associazione per la Difesa dei Diritti dell'Anatolia Orientale", fondata ad Erzurum pochi mesi prima. Ad Erzurum in luglio si tenne un primo congresso di delegati, durante il quale Kemal venne eletto Presidente e si formularono una serie di richieste che sarebbero state portate al tavolo delle trattative di Parigi, note col nome di "Patto Nazionale"; in settembre si tenne un nuovo congresso a Sivas al quale parteciparono delegati di tutto l'Impero. Kemal venne rieletto Presidente del Congresso, vennero ribaditi i punti di Erzurum e formata una nuova "Associazione della Difesa dei Diritti di Anatolia e Rumelia": in questo periodo il Congresso non mise mai in discussione il Sultanato e le critiche erano rivolte essenzialmente alla gestione politica ministeriale. La caduta del governo di Damad Ferid il 2 ottobre, grazie anche alle pressioni del "Consiglio Rappresentativo degli Ufficiali di Costantinopoli", il cui Presidente era l'ufficiale curdo dell'esercito ottomano Ihsan Nouri, migliorò temporaneamente i rapporti tra Kemal e il governo ottomano guidato da Ali Riza: nello stesso mese di ottobre ad Amasya ebbe luogo un incontro tra i rappresentanti del governo e Kemal, e fu raggiunto un accordo di fondo che portò in dicembre alle elezioni.

Il nuovo Parlamento, riunitosi il 12 gennaio a Costantinopoli, votò il Patto Nazionale e questo valeva molto più di un formale riconoscimento per Kemal: se da una parte l'appoggio ai nazionalisti turchi divenne diffuso, dall'altra le Forze Alleate inasprirono l'occupazione e il 18 marzo il Parlamento fu costretto a sciogliersi (anche se lo scioglimento ufficiale fu decretato dal Sultano l'11 aprile) a causa degli arresti dei parlamentari sospettati di collaborare con i nazionalisti.

Quella del 18 marzo 1920 fu l'ultima sessione del Parlamento ottomano e ad Ankara, dove Kemal aveva fatto appello per l'elezione di una Assemblea di emergenza, si tenne il 23 aprile 1920 la prima sessione della "Grande Assemblea Nazionale", composta da 190 membri eletti principalmente in Anatolia e un centinaio di parlamentari del disciolto Parlamento di Costantinopoli: Kemal venne eletto Presidente dell'Assemblea e d'ufficio anche del Consiglio di Stato.

L'Assemblea aveva funzioni sia legislative sia esecutive e avrebbe regolamentato le funzioni costituzionali del Sultano-Califfo: la prima decisione dell'Assemblea fu di dichiarare invalido qualunque accordo firmato dal governo di Costantinopoli, un decreto estremamente importante visto che due mesi dopo il ricostituito governo Damad firmerà il Trattato di Sèvres.

Il conflitto di poteri che si creò fra Ankara e Costantinopoli portò ad una vera guerra civile combattuta su più fronti: il Sultano fece emanare un "fatwa" che obbligava tutti i musulmani ad uccidere i ribelli nazionalisti, Damad denunciò pubblicamente i falsi rappresentanti della Nazione, vennero finanziati gruppi che combattevano i nazionalisti turchi. A tale scopo il Sultano aveva decretato la formazione di una forza armata speciale per fronteggiare l'emergenza e una Corte Marziale condannò a morte gli esponenti nazionalisti, ma l'obiettivo principale era eliminare fisicamente Mustafa Kemal. Dall'altra parte Kemal adottò provvedimenti simili e così fece emanare un "fatwa" dalle autorità religiose locali, che annullava il primo poichè decretato sotto occupazione straniera, fece dichiarare Damad Ferid traditore della patria in base ad una legge che puniva i crimini contro la Nazione e all'uopo creò i Tribunali dell'Indipendenza che rimasero operativi anche durante le rivolte curde negli anni successivi. Il colpo finale alla credibilità del governo di Costantinopoli venne dato dalla firma del Trattato di Sèvres: il 17 ottobre Damad Ferid, in seguito a forti pressioni sia interne sia esterne, si dimise per far posto a Tewfik Pasha, e Kemal poté concentrare gli sforzi sia sul fronte armeno sia su quello greco, che rappresentava il pericolo maggiore (i Francesi erano stati già battuti nella primavera e respinti oltre Aleppo).

In ottobre iniziò l'avanzata dell'Armata turca sotto il comando di Kazim Karabekir, che alla fine dello stesso mese occupò Kars, e procedette oltre il confine stabilito al Congresso di Berlino del 1878. Gli Armeni, pressati anche da nord dalle truppe sovietiche, dovettero firmare un armistizio (Gumru, 2 dicembre 1920), con il quale cedevano ai Turchi i distretti di Kars e Ardahan; di un trattato di pace non ce ne fu bisogno poiché nel marzo 1921, tra il governo sovietico ed Ankara, venne firmato il trattato di Mosca, primo atto diplomatico del governo nazionalista turco.

Il Trattato di Mosca era soprattutto un atto di riconoscimento internazionale per il governo di Ankara, oltre al fatto che alla Turchia venivano formalmente ceduti i distretti di Kars e Ardahan, e quei confini rimarranno invariati in futuro: inoltre l'U.R.S.S. concedeva degli aiuti economici ai kemalisti che saranno fondamentali per la lunga guerra contro i greci; infine le due parti si impegnavano a non appoggiare gruppi o bande armate sul territorio dell'altro, clausola chiaramente diretta contro Curdi e Armeni e che si rivelerà decisiva per la soppressione turca della rivolta curda dell'Ararat nel 1930.

L'effetto di lungo termine del trattato di Mosca era la preoccupazione che il governo kemalista cadesse sotto il controllo sovietico: questo timore provocò il primo passo della Francia, che in seguito alla sconfitta della primavera del 1920, aveva abbandonato la Cilicia; nell'ottobre 1921 il governo francese firmò un trattato di amicizia con Kemal (accordo Franklin-Bouillon) che prevedeva una rettifica dei confini turco-siriani in favore della Turchia e la definitiva evacuazione della Cilicia da parte francese.

Il problema più grosso per Kemal rimaneva quello greco: la prima grande offensiva venne condotta durante l'estate 1920 quando l'Armata greca avanzò oltre Bursa sul fronte anatolico ed arrivò alle porte di Costantinopoli in Tracia. In ottobre i greci avanzarono ancora, ma l'invio di nuove forze dopo l'armistizio di Gumru permise ad Ismet Pasha, comandante delle forze turche, di fermare i greci nel gennaio 1921 sul fiume Inonu, che da allora diventò il suo cognome: nuovi scontri si verificarono in aprile sempre sull'Inonu e le posizioni rimasero praticamente inalterate.

L'estate del 1921 fu di grande importanza per il governo greco, che dopo la caduta di Venizelos alle elezioni del novembre 1920, veniva guidato da re Costantino e dai monarchici: ora però i Turchi venivano riforniti dai sovietici ed avevano migliorato le relazioni con la Francia, oltre ad avere l'appoggio italiano; il confronto tra Grecia e Turchia si prospettava duro.

L'offensiva greca iniziò a metà luglio e dopo alterne vicende che videro il fiume Sakarya centro degli scontri per due mesi, l'esercito turco, guidato personalmente da Kemal, riuscì a respingere i greci lungo il fronte ad ovest del Sakarya: nonostante tutto era una grande vittoria per Kemal che ora si presentava alle Potenze europee anche come capo di una forza militare in grado di controllare il proprio territorio, screditando così i greci che a Sèvres avevano garantito il dominio sull'Anatolia con il proprio esercito. Le due parti si preparavano ora al confronto finale; mentre i greci non erano più in grado di sostenere un confronto armato, sia per problemi politici interni sia per motivi di ordine finanziario, i Turchi vivevano un momento relativamente felice dato l'appoggio militare della popolazione anatolica, compresa quella curda e il vitale appoggio dell'Unione Sovietica. Durante l'estate del 1922 si svolse la cosiddetta "grande offensiva" turca: lentamente l'esercito riconquistò tutte le posizioni in Anatolia e il 9 settembre espugnò Izmir, l'ultima roccaforte greca. La questione della Tracia venne invece discussa durante le trattative per l'armistizio di Mudania, l'11 ottobre 1922: i greci sarebbero retrocessi oltre il fiume Maritza, Costantinopoli riconsegnata ai Turchi e il trattato di pace sarebbe stato discusso in una nuova conferenza a Losanna.

Il primo novembre 1922 la Grande Assemblea Nazionale abolì il Sultanato con un decreto, lasciando in vita solo l'istituzione religiosa del Califfato. Pochi giorni dopo il governo Tewfik si dimise risolvendo così l'impasse creatosi con la presenza di due governi e due parlamenti: il Parlamento di Costantinopoli, senza il governo corrispondente e l'appoggio del Califfo le cui funzioni erano state limitate alla sola sfera religiosa, cessò di esistere. Il 16 novembre il Sultano Mehemet VI Vahideddin lasciò Costantinopoli e Abdulmecit II venne nominato Califfo.

4.2. IL TRATTATO DI LOSANNA
Ai lavori della Conferenza di Losanna, cominciati nel novembre 1922, avrebbero dovuto partecipare ambedue i governi esistenti fino a pochi giorni prima a Costantinopoli; ma l'abolizione del Sultanato aveva di fatto risolto il problema: una decisione non certo indolore giacché in tutta la società islamica la figura del Sultano era indissolubilmente legata a quella del Califfo.

" ... Alcune teste potrebbero rotolare durante il processo (di abolizione del Sultanato)" affermò Kemal il 1° novembre 1922 durante la seduta della Grande Assemblea Nazionale che il giorno stesso decretò l'abolizione del Sultanato e la regolamentazione del Califfato: e subito dopo la affermazione di Kemal, uno dei principali oppositori "teologici" asserì con fierezza: " ... Chiedo umilmente perdono, ma noi guardavamo la questione da un altro punto di vista. Siamo stati illuminati dalla sua spiegazione".

Ismet Inonu venne nominato delegato della Turchia alla Conferenza e per evitare possibili concessioni agli Alleati gli fu affiancato Riza Nur. Durante lo svolgimento della Conferenza i Turchi conquistarono le ultime posizioni della Tracia orientale e in aprile ripresero i lavori, che erano stati sospesi per due mesi, per la stesura del trattato che venne firmato il 24 luglio 1923. Col Trattato di Losanna veniva definitivamente superato quello di Sèvres e la Turchia imponeva le sue rivendicazioni che grosso modo coincidevano con il "Patto Nazionale". La Turchia riguadagnava la Tracia orientale fino al fiume Maritza compresa la ferrovia che correva lungo la riva occidentale del fiume, ma non avrebbe avuto diritto alle riparazioni di guerra greche; alla Grecia veniva riconferito il possesso delle isole egee, tranne Imbros e Tenedos che venivano smilitarizzate e tornavano alla Turchia; i confini con la Siria venivano riconfermati secondo l'accordo Franklin-Bouillon dell'ottobre 1921; le Capitolazioni vennero abolite e la questione della sovranità su Mosul rinviata ad una trattativa diretta tra le parti interessate; gli Stretti rimanevano internazionalizzati con le due rive smilitarizzate, anche se veniva concessa la presenza di 12.000 militari turchi nella sola Costantinopoli.

Rispetto al Trattato di Sèvres, utilizzato anche da Kemal come base per una eventuale concessione di autonomia ai Curdi, nell'attuale trattato mancava ogni riferimento al Kurdistan; anche se era assicurata la protezione delle minoranze, i Turchi non consideravano i Curdi una minoranza, poiché erano musulmani, e sotto tale categoria facevano rientrare solo i Greci e gli Armeni. Il Trattato di Losanna sancì la divisione del Kurdistan in cinque parti attribuite ad altrettanti Stati nazionali: quella che doveva essere una questione da risolvere tra i Curdi e il Sultano (e in un secondo tempo con lo Shah), divenne una questione internazionalmente intricata poiché gli interessi per la "spina dorsale" del Medioriente erano altissimi e gli attori tanti, troppi per poter pensare ad una soluzione armata o diplomatica.

I Curdi pagarono con il sangue gli interessi petroliferi inglesi, la stabilità politica persiana, la penetrazione russa verso il Mediterraneo e il Golfo Persico, la necessità di rinnovamento secondo modelli occidentali della Repubblica turca, ancora gli interessi petroliferi iracheni sempre più distinti da quelli inglesi e ultimi, ma non meno importanti, gli interessi strategici della Siria: il sacrificio era ormai compiuto.

4.3. I CURDI E LE POTENZE
La prima guerra mondiale con i relativi trattati di pace aveva fatto sorgere in Medioriente delle nuove frontiere; il crocevia di queste nuove frontiere "si divideva" (espressione, forse un po' letteraria, che richiama il tema della divisione contrapposto all'unione perseguita dai Curdi) proprio in Kurdistan.

L'effetto di questi cambiamenti pesò irrimediabilmente sulla questione curda: al tribalismo, che era stato il carattere predominante per le rivolte dell'ultimo secolo, si aggiunse il regionalismo, fattore nuovo e disintegrante; il tribalismo poteva tollerare l'integrazione momentanea di tribù diverse, ma il regionalismo era soggetto agli interessi dei nuovi stati, ora più che mai in grado di appoggiare l'una o l'altra tribù curda. Di conseguenza quelli che erano i fattori nazionali dei quattro stati direttamente interessati dal "problema" curdo, Turchia, Persia, Iraq e Siria, divennero inevitabilmente fattori internazionali in seguito ai contrapposti interessi che le Potenze dell'epoca avevano nell'area mediorientale: è così che entrano in gioco la Gran Bretagna, l'U.R.S.S., la Francia, gli Stati Uniti e in modo marginale anche l'Italia. La presenza più pregnante era quella inglese: l'alto interesse strategico della Mesopotamia per il controllo della via delle Indie e quindi della Persia consigliava inizialmente un protettorato classico sull'intera regione che si affacciava sul Golfo Persico. Da una parte l'invasione sovietica del Gilan persiano nel maggio 1920, dall'altra la grande rivolta araba durante l'estate dello stesso anno, convinsero gli Inglesi a fare della Persia uno stato indipendente, comunque controllato economicamente, e a creare in Iraq uno stato arabo al quale annettere il vilayet di Mosul garantendo così la continuità tra l'India e il Mediterraneo (oltre ai ricchi giacimenti di petrolio!).

Nel febbraio 1921, in seguito al colpo di stato che portò alla guida della Persia il giovane Seyyid Zia ed Din, venne firmato un trattato tra il nuovo governo persiano e l'Unione Sovietica: i sovietici, in cambio del ritiro delle truppe, ottenevano la possibilità di intervenire militarmente nel caso la Persia fosse stata attaccata da una potenza straniera.

Il nuovo equilibrio che si era stabilito tra Gran Bretagna e Unione Sovietica in Medioriente subito dopo il trattato di Sèvres, sconvolse i piani inglesi per la creazione di un Kurdistan indipendente, almeno nei confini quali erano stati fissati nel trattato: per gli Inglesi risultava ora più semplice annettere Mosul ad uno stato che dovevano creare sia per le promesse fatte agli Arabi durante la guerra (accordi Huseyn-MacMahon) sia per la violenta rivolta dell'estate 1920, che aveva fatto centinaia di morti.

Nel marzo 1921, alla seconda conferenza del Cairo, gli Inglesi decisero di dare la corona dell'Iraq a Faysal, che i Francesi avevano cacciato dalla Siria, e di spostare suo fratello Abdullah sul trono della Transgiordania che sarà creata l'anno dopo. Durante l'estate del 1921 si tenne il referendum tra la popolazione "irachena"; i risultati ufficiali diedero il 96% dei consensi a favore di Faysal, nonostante avessero votato contro gli arabi sciiti, si fosse astenuta tutta la popolazione di Souleimanya e la maggior parte dei Curdi si fosse, almeno di fatto, schierata contro il governo arabo in generale. Il referendum, per come fu fatto (alzata di mano, votanti con deleghe multiple, distinzioni in base al censo ed altro), era solo il tentativo di dare un volto di legalità al governo sunnita e a Faysal, il quale venne proclamato re dell'Iraq il 23 agosto 1921. La politica inglese nei confronti dell'Iraq era ormai chiara e nell'ottobre 1922 venne firmato il primo trattato anglo-iracheno, ultimo atto dell'Alto Commissario Percy Cox, che subito dopo lascerà il posto a Henry Dobbs. La versione finale del trattato sarà ripresentata nel marzo 1924 e solo il 10 giugno dello stesso anno sarà approvato dal Parlamento in modo rocambolesco (poco prima della mezzanotte del giorno in cui scadeva l'ultimatum inglese), segno evidente della forte opposizione che esisteva in Iraq sia al governo arabo sia al mandato inglese. La ratifica finale del trattato arrivò in novembre per la Gran Bretagna e in dicembre per l'Iraq: il trattato aveva la durata di quattro anni e per l'Iraq risultò una sorta di vittoria. Nel 1926, in seguito alle valutazioni di una commissione d'inchiesta, Mosul venne annessa all'Iraq, soprattutto per motivi "economici" con la raccomandazione da parte della S.d.N. che i diritti dei Curdi fossero rispettati e la Gran Bretagna conservasse il mandato sull'Iraq per almeno 25 anni.

Un nuovo elemento si aggiunse all'indecisione della politica inglese nei confronti dei Curdi quando il governo kemalista, riconosciuto prima dai sovietici e poi dai Francesi, cominciò a sfruttare il malcontento curdo in Iraq. Dopo la conclusione del Trattato di Sèvres, non essendo state ancora regolamentate le frontiere con l'Iraq, il governo kemalista nominò un governatore turco a Rawanduz nel marzo 1922, in questo appoggiato dalla Francia che era stata esclusa da Mosul. Il governo di Parigi avrebbe visto più volentieri Mosul in mani turche piuttosto che inglesi, dati i buoni rapporti con il governo di Ankara e la posizione strategica della Siria per lo sfruttamento del petrolio di Mosul. Inoltre l'India Office temeva che la nuova Turchia cadesse sotto l'influenza sovietica, prova ne era il trattato di amicizia russo-turco del marzo 1921 con il quale sembrava che la sola Unione Sovietica avesse fatto delle concessioni cedendo Kars e Ardahan: invece per Kemal l'amicizia di Mosca era solo uno strumento per avere armi e denaro in un momento in cui nessun altro lo appoggiava; non a caso, prima venne vietata la propaganda comunista nel 1922, e poi, nel 1925, fu definitivamente messo fuori legge il partito comunista, che aveva mostrato troppo interesse per la situazione curda nel paese.

Il vilayet di Mosul, secondo gli accordi Sykes-Picot, sarebbe dovuto essere francese, ma in seguito all'occupazione inglese (decisa in seguito alla scoperta di riserve petrolifere), Clemenceau rinunciò a Mosul in cambio della Cilicia e soprattutto di un appoggio inglese per le rivendicazioni in Europa. A San Remo, nel 1920, resasi conto dell'iniquità dello scambio, la Francia riuscì ad ottenere le azioni tedesche dell'inglese Turkish Petroleum( la quota era del 25% e il maggior azionista era Lord Curzon), che da sola avrebbe avuto i diritti di sfruttamento in Mesopotamia. In questo gioco di interessi si inserirono gli Stati Uniti, che pretesero la loro parte e finirono per ottenere il 20% delle azioni della Società.

L'accordo finale fu firmato nel maggio 1923 fra Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, per la divisione delle azioni della Turkish Petroleum, che in seguito venne ribattezzata "Iraq Petroleum Co.": il 23,75% andava alla Anglo-Saxon Petroleum Co. (Shell); il 23,75% alla D'Arcy Exploration Co. (Anglo-Persian); il 23,75% al governo francese; il 23,75% all'americana Near East Corporation; infine il 5% ad un privato, Gulbenkian, per la mediazione con il governo ottomano. La questione delle frontiere tra l'Iraq e la Turchia, in pratica la questione di Mosul, venne definitivamente risolta nel luglio 1926 con un accordo tripartito anglo-turco-iracheno, con il quale veniva creata una commissione di frontiera permanente, e le parti si dichiaravano disposte ad accettare le decisioni della S.d.N., per quanto riguardava i confini definitivi. Come si può vedere, il motivo del disinteresse internazionale per la situazione curda era dovuto principalmente ad interessi petroliferi: man mano che la situazione politica in Medio Oriente si stabilizzò, agli interessi petroliferi si aggiunse il problema della sicurezza delle frontiere per Siria, Turchia, Iraq, Persia ed U.R.S.S.: gli accordi che intercorreranno tra questi Stati saranno sempre fatali alle insurrezioni curde, non solo degli anni venti, ma di tutta la storia curda fino alle più recenti vicende dell'area del Golfo.

4.4. IL MOVIMENTO CURDO IN ANATOLIA
Nel primo dopoguerra l'Anatolia divenne contemporaneamente il centro del nazionalismo curdo e turco: per quanto i due movimenti convivessero per ottenere la liberazione dal giogo ottomano, non poche furono le insurrezioni curde. La maggior parte di queste rivolte erano localizzate, spesso provocate dalle frequenti esazioni del governo kemalista per continuare la guerra di liberazione nazionale e poco si sa sulla loro effettiva portata.

Una delle poche insurrezioni ben documentate di questo periodo fu quella guidata da Prizade Bekir nella regione di Mardin. La rivolta, scoppiata all'inizio del 1921 in un momento delicato per i nazionalisti turchi, costrinse Kemal alle trattative: in giugno Prizade Bekir incontrò i delegati turchi e chiese principalmente la formazione immediata di un Kurdistan autonomo, senza però ottenere alcun risultato.

Durante lo stesso periodo la Gran Bretagna sembrava voler adottare una politica favorevole ai Curdi dell'Anatolia e favorire la creazione di una regione "cuscinetto" tra l'Anatolia turca e il vilayet di Mosul, che ormai si poteva considerare parte integrante dello stato iracheno grazie alla presenza militare inglese e alla rinuncia francese.

Percy Cox, Alto Commissario inglese a Bagdad, aveva preso contatti con Khalil Bedir Khan, rappresentante della "Lega Sociale Curda" di Costantinopoli, che si batteva per una piena indipendenza del Kurdistan. Khalil Bedir Khan rivelò a Percy Cox che una rivolta era stata organizzata in tutta l'Anatolia orientale e che il piano aveva già il sostegno economico greco; quello che mancava erano armi e soprattutto munizioni.

Ancora una volta gli accordi internazionali pesarono sulle decisioni inglesi: il riconoscimento sovietico e francese del governo kemalista consigliarono a Churchill, capo del Dipartimento Mediorientale del Colonial Office, di bloccare "tutti i tentativi per incoraggiare i Curdi in questo momento".

Il sopravvenuto cambiamento della posizione internazionale del governo kemalista durante l'autunno 1921 permise alle truppe turche, comandate da Djevad Pasha, di sedare la rivolta. Nel 1922 venne fondato ad Erzurum il "Comitato per l'Indipendenza Curda", sul modello di quello fondato al Cairo da Sureya Bedir Khan: vi partecipavano diverse personalità politiche e militari tra cui Yusuf Zia, Halit Bey e Ihsan Nouri Pasha; inoltre il Comitato aveva diversi collegamenti nelle principali città curde dell'Anatolia.

L'inasprimento della politica kemalista verso il problema curdo, dopo la soluzione di quello greco, favorì l'associazione al Comitato di personalità religiose di spicco quali Sheikh Said di Piran, Sheikh Sherif di Palu e Sheikh Abdullah di Melkan. Ormai il terreno era pronto per la rottura totale tra il movimento curdo e Kemal; il 3 marzo 1924 venne definitivamente abolito il Califfato, l'unica istituzione che legava Curdi e Turchi; un altro decreto vietò tutte le scuole, le associazioni e le pubblicazioni curde, come anche le confraternite religiose e le scuole coraniche, che più in generale riguardavano il mondo islamico senza alcuna distinzione etnica. Tanti degli ufficiali curdi e non, che fino ad allora avevano servito fedelmente nell'esercito ottomano prima e repubblicano dopo, scelsero definitivamente la strada dell'opposizione armata e tra questi troveremo Ihsan Nouri, leader della rivolta dell'Ararat.

4.5. SHEIKH MAHMOUD BARZINDJA
Alla fine della prima guerra mondiale la Gran Bretagna aveva occupato militarmente il vilayet di Mosul, ma non disponeva di forze sufficienti per amministrarlo: fu così che venne deciso dal Colonial Office di favorire un governo di notabili locali coadiuvato da un consigliere inglese. La scelta cadde subito su Sheikh Mahmoud Barzindja che già nel 1909 si era ribellato alle forze ottomane ed era ancora uno dei notabili curdi più in vista di Souleimanya; suo assistente venne nominato il maggiore inglese Noel.

Il primo dicembre 1918 si era riunito il consiglio dei notabili di Souleimanya, che accettò Sheikh Mahmoud come governatore, ma l'esperimento durò poco: la tribù Jaf venne posta sotto un altro governatore e il maggiore Noel fu sostituito con Ely Bannister Soane, certamente la persona sbagliata da affiancare a Mahmoud, vista la sua posizione estremamente critica nei confronti sia dello Sheikh sia di suo padre.

La crisi scoppiò in maggio, ma già alla fine di giugno gli Inglesi avevano riconquistato le posizioni perdute e catturato Sheikh Mahmoud, che fu imprigionato a Bagdad: la situazione non tornò calma e le aree di confine rimasero fuori dal controllo inglese. Gli eventi precipitarono alla fine dell'estate 1922 a causa delle pressioni turche per Mosul: delle truppe irregolari turche, partite da Rawanduz, riuscirono a forzare il fronte inglese e il primo settembre occuparono Souleimanya. Percy Cox, Alto Commissario inglese, con l'appoggio di re Faysal, acconsentì alla liberazione e al ritorno di Sheikh Mahmoud come governatore di Souleimanya, coadiuvato nuovamente dal maggiore Noel. Il 10 ottobre 1922 Sheikh Mahmoud annunciò la formazione di un gabinetto di otto ministri curdi, di cui lui deteneva la Difesa e il fratello Sheikh Qadyr era Primo Ministro: gli altri ministri erano Mohammed Ghaleb agli Interni, Hamara Agha ai Lavori Pubblici, Ali Kaladari alla Giustizia, Haji Moustafa alla Pubblica Istruzione, Seyid Ahmed capo della polizia e un cristiano, Karim Alaka, alle Finanze.

Un mese dopo Sheikh Mahmoud si sentiva abbastanza forte da dichiararsi "re del Kurdistan", anche se il suo governo amministrava il solo Kurdistan meridionale: iniziò subito la pubblicazione de "Il Sole del Kurdistan", settimanale sia politico che letterario. Immediatamente sorse la polemica con Bagdad sulla posizione del governo curdo che gli arabi iracheni consideravano un consiglio amministrativo provinciale, mentre Mahmoud sottolineava l'assoluta parità di diritto dei due governi. Oltre a non riconoscere il governo curdo come indipendente, gli Inglesi non facevano rientrare il distretto di Kirkuk sotto la sua amministrazione e su questo punto si verificò una nuova rottura con Sheikh Mahmoud, che tra l'altro era sospettato di collaborare con il colonnello Oz Demir, comandante dell'armata turca a Rawanduz: ormai la politica inglese era chiara, e non erano i principi wilsoniani che avevano consigliato la formazione di un governo autonomo curdo a Souleimanya, ma solamente l'impossibilità di tener fuori i Turchi dal vilayet di Mosul senza l'impiego di forze armate di cui gli Inglesi non disponevano a sufficienza. In principio gli Inglesi favorirono il rafforzamento del governo curdo con una dichiarazione del dicembre 1922 ("dichiarazione di Natale") che ne riconosceva il diritto di negoziare direttamente con Bagdad la forma e i limiti della propria sovranità; ma già in gennaio Percy Cox aveva cambiato opinione, poiché una tale politica poteva rivelarsi troppo pericolosa nel lungo periodo e il 21 febbraio 1923 Sheikh Mahmoud ricevette un ultimatum a causa delle voci su una insurrezione che si stava preparando a Kirkuk: se non fosse andato a Bagdad con tutto il suo governo, sarebbe stato destituito.

Nei giorni seguenti si svolsero le trattative tra C.J. Edmonds, emissario inglese e Sheikh Mahmoud, il quale la notte del 3 marzo lasciò Souleimanya per un rifugio più sicuro presso Sardasht, accompagnato da alcune centinaia di partigiani. Poiché la questione più importante rimaneva il controllo di Mosul, gli Inglesi, costretti dalle circostanze a rinforzare le posizioni militari in Iraq, dopo aver cacciato Sheikh Mahmoud da Souleimanya, mandarono consistenti truppe contro Oz Demir, che fu costretto a ritirarsi data la superiorità numerica inglese: il 22 aprile venne occupata Rawanduz e Seyid Taha, nipote di Sheikh Obeidullah, ne fu nominato governatore.

Il 16 maggio venne ripresa anche Souleimanya e pochi giorni dopo Sheikh Mahmoud fu costretto a cercare riparo in Persia, mentre il suo posto venne preso da Edmonds. Nei giorni seguenti Henry Dobbs, il nuovo Alto Commissario a Bagdad, si recò a Souleimanya per verificare di persona fino a che punto i notabili curdi avrebbero collaborato con il governo iracheno: nessuno era disposto a tale collaborazione e l'unica soluzione era il diretto controllo inglese che i Curdi avrebbero accettato come male minore. Il ritiro di metà delle truppe inglesi consentì a Sheikh Mahmoud di tornare con la propria armata in luglio. Ora però il "re del Kurdistan" si trovava ad amministrare un territorio dalla cui giurisdizione gli Inglesi avevano staccato varie città, proprio per diminuire l'influenza di Mahmoud che comunque continuò a perseguire l'indipendenza piuttosto che l'inclusione nello stato iracheno, anche dopo la firma del trattato di Losanna. Gli Inglesi tentarono più volte di dissuadere Sheikh Mahmoud dai suoi sogni indipendentisti bombardando la zona ed infine fu concordata una tregua per le elezioni irachene. Il nuovo parlamento si oppose con viva forza all'approvazione del trattato anglo-iracheno che avrebbe avuto la durata di soli 4 anni: i 17 deputati curdi votarono tutti contro un trattato che nello spirito avrebbe garantito la piena indipendenza all'Iraq. In Kurdistan l'opposizione parlamentare si tramutò in ribellione e questo certo danneggiava l'Iraq nei negoziati in corso a Costantinopoli per fissare la frontiera con la Turchia.

Faysal decise così l'eliminazione definitiva di Sheikh Mahmoud con la collaborazione della R.A.F., che tra il 27 e il 28 maggio distrusse buona parte di Souleimanya che venne definitivamente occupata il 19 luglio 1924. Il destino di Sheikh Mahmoud era segnato ed anche se continuò a combattere ancora per alcuni giorni a Souleimanya e poi ancora fino alla fine di novembre con azioni di guerriglia, dovette nuovamente rifugiarsi in Persia. Per la Gran Bretagna gli interessi petroliferi erano più importanti del Kurdistan unito e la conseguenza di tali interessi fu la decisione della Società delle Nazioni dopo un anno di assegnare definitivamente Mosul all'Iraq. Dopo la soluzione della questione petrolifera, il problema dell'autonomia curda in Iraq ritornò esattamente al punto di prima e ancora una volta furono gli interessi "superiori" inglesi, in questo caso la progettata costruzione di una base aerea in Persia, a sconsigliare eventuali intese politiche con Sheikh Mahmoud.

4.6. ISMAIL AGHA SIMKO
La situazione politica persiana dopo la prima guerra mondiale si presentava estremamente fatiscente e la dinastia dei Qajar (1794-1925) aveva ormai i mesi contati: il primo colpo di stato del febbraio 1921 portò al potere Sayyid Zia ed Din con Reza Khan che al momento occupava la posizione di comandante della divisione dei cosacchi persiani; lo stesso Reza, dopo alterne vicende politiche, nel 1925 sarà proclamato Shah.

Questo periodo di vuoto politico favorì non poco l'affermazione di tribù locali che, come gli arabi di Mohammara o i bakhtiari, arrivarono a trattare direttamente con gli Inglesi data la loro posizione strategica per lo sfruttamento del petrolio persiano. In questo contesto, Ismail Agha detto Simko, controllava militarmente quasi tutto il Kurdistan persiano da Khoi a nord, lungo la sponda ovest del lago Urmia, fino a Baneh a sud.

Simko era il capo riconosciuto degli Shikak: la potente tribù curda, formata da 2000 famiglie, era divisa in due gruppi, di cui uno viveva a nord del lago Urmia ed era sotto il diretto controllo di Simko e l'altro più a sud dipendeva da Amar Khan, un suo zio. L'odio di Simko per i Persiani era profondo e legato al fatto che avevano assassinato il padre nel 1907 in sua presenza e che faranno lo stesso con alcuni suoi fratelli e infine con lui nel 1930. La conquista del Kurdistan persiano da parte di Simko cominciò nel 1918 quando, contrariamente alla volontà inglese uccise il Mar Shimun assiro; entro la fine dell'anno controllava già quasi tutto il territorio e durante l'estate del 1919 occupò Urmia (Rezayeh): la reazione persiana fu immediata, ma senza successo poiché le forze curde riconquistarono lentamente i territori inizialmente liberati.

Nell'autunno 1921 Simko riprese le armi attaccando con successo Mahabad (Saouji Boulak) che fu saccheggiata dai suoi uomini. Anche questa volta la reazione persiana non si fece attendere, ma le forze governative furono battute ben tre volte prima della fine di dicembre, lasciando così nelle mani dei ribelli anche la città di Khoi. Il prestigio di Simko crebbe notevolmente in questo periodo grazie anche alla collaborazione di Seyyid Taha (lo stesso che diventerà governatore di Rawanduz),influente anche nel Kurdistan iracheno.

Simko venne anche contattato tramite Moustafa Pasha con i Curdi di Costantinopoli che cercarono il suo aiuto per la progettata insurrezione in Anatolia; ma Simko intratteneva buoni rapporti con i Turchi che gli fornivano armi e munizioni e sarebbe stato disposto a favorire una politica anti-turca se gli Inglesi gli avessero fornito il necessario equipaggiamento.

Gli sviluppi della situazione internazionale alla fine del 1921 danneggiarono Simko: egli non poté rivolgersi all'U.R.S.S., poiché questa aveva normalizzato i rapporti con la Persia dopo essersi ritirata dal Gilan; non poteva contare sugli Inglesi i quali intrattenevano buoni rapporti con la Persia e temevano che una politica a favore dei Curdi avrebbe aumentato l'influenza sovietica nella regione; infine Simko perse anche l'appoggio dei Turchi che nell'ottobre 1922 stipularono un accordo di cooperazione con la Persia per la sicurezza delle rispettive frontiere. All'inizio del 1922 Simko si trovò senza assistenza straniera, ma fu ugualmente in grado di respingere, in aprile, una prima spedizione persiana comandata dal generale Sheibani.

Reza Khan dovette riorganizzare l'esercito e in luglio riuscì a mettere insieme ottomila uomini sotto il comando del generale Jahanbani, tra cui un battaglione di volontari armeni. Lo scontro decisivo avvenne a Shakar Yazi il 25 luglio 1922, e nonostante Simko disponesse di forze sufficienti a fronteggiare i Persiani, dovette soccombere alla maggior preparazione del nemico: infine i Curdi furono costretti a battersi con spade e pugnali per mancanza di munizioni.

Ritiratosi verso l'interno, in agosto Simko fu definitivamente respinto oltre la frontiera turca: "la causa precipua della sua disfatta deve ricercarsi nel fatto che egli era stato completamente abbandonato dai Turchi". Dalla Turchia Simko passò in Iraq a dare manforte a Sheikh Mahmoud, il quale dopo aver riconquistato Souleimanya non se la sentì di arrivare ad un confronto diretto con il governo iracheno e soprattutto con gli Inglesi: ripartito da Souleimanya, negli anni seguenti Simko sarà a capo di varie rivolte di entità limitata, fino a quando Reza Shah lo farà nominare governatore di Ouchnou, dove il 21 giugno 1930, dopo pochi giorni dalla nomina, sarà assassinato da soldati persiani.

La versione persiana dei fatti é leggermente diversa, ma il senso rimane lo stesso: l'intervista che Feroughi Khan, ministro degli esteri persiano, rilasciò pochi giorni dopo l'"esecuzione" di Simko a Straneo, ufficiale italiano presso la Legazione di Teheran, chiarisce un po' le cose. Alla domanda se l'opinione pubblica persiana non fosse rimasta sfavorevolmente impressionata dalla esecuzione sommaria di Simko subito dopo che il governo persiano gli aveva accordato il magnanimo perdono, Feroughi aveva risposto che sicuramente i nemici della Persia avrebbero potuto sfruttare l'incidente di Simko, lanciando le più nere e sanguinose calunnie, che però i fatti erano assai diversi: "il padre di Ismail Agha era un noto rivoluzionario curdo della bellicosa tribù Shikak, acerrimo nemico del governo di Teheran. Ismail Agha stesso si era fatto iniziatore nel 1921 di un movimento di ribellione contro il governo centrale e molti ancora ricordavano la strage che egli aveva fatto a Saouji Boulak di parecchi gendarmi persiani. Nel 1925 egli si era tenuto costantemente in contatto con il ben noto capo curdo Sheikh Said, animatore della rivolta curda di quell'anno e decapitato dal governo turco. Ismail era un uomo di forte carattere, aitante nella persona e dotato di audacia straordinaria, e malgrado fosse un brigante e nostro nemico era da noi ritenuto di sentimenti leali e cavallereschi. Alcuni mesi fa egli fece atto di sottomissione chiedendo l'alto perdono dello Shah e la grazia di poter vivere indisturbato in territorio persiano, e Sua Maestà Imperiale, come già fece verso il noto capo beluci Doust Mohamed Khan, il quale anch'egli si rivelò un traditore, gli accordò il proprio perdono. Il generale Hassan Khan Moghadam, comandante in capo delle truppe del nord-ovest, lo invitò allora a rendersi al quartier generale persiano. Sennonché Simko, probabilmente giudicando giunto il momento propizio per iniziare una insurrezione curda anche in Persia, appena passata la frontiera, si diede a raccogliere uomini e armi. Rintracciato e soverchiato a Ouchnou egli fu ucciso dai nostri soldati insieme a parecchi dei suoi partigiani".

4.7. SHEIKH SAID DI PIRAN
Il 3 marzo 1924 la Grande Assemblea Nazionale aveva abolito il Califfato e la nuova Repubblica turca si era liberata da qualunque vincolo di tipo religioso. Il provvedimento, altamente inviso ai Curdi non fu ben accetto nemmeno ai collaboratori di Kemal, tra cui Kazim Karabekir, Ali Fuad Cebsoi, Refet Bele e Rauf Orbay, i quali dopo essere stati invitati alle dimissioni da ogni carica statale, confluirono nel Partito Repubblicano Progressista.

Il PRP, anche se contrario alla secolarizzazione dello stato turco, aveva un programma fondamentalmente simile a quello governativo e Kemal acconsentì per questo motivo a dare più spazio all'opposizione dei Progressisti approvando le dimissioni di Ismet Inonu, il 21 novembre 1924. Il nuovo Primo Ministro Ali Fethi Okyar, che aveva ricoperto l'incarico esattamente un anno prima per poi far posto a Inonu (30 novembre 1923-21 novembre 1924), durò in carica poco più di tre mesi, travolto dagli avvenimenti in Anatolia che scossero le fondamenta stesse della Repubblica turca.

A metà del febbraio 1925 cominciarono a trapelare le prime voci sulla stampa turca di incidenti a Piran tra un distaccamento di gendarmeria e Sheikh Said, ma già alla fine del mese la stampa rivelò che tutta la regione fra l'Eufrate e il lago di Van era nelle mani dei ribelli.

Il fatto nuovo di questa ribellione, di cui si conosceva ben poco, fu che attirò immediatamente le simpatie dei gruppi conservatori di Costantinopoli e di tutta la Turchia al punto che venne considerata una minaccia alla stessa esistenza della Repubblica. Kemal adottò drastiche misure per fronteggiare l'emergenza: le opposizioni vennero messe a tacere, il governo di Okyar si dimise il 3 marzo e lo stesso giorno Ismet Inonu venne rinominato Primo Ministro e rimarrà in carica fino al 25 ottobre 1937. Il giorno dopo Inonu ottenne dal governo il ristabilimento della Legge Marziale per un periodo di due anni (alla scadenza, nel 1927, venne prorogata per altri due anni) con l'istituzione dei Tribunali dell'Indipendenza che erano stati utilizzati per la prima volta nel 1920 per fronteggiare il governo di Costantinopoli e l'occupazione degli Alleati.

La rivolta di Sheikh Said, anche se improvvisa non era stata improvvisata: i contatti tra le varie forze nazionaliste curde erano cominciati alla fine del 1923 quando Yusuf Ziya, deputato curdo di Bitlis e rappresentante del "Comitato per l'Indipendenza Curda", aveva cercato nell'opposizione di governo un potenziale alleato, in quanto i Curdi già appoggiavano i Progressisti. Una prima rivolta spontanea scoppiò subito dopo l'estate 1924; in quell'occasione Ihsan Nouri, comandante curdo delle forze turche che erano state inviate al confine con l'Iraq, tentò di dare man forte ai ribelli con l'ausilio delle truppe che comandava, ma non riuscì a portare il dovuto aiuto poiché il centro del sollevamento era a Bitlis. Il governo turco, dopo aver domato la rivolta, istruì il processo che condannò Yusuf Ziya e altri dirigenti, mentre Ihsan Nouri riuscì a fuggire.

Nel novembre dello stesso anno Sheikh Said cominciò personalmente una campagna di propaganda curda in tutta la regione di Diarbekir, raccogliendo subito i consensi della popolazione: i motivi del malcontento non erano rappresentati solo dalla abolizione del califfato, ma c'erano anche i provvedimenti anti-curdi del governo, la pessima situazione economica in Anatolia e la mancata menzione del Kurdistan nel trattato di Losanna.

Il 13 febbraio 1925 si verificò un incidente che segnò prematuramente l'inizio della rivolta: un distaccamento di gendarmeria turco aveva l'ordine di arrestare a Piran alcuni collaboratori di Sheikh Said. Nonostante lo Sheikh avesse avvisato i Turchi che si trattava di una mossa troppo rischiosa e dalle conseguenze imprevedibili, questi tentarono ugualmente di eseguire l'ordine con il risultato che la popolazione si ribellò immediatamente, massacrando l'intero distaccamento turco.

La rivolta pur non essendo pronta dal punto di vista militare, disponeva di una forza di 10.000 uomini e 150 ufficiali. I cinque battaglioni turchi della guarnigione di Diarbekir, inviati per sedare la rivolta, vennero praticamente annientati: dopo pochi giorni fu dichiarato lo stato di assedio a Diarbekir, Kharpout e Urfa.

Il 26 febbraio Kharput venne conquistata dai Curdi e in breve la rivolta si estese a nord fino nella regione del Dersim e a sud fino alle porte di Diarbekir, che venne assediata il 4 marzo. L'attacco a Diarbekir venne sferrato il 7 marzo, ma i ribelli curdi non riuscirono ad espugnarla, consentendo così l'invio dei rinforzi turchi. Fallito il tentativo di conquistare Diarbekir, considerata la capitale del Kurdistan, in marzo la rivolta si estese fino a Kigi a nord, Malazgirt a est, Mardin a sud e Malatya a ovest.

L'organizzazione della repressione della rivolta era cominciata all'inizio di marzo: il governo turco, dopo aver votato la legge marziale e i Tribunali dell'Indipendenza, aveva ottenuto l'autorizzazione francese per trasportare le proprie truppe sulla linea ferroviaria di Bagdad che passava lungo la frontiera settentrionale della Siria. Per consentire lo svolgimento delle operazioni l'Assemblea dovette votare un prestito di due milioni di sterline, che sarà all'incirca il costo della repressione.

Alla fine di marzo metà dell'esercito turco bloccò tutte le vie d'uscita verso la Persia e l'Iraq, mentre l'altra metà confluì a Mardin dopo essere stata trasportata sulla ferrovia siriana. L'esercito turco, forte di oltre cinquantamila uomini bene equipaggiati e coperti dall'aviazione, in due settimane terminò il grosso delle operazioni e il 15 aprile Sheikh Said venne catturato con decine di collaboratori: nel campo base dello Sheikh c'erano ancora sani e salvi tutti i prigionieri dei cinque battaglioni di Diarbekir battuti a febbraio. Da una intervista a Feroughi Khan, ministro degli esteri persiano, si ricava che gli uomini impiegati dalla Turchia furono in tutto settantamila e che le operazioni per sopprimere definitivamente la rivolta durarono parecchi mesi.

Il 15 aprile cominciarono le esecuzioni di massa che volevano essere soprattutto "dimostrative": centinaia di civili vennero fucilati perché sospettati di aver partecipato alla rivolta e tantissimi notabili impiccati per dimostrare la fermezza del governo nella repressione. Sheikh Abdul Qadyr era stato impiccato il 18 aprile nonostante non esistessero le prove della sua collaborazione alla rivolta; stessa sorte toccò al dott. Fuad, al deputato di Bitlis, Yusuf Ziya, e ad Hassan Hairi, deputato di Dersim.

Il processo istituito a carico di Sheikh Said e di una cinquantina di suoi collaboratori si tenne davanti al Tribunale dell'Indipendenza di Diarbekir dagli inizi alla fine di giugno: lo Sheikh venne condannato a morte insieme a più di quaranta accusati. Dopo aver pronunciato la sentenza il Presidente del Tribunale si rivolse con queste parole ai condannati: "Alcuni di voi si sono associati per interessi personali mentre altri sono stati guidati da propaganda straniera e ambizione politica. Vi siete tutti battuti per lo stesso motivo, cioé la formazione di un Kurdistan indipendente. Nel provocare la ribellione che avete meditato per anni, avete lasciato la regione in fiamme. Grazie all'energica azione del governo della repubblica, la vostra rivolta reazionaria é stata immediatamente soppressa dall'esercito repubblicano e siete stati tutti catturati e portati qui a render conto in presenza della giustizia. Tutti devono sapere che il governo della giovane repubblica non tollererà la sedizione, la reazione e nessun tipo di attività criminale e con fermezza non darà né spazio ne tempo a tali crimini. L'infelice popolazione di queste regioni, che per anni é stata schiacciata dalla tirannia di Sheikh, Agha e Bey e la cui vita e le cui proprietà sono state sacrificate ai capricci di queste persone, liberate infine dal vostro cattivo potere, avanzeranno lungo la strada della prosperità e del progresso della nostra repubblica, mentre voi pagherete con la vita sul patibolo della giustizia per il sangue che avete versato e le case che avete distrutto".

Sheikh Said fu impiccato insieme agli altri condannati all'alba del 29 giugno 1925 (la stessa data in cui A. Ocalan sarà condannato a morte 74 anni dopo) a Diarbekir: oltre alle pene capitali il Tribunale ordinò che tutti i monasteri e conventi dell'Anatolia orientale (Kurdistan) venissero chiusi. Né la rivolta, né la repressione, terminarono con l'esecuzione di Sheikh Said: le operazioni di guerriglia curde continuarono ancora per mesi dalle postazioni di montagna, inaccessibili all'esercito.

Alla fine del 1925 cominciarono ad arrivare decine di migliaia di rifugiati in Iraq, di cui almeno diecimila erano cristiani dei villaggi turchi di Goyanie e Shernak e almeno il doppio erano Curdi; i profughi furono sistemati in tre diversi campi di raccolta a Zakho, Dohok e Bersevi. Già in aprile l'Unione degli Assiri di Parigi aveva inviato una nota di protesta al Foreign Office di Londra per scongiurare il massacro in atto da parte turca nei confronti dei Curdi, definiti "i nostri fratelli del Kurdistan". L'esercito turco deportò senza distinzione di sorta molti capi curdi nelle regioni più occidentali dell'Anatolia per evitare il riformarsi di nuove sacche di rivolta: la laicizzazione forzata, le deportazioni, la continua presenza dell'esercito, portarono a nuove ribellioni, come quella di Hajo Bey nella regione di Nisibin al confine con la Siria e i Tribunali continuarono ad emettere sentenze di morte anche nel 1926. Le deportazioni non risparmiarono nemmeno i "collaboratori" curdi del governo kemalista: uno di questi era proprio Hajo Bey, che dopo aver attivamente partecipato all'ultima fase della repressione della rivolta di Sheikh Said, si ribellò al governo centrale poiché minacciato di deportazione, data la sua posizione strategica al confine turco-siriano. Anche la repressione della rivolta di Hajo fu agevolata dall'impiego della ferrovia siriana per il trasporto delle truppe turche: fuggito in Siria, dove fu accolto con grandi onorificenze, Hajo divenne un attivo membro del Khoyboon, che dirigerà dall'esterno la rivolta dell'Ararat.

Quello di Hajo non fu un caso isolato: un altro esempio fu Ibrahim Agha conosciuto come Bro Heski Tello, che aveva attivamente partecipato durante alla prima guerra mondiale al fianco dell'esercito ottomano e ora, a capo delle tribù Jelali ed Heydari, aveva impedito che i ribelli di Sheikh Said sconfinassero in Persia: minacciato di deportazione, Bro Heski Tello diventò un partigiano della rivolta dell'Ararat. Molte delle tribù che a partire dal 1926 si ribellarono allo stato turco erano state a suo tempo contrarie alla rivolta di Sheikh Said, segno che non tutto il nazionalismo curdo era di natura religiosa. Comunque é proprio nella repressione della rivolta di Sheikh Said che vanno ricercate le radici della rivolta dell'Ararat, le cui operazioni saranno dirette dal comitato Khoyboon. Il terreno della più grossa rivolta curda del decennio 1920-30 era ormai pronto.