Logo


In: Home > Dossier > Conferenza "La Turchia verso l'entrata nell'UE - E i Kurdi?"

Lingue: ITA


Conferenza "La Turchia verso l'entrata nell'UE - E i Kurdi?"
GfbV e Fondazione F. Naumann, Francoforte - 6 marzo 2010

Possibili scenari per una soluzione della questione kurda

Prof. Ronald Mönch - Università di Brema

Indice

1. Esiste una "questione kurda"? | 2. C'è una soluzione per la "questione turca"? | 3. Scenari | 4. La necessità di una strategia | 5. Dove siamo? Qual'è il punto di partenza della situazione dei Kurdi in Turchia? | 6. Definizione degli obiettivi | 7. Strategie senza opzioni di obiettivi?

1. Esiste una "questione curda"? [ su ]

Prof. Ronald Mönch - Università di Brema. Prof. Ronald Mönch - Università di Brema.

Per i governi turchi dal 1925 all'inizio del XXI secolo non c'era bisogno di confrontarsi con una tale questione: i Kurdi non esistevano, perciò non si poneva nessuna "questione kurda". Era questa la posizione ufficiale che determinava la politica turca per decenni nella sua politica interna ed esterna. Più tardi non si poteva più negare l'esistenza dell'etnia kurda, ma presto si riusciva a piazzare l'argomento scomodo nella rubrica "terrorismo". Dai cittadini normali in Turchia ci si aspettava che andassero fieri di poter considerare la Turchia la loro patria.

In realtà l'esistenza dei Kurdi, il popolo più grande senza un proprio stato, è una questione bruciante che porta nel cuore del concetto di stato della Turchia moderna. La dottrina kemalista non lasciava spazio ad altre nazioni o popoli: i Kurdi, l'ultima nazione non-turca rimasta nell'ambito geografico della Turchia moderna dopo la cacciata dei greci e degli armeni, erano semplicemente ignorati. Fu questa una delle menzogne costituzionali centrali della Turchia kemalista, tenuta in piedi per quasi 90 anni. Oggi la Turchia non può più permettersi questo gioco, e quindi non si nega più l'esistenza dei Kurdi come popolo. D'altro canto i Kurdi non si presentano come "una questione" da risolvere, piuttosto la loro situazione configura una sfida specifica per lo stato di fatto di una Turchia plurinazionale. Quindi è il popolo maggioritario dei turchi a doversi chiedere come rapportarsi al carattere plurinazionale del suo stato. In altre parole: ci troviamo davanti ad una "questione turca".

2. C'è una soluzione per la "questione turca"? [ su ]

Sarebbe ingenuo credere che il mondo scientifico o organizzazioni internazionali, partiti all'interno della Turchia o, non per ultimi i Kurdi stessi, possano inventarsi una soluzione bell'e pronta. La complessità del problema richiede la massima cautela nell'offrire soluzioni. Non si tratta di risolvere un compito matematico, ma di affrontare un intreccio di processi storici, con ferite profonde soprattutto da parte del popolo da tanto tempo dominato. Si tratta di processi in continua evoluzione e quindi non possono essere "risolti" con un taglio del nodo gordiano. La parola "soluzione" suona troppo promettente e risveglia aspettative non realizzabili da nessuno. La scienza può delineare percorsi, descrivere opzioni verso un miglioramento. Spetta alle parti in conflitto scegliere il percorso più convincente, che comunque sarà continuamente corretto. Le parti in causa, comunque, devono potersi organizzare, informare, incontrare per aprire una prospettiva di trattativa.

3. Scenari [ su ]

Uno scenario è paragonabile ad un copione. C'è l'inizio, lo svolgimento della trama, la fine del film, tutto quanto descrivibile in dettaglio. Ma è difficile indicare un percorso politico unico per un problema così complesso, quindi occorre sviluppare vari scenari. Un copione può essere adattato, modificato, riscritto; non deve essere uno schema fatto di cemento armato. La descrizione e valutazione accurata dei processi in atto secondo lo scienziato sono una condizione per il successo del film, cioè di ogni operazione politica. Oggi non esiste né uno scenario sviluppato dai Kurdi dal titolo "Libertà per i Kurdi", né uno scenario proposto dai Turchi del titolo "Convivenza con i Kurdi all'interno della Turchia". Questo è senz'altro deplorevole, ma comunque chiama in causa le parti in conflitto a riconoscere gli spazi esistenti di dialogo e di trattativa.

4. La necessità di una strategia [ su ]

Quando si elabora un copione politico, destinato a consentire progressi a tutte le parti, si tratta di pianificazione strategica. Un ammiraglio tedesco, responsabile delle forze marine della Bundeswehr nell'Adriatico durante il conflitto dell'ex-Jugoslavia, una volta definì il concetto della pianificazione con una triplice domanda, cioè dove, verso dove e come:

Uno scenario di pace e emancipazione del Kurdistan turco (di seguito chiamato "province kurde") non è altro che una pianificazione strategica. A differenza dei compiti strategici complessi che i militari stendono per vincere un conflitto, la pianificazione strategica volta a consentire ai Kurdi una vita in dignità e autodeterminazione richiede una pianificazione sui generis. Un tale piano deve necessariamente coinvolgere la controparte a pari livello ed escludere una "soluzione unilaterale", cioè l'illusione di una soluzione militare o di totale assimilazione dell'avversario.

5. Dove siamo? Qual'è il punto di partenza della situazione dei Kurdi in Turchia? [ su ]

5.1 I fatti recenti dello sviluppo politico della Turchia non sono molto incoraggianti.
Alcuni esempi:

5.2 Lo sviluppo sociale nelle province kurde
L'arretratezza della politica kurda, ingessata ideologicamente nel Kemalismo che continua a puntare sulla repressione, si trova in contrasto stridente con lo sviluppo dinamico della società kurda.

5.3 Anche la società turca negli ultimi decenni si è decisamente trasformata
Di fronte ad una società kurda, stravolta e cambiata, si trova anche una società turca in continua evoluzione. Anche questo sviluppo è caratterizzato da un aumento demografico (meno accentuato), dall'urbanizzazione, da un'industrializzazione rapida e dalla diversificazione delle situazioni sociali e dei valori, ad es. rispetto agli atteggiamenti religiosi. La borghesia liberale e di sinistra nella Turchia occidentale è da sempre in difensiva e questa situazione ultimamente non è migliorata. L'economia, i consumi ed il commercio nella società turca ora occupano un ruolo sempre più forte. Con il Kurdistan meridionale (iracheno) i rapporti commerciali sono eccellenti. Centinaia di imprese turche fanno affari d'oro e non solo nel settore edile. L'intensificazione della guerra permanente dell'esercito turco contro le formazioni del PKK in questa regione disturbano gli affari. Per l'imprenditoria turca già da tanti anni i Kurdi ed il Kurdistan sono una realtà, e potrebbero benissimo arrangiarsi con un assetto statale diverso.

Ugualmente per la parte turca vale che i programmi politici che riguardano i Kurdi sono piuttosto confusi. Non c'è una linea politica chiara nei confronti dei Kurdi. Il ritmo delle elezioni parlamentari e comunali si muove non tanto in una costellazione di partiti ideologicamente divisi e con schieramenti chiaramente distinti, ma sulla scia di una tradizione politica specificamente turca. Le affiliazioni politiche personali seguono una logica di qualunquismo, quelle delle coalizioni fra le forze politiche seguono una logica di opportunismo tattico.

In quest'ottica non stupisce che l'AKP, partito più fortemente ispirato dall'etica musulmana, è comunque legato alle tradizioni anti-kurde. Anche le forze armate si trovano un una fase di trasformazione. È già trapelato che i vertici militari ritengono la guerra contro il PKK nel Kurdistan iracheno "una guerra non vincibile". Con ciò non è detto che l'esercito effettivamente spinga per una soluzione trattata, perché la guerriglia del PKK per due decenni ha contribuito a gonfiare l'apparato militare turco con tutti i suoi privilegi. Infine nel dibattito pubblico in Turchia è assente la rielaborazione della storia turca del XX secolo, impregnata dalla violenza prima del tardo impero ottomano (vittime: gli Armeni), della guerra di liberazione (vittime: i Greci) e del Kemalismo (vittime: i Kurdi). Piuttosto si provoca una crisi diplomatica con la Francia e gli USA, invece di affrontare seriamente queste responsabilità.

Perciò la Turchia resta quello stato i cui atti in maggior misura finiscono sull'agenda della Corte europea dei diritti umani. La Corte continua a condannare la Turchia per un ventaglio di discriminazioni nei confronti dei Kurdi oppure lo stato turco cerca di evitare un verdetto pagando risarcimenti per chiudere un procedimento penale. Non si osserva, non dico una rottura con l'impostazione ideologica di fondo, ma almeno dibattiti e riflessioni critiche su questo passato violento nel mondo della politica, della giustizia e delle forze di sicurezza. Quindi questi atteggiamenti possono trascinarsi avanti in piena continuità. Più critico invece il ragionamento fra le ONG per i diritti umani, nel mondo della letteratura, fra alcuni media, pubblicisti liberi ed università private.

Tutto sommato non esiste un consenso sociale-politico all'interno della società sulla necessità di congedarsi dalla menzogna costituzionale della "turchità" dello stato per poter intraprendere passi coraggiosi verso il riordinamento della struttura dello stato. Dall'altra parte non è detto che nella società turca ci sia una chiusura categorica verso ogni nuovo discorso.

La società turca, analogamente a quella kurda, è molto più differenziata rispetto i tempi paralizzanti di Atatürk, è più avanti della politica. Sono caduti alcuni tabù, si discute più liberamente di prima, ma si continua ad ammazzare, torturare, arrestare, perseguitare e vietare. Non si percepisce un bisogno marcato o addirittura una voglia di voltare pagina nei confronti dei Kurdi. A prescindere dalla dottrina del kemalismo, superata e screditata, e della politica quotidiana della conquista e del consolidamento del potere, non si riesce a riconoscere una filosofia di stato visionaria volta a raggiungere pace e riconciliazione interna. Nonostante tutte queste contraddizioni la Turchia resta un partner rispettato sul palcoscenico internazionale, un mercato molto importante, una destinazione privilegiata di investimenti esteri, un paese di grande rilievo per il transito di beni e risorse energetiche.

5.4 Valutazione
La politica turca riguardo ai Kurdi è caratterizzata dalla continuità della repressione e dalla discontinuità dei passaggi di riforma con numerosi contraddizioni. Le riforme negli ultimi anni regolarmente vengono annunciate, in qualche caso anche realizzate a malincuore, altre invece si arenano subito. Ma soprattutto non raggiungono la prassi politica quotidiana delle province kurde. La reazione del mondo politico estero a questa strana continuità può stupire: non si vuole né sentire né vedere niente di negativo dalla Turchia. È come se assistessimo ad uno spettacolo sportivo: entrano nello stadio gli atleti e si producono una serie di esercizi preliminari e piccoli show. Il pubblico applaude e parla di passi essenziali verso il raggiungimento degli standard internazionali. Poi lascia lo stadio, in cui si passa alle discipline più preferite dal pubblico locale, quelle di carattere "hard" della lotta turca fatta di repressione, divieti, violenza. Solo gli ottimisti di ferro in questa situazione continuano a dire che la situazione negli ultimi anni non sia peggiorata.

L'UE e gli USA nell'ambito della loro politica contro il terrorismo, fra il quale figura anche il PKK, ha contribuito fortemente a tener chiuse le porte a ogni dialogo. Più che palpabile sono le contraddizioni della politica occidentale confrontando la sua impostazione e le sue scelte strategiche nel caso del Kosovo e dell'Afghanistan. Sicuramente questo non è utile per creare più fiducia fra i Kurdi per affidarsi ai poteri occidentali. Quindi le circostanze generali all'interno della Turchia e a livello internazionale sono tutt'altro che incoraggianti. Una pianificazione strategica basata su un posizionamento chiaro non sembra possibile. Tuttavia sono riconoscibili alcuni profili di un possibile cambiamento che vorrei tracciare in conclusione.

6. Definizione degli obiettivi [ su ]

6.1 Obiettivi ed opzioni del movimento nazionale curdo
Per il movimento nazionale kurdo, orientato verso l'emancipazione del popolo kurdo, si offrono varie opzioni, che di seguito vorrei elencare secondo le priorità espresse dal PKK degli ultimi 30 anni, giacché nessun altra forza politica kurda è uscita con una definizione chiara dei suoi obiettivi.
Opzioni negative: basta con lo status quo. C'è un consenso generale nel movimento nazionale kurdo che le cose non possono restare come sono. È chiaro per tutti che lo status quo va superato.
Opzioni positive: qual'è quindi lo "status ad quem", cioè gli obiettivi positivi che si intende raggiungere?

Raffrontando queste tre opzioni di obiettivi positivi, ci si accorge che sono nettamente distinte, ma pure immaginabili come singole tappe lungo un'evoluzione storica. Nello stesso tempo occorre rimarcare che né strutture federative né la secessione potrebbero coprire i bisogni, i destini di milioni di Kurdi che vivono nella Turchia occidentale. Quindi occorre pensare anche a nuove forme di "autonomia culturale", a fianco di una nuova struttura territoriale dello stato.

Queste tre opzioni sono comunque tre forme astratte di inquadramento di un popolo in uno stato che deve avere tutta una serie di qualità per poter effettivamente garantire una vita migliore a milioni di Kurdi. Si tratta di opzioni complesse e parziali quali:

Ci sarebbero altre opzioni positive, accomunate dal fatto che messe insieme non compongono ancora un disegno integrale di emancipazione dei Kurdi. L'osservatore esterno non può sentirsi legittimato a sviluppare una graduatoria di obiettivi, al posto degli stessi soggetti interessati. Le opzioni ci sono e ogni tanto vengono anche nominate, ma tuttora manca un confronto serio fra tutti gli interessati sul piano sia teorico sia di contenuti pratici con tutti i suoi pro e contro.

6.2 L'assenza di opzioni turche per la fine della repressione e l'emancipazione dei Kurdi
Il governo turco finora non si è profilato con lo sviluppo di scenari interessanti per cambiare politica nei confronti dei Kurdi. Le elite del paese sono tuttora convinte che il centralismo ed il kemalismo siano l'opzione appropriata per mantenere l'unità del paese e per garantire il suo sviluppo. Non si entra neanche nel merito delle rivendicazioni delle forze politiche kurde. Perciò, la parte kurda fatica moltissimo a trovare un proprio approccio programmatico e ad entrare in un dialogo costruttivo. Tutti i tentativi di alcuni segmenti del movimento nazionale kurdo per avviare un dibattito sono passati in sordina o comunque finiti in un cassetto senza la minima attenzione ufficiale per non parlare di attenzione internazionale. Già non si conta il numero di tregue unilaterali proclamate dal PKK con l'invito alla trattativa.

Questo atteggiamento del governo turco, in fondo, contraddice lo stesso kemalismo: quest'ideologia rivendica un certo dirigismo dell'economia ai fini dello sviluppo integrale di tutte le regioni ereditate dall'impero ottomano. Il totale abbandono del Sudest del paese, la rinuncia sistematica a sviluppare circa un terzo del territorio statale - a prescindere dalle risorse energetiche di cui la parte occidentale ha bisogno - non è mai stato compatibile con l'ambizione kemalista di assumersi la responsabilità per tutto il paese. Perfino laddove la costruzione di grandi dighe consente l'irrigazione su vasta scala, non si presenta un'iniziativa statale sistematica per sviluppare l'agricoltura delle province kurde.

6.3 L'assenza di opzioni all'estero
Le posizioni europee ed americane, gli autoproclamati "amici della Turchia", sono analoghe a quelle turche. L'unica opzione chiaramente riconoscibile è l'appoggio per contrastare militarmente il PKK. Le cause e gli effetti del conflitto restano semplicemente fuori dal discorso. Per non inimicarsi l'alleato NATO e garantire le basi aeree e gli investimenti il PKK è messo fuorilegge, nell'elenco delle organizzazioni terroriste. L'estero ha perso le simpatie e la fiducia fra la popolazione kurda e lo stesso movimento nazionale kurdo non si trova impegnato in un dialogo positivo con il mondo esterno. Anche l'ONU e altre grandi istituzioni internazionali non si sono ancora fatte avanti. Il Kurdistan per il mondo esterno resta una terra incognita.

7. Strategie senza opzioni di obiettivi? [ su ]

Se non ci si confronta seriamente con i possibili obiettivi, neanche si può pensare a delle strategie. Tuttavia mi azzardo ad indicare dei momenti essenziali per le strategie future.

Una cosa va puntualizzata: non esiste un vero e proprio "scenario" per l'emancipazione kurda. Mancano obiettivi chiari e condivisi e perciò anche le strategie corrispondenti. In un approccio classico al problema nessuna parte sta offrendo copioni utili. I motivi per questa carenza sono vari. Nonostante questa assenza di concetti, di strategie, di indicazioni di regia, possiamo osservare un affascinante movimento dei Kurdi sia nelle loro province, sia da quelle parti della Turchia in cui sono emigrati, non da ultimo nella città in cui vive il maggior numero di Kurdi in un posto, cioè Istanbul. Questo movimento ha migliaia di teste e di cuori, viene continuamente represso e ostacolato, in una forma così massiccia che in Europa neanche ci immaginiamo. Oppure è possibile immaginarci un paese membro dell'UE le cui carceri siano piene di attivisti di uno dei maggiori partiti democratici?

Ma il movimento nazionale kurdo della Turchia finora da ogni battaglia persa è uscito rafforzato, nonostante enormi ostacoli i Kurdi sono entrati a giocare un ruolo molto attivo anche a livello parlamentare. La loro entrata in scena è inarrestabile. Perciò uno scenario kurdo comunque sta emergendo. Si nutre della volontà con tutti i sacrifici che ciò impone, di emanciparsi dall'oppressione turca, di affrancarsi dalla subalternità di classe inferiore (il ministro degli interni di Atatürk ha attribuito ai Kurdi il ruolo di "servi dei Turchi", una posizione mai ufficialmente smentita dai governi turchi), la liberazione dall'arretratezza economica-sociale e culturale.

Questo scenario "materiale" in forma embrionale ha preso forma già negli anni '50. Oggi il movimento nazionale kurdo può fare tesoro dell'esperienza e dell'emozionalità di due generazioni. Un periodo sufficiente per costruire eroi che ispirano forza e capacità di resistenza. Il governo turco non potrà più ignorare e ribaltare questa volontà fra i Kurdi. Lo scenario kurdo è quindi un copione di azione, non legato a teorie, flessibile, alimentato da esigenze pratiche, fantasioso e spontaneo, sempre in fase di ricostruzione. Questo copione riflette un movimento di liberazione profondamente radicato nella popolazione kurda. Chi se ne occupa da vicino, rimarrà fortemente impressionato.