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I Masiri

I "Berberi" d'Algeria

A cura dell'Associazione per i popoli minacciati. Testi: Mohamed Tilmatine, Akli Kebaili, Ulrich Delius.
Traduzione: Peter Defranceschi e Alessandro Michelucci, Bolzano, febbraio 1998.

Donna masiraINDICE

>>> A. Ulrich Delius - I Berberi: una lotta per la democrazia e i diritti umani
1. Chi sono i Berberi? - 2. Discriminati e perseguitati - 3. L'arabofilia del governo - 4. Terrore e controterrore - 5. I Berberi garantiscono uno sviluppo democratico

B. Mohamed Tilmatine - Il movimento masiro ("berbero") in Algeria tra scissione ed integrazione

I. Introduzione

II. La cultura ed il commercio
1. I territori e dati demografici - 2. La lingua masira - 3. La struttura commerciale

III. Il punto di vista arabo-islamico sullo stato nazionale
1. La politica linguistica sotto il dominio coloniale francese - 2. I fondamenti ideologici dell'Algeria dopo il 1962 - 3. L'unità nazionale fondata sulla religione - 4. Le conseguenze dell'arabizzazione

IV. La lotta per l'autonomia culturale
1. La crisi berbera del 1949 - 2. La ribellione cabila del 1963 - 3. La rivolta del 1980

V. Il movimento culturale masiro
1. La prima organizzazione masira nell'esilio - 2. La nascita del movimento culturale masiro - 3. La fondazione del partito RCD - 4. La riforma e la scissione dell'MCB

VI. I Masiri e i diritti umani
1. La posizione algerina sulla questione sulle minoranze - 2. La persecuzione "legale" - 3. Contro gli attivisti dei diritti umani - 4. L'attuale situazione dei diritti umani

VII. Quale futuro?
1. Un'occasione per la repubblica? - 2. I frutti della propaganda arabo-islamica - 3. Rottura o integrazione?

C. Akli Kebaili - I Masiri dell'Nordafrica sotto la pressione della politica araba
Appendice: - Gli autori - Cronologia - L'Associazione per i popoli minacciati

suUlrich Delius
I "BERBERI": UNA LOTTA PER LA DEMOCRAZIA E I DIRITTI UMANI

Nell'ottobre del 1994, in Algeria, 100.000 Berberi protestavano contro la violazione dei diritti umani e chiedevano il rilascio del cantante pop Lounes Matoub. L'artista, molto impegnato nel movimento per i diritti dei Berberi, era stato sequestrato il 25 settembre da estremisti musulmani del GIA (Gruppo Islamico Armato) che lo avevano immediatamente condannato a morte. Con uno sciopero generale che paralizzò la vita quotidiana nella Cabilia, la regione dove vive il maggior numero dei berberi, chiedevano l'immediato rilascio di Matoub.

In effetti, il cantante fu liberato due settimane dopo. Matoub è sopravvissuto al suo sequestro, ma dal 1992 in poi innumerevoli Berberi sono state vittime di attentati terroristici. I sei milioni di Berberi, pur rappresentando soltanto il 20% della popolazione totale, sono il bersaglio preferito degli estremisti musulmani, perché sono una delle forze motrici del rinnovamento democratico cominciato negli anni ottanta.

Oggi i principali esponenti dell'opposizione sono Berberi: Hocine Ait Ahmed, segretario generale del "Front des Forces Socialistes" (FFS), di tendenza socialdemocratica, così come Said Sadi, presidente del "Rassemblement pour la Culture et la Démocratie", si batte per un'Algeria democratica e laica, in cui non c'é posto per un movimento fondamentalista che si prefigge di realizzare una repubblica islamica. Molti Berberi sono attivi nel movimento democratico, perché temono che un'ulteriore islamizzazione dell'Algeria possa distruggere la loro cultura.

su1. Chi sono i Berberi?
Prima dell'invasione araba i Berberi costituivano la popolazione indigena del Nordafrica. Oggi, invece, vivono soprattutto in Marocco ed Algeria. Il loro nome deriva dal greco "barbaroi", che significa "estranei". Loro stessi, invece, si definiscono "Masiri", cioè "uomini liberi". I più noti sono i Tuareg e i Cabili, che insieme costituiscono i due terzi della popolazione berbera dell'Algeria. I berberi hanno alle spalle una storia millenaria, e la loro dispersione su territori vastissimi ha favorito il formarsi di una lingua con grandi varietà dialettali. Una lingua che si distingue nettamente dall'arabo e che cerca di resistere all'assimilazione promossa dagli arabofoni, che negano l'esistenza stessa di una cultura berbera.

su2. Discriminati e perseguitati
Per quasi tre decenni i Berberi della Cabilia (Algeria settentrionale) si opposero al colonialismo di Parigi, dopodiché nel 1830 l'Algeria fu ufficialmente dichiarata colonia francese. I Berberi cercarono di conservare le terre che venivano via via invase dai coloni, ma invano. Alla fine del 1800 la Francia cominciò a sottolineare le differenze che esistono fra Arabi e Berberi. Fedele al motto "divide et impera" favorì gli scontri fra i due popoli, privilegiando sistematicamente gli Arabi. I Berberi speravano che un'Algeria indipendente avrebbe finalmente riconosciuto i loro diritti culturali: questo spiega perché tanti sono stati attivi nel movimento indipendentista "Front de Libération Nationale" (FLN, Fronte di Liberazione Nazionale).

Nel 1962 l'Algeria ottenne l'indipendenza, ma la cultura berbera non registrò progressi significativi. L'FLN, divenuto partito unico, optò per l'arabizzazione e dichiarò l'arabo lingua ufficiale. Perfino nella Cabilia le autorità si rifiutarono di riconoscere il berbero come lingua ufficiale. Le canzoni, le pubblicazioni e i film in tamazight (la lingua berbera, ndt), così come le trasmissioni radiofoniche e televisive, furono proibite. Quando nel marzo del 1980 venne proibita la conferenza di uno scrittore sulla letteratura berbera, migliaia di cabili scesero in piazza per protestare contro la limitazione della libertà di opinione. Centinaia di manifestanti vennero arrestati e rinchiusi in prigione: alcuni ci restarono ben tre anni.

L'onnipotente FLN non aveva la minima intenzione di riconoscere il carattere pluriculturale dell'Algeria. Gli sforzi dei Berberi per conservare la loro cultura venivano quindi ostacolati: i militanti del movimento culturale venivano intimiditi con interrogatori ed arresti arbitrari, gli artisti venivano trattenuti in cella d'isolamento, gli studenti venivano esclusi dalle lezioni e agli attivisti venivano negati i passaporti in modo che non potessero espatriare. Nel giugno del 1985, quindi, alcuni cabili fondarono la "Lega per i diritti umani". Dopo neanche due settimane il consiglio direttivo di questa Lega venne arrestato con motivazioni pretestuose. Nel dicembre dello stesso anno 1985 23 dei 40 fondatori vennero condannati per "minaccia alla sicurezza dello stato" a pene detentive da sei mesi a tre anni. Secondo alcune testimonianze, in certi casi la polizia era ricorsa alla tortura.

su3. Il governo strizza l'occhio ai fondamentalisti islamici
Mentre i Berberi si battevano per il riconoscimento della loro cultura e per la democratizzazione dell'Algeria, la popolazione maggioritaria non desiderava tanto l'arabizzazione promossa dallo stato, quanto piuttosto la netta separazione fra stato e religione. Molti algerini non capivano perché dovesse spettare proprio al FLN il diritto di nominare la guida spirituale del paese. Negli anni Ottanta, i movimenti Berberi trovarono sempre più sostegno nella popolazione, rischiando così di compromettere il primato del FLN, delle forze armate e della potente élite corrotta, tanto è vero che i principali esponenti del movimento berbero furono arrestati a più riprese. Successivamente coloro che detenevano il potere decisero di indebolire il movimento democratico favorendo i musulmani. L'Algeria fu infatti il primo stato del Maghreb a riconoscere il partito dei fondamentalisti islamici. Nell'ottobre del 1989 venne riconosciuto legalmente il "Front Islamique du Salut"(FIS), mentre per i movimenti democratici era assai difficile acquistare un riconoscimento analogo. Il FIS poté organizzarsi sull'intero territorio algerino e pubblicare un giornale. Soltanto dopo il suo successo alle elezioni parlamentari nel dicembre del 1991, le autorità si resero conto di averlo sottovalutato.

su4. Terrore e controterrore
L'annullamento del primo turno elettorale e la messa al bando del FIS scatenarono una spirale di violenza che pareva crescere a dismisura, e che ad oggi (1997) ha già fatto oltre 60.000 vittime. Inizialmente gli estremisti arabi del GIA ed altri gruppi terroristici ammazzavano soprattutto appartenenti alle forze dell'ordine, dipendenti statali e giudici. Successivamente cominciarono ad uccidere anche scrittori, professori, artisti, giornalisti, medici, insegnanti ed avvocati e perfino stranieri. Buona parte delle vittime non erano uomini di governo, ma semplici cittadini che si impegnavano per la democratizzazione del paese. Negli ultimi tempi, poi, si sono fatti sempre più frequenti gli assalti ai villaggi della Cabilia (Algeria settentrionale). Per questo gli abitanti hanno formato dei corpi di autodifesa. Dal canto loro, le forze dell'ordine reagiscono contro gli estremisti con durezza spietata. I presunti terroristi vengono fucilati, ed i simpatizzanti muoiono spesso in un bagno di sangue.

Ormai in Algeria infuria la guerra civile. Dal 1992 in poi, sono morte oltre 60.000. Le prime vittime sono i civili, e in particolare coloro che si battono per la democratizzazione del paese. Né il governo ne l'opposizione armata vogliono una democrazia parlamentare che garantisca il pieno rispetto dei diritti umani. Ciò che ostacola maggiormente la democratizzazione è la rigidità del sistema politico, che preferisce un'amministrazione centralizzata e nega la pluralità etnica. Ma i Berberi non possono aspettarsi niente di buono neanche dalla teocrazia proposta dal FIS. I Berberi preferiscono uno stato laico, perché gran parte della loro cultura è inconciliabile con la vecchia tradizione musulmana.

su5. I Berberi garantiscono lo sviluppo della democrazia
I due partiti d'opposizione più importanti, l'FFS e RCD, i cui presidenti sono d'origine cabiliana, vorrebbero indicare all'Algeria una terza via che rifiuta al tempo stesso la violenza del governo e quella degli estremisti. L'FFS cerca un largo consenso tra tutti i partiti dell'opposizione. Il 13 gennaio 1995, a Roma, dopo trattative con il FIS ed altri cinque partiti, l'FFS ha firmato una dichiarazione con la quale si rivolgeva al governo dichiarandosi disponibile per una composizione pacifica del conflitto.

Il CD, dal canto suo, rifiuta di trattare con il FIS, perché lo ritiene responsabile dell'atmosfera di terrore e perché i Berberi non possono aspettarsi niente di buono dal fondamentalismo islamico. Da un lato RCD e FFS si vedono come partiti nazionali, che intendono difendere gli interessi della popolazione arabofona. Dall'altro lato non vogliono perdere gli elettori tradizionali della Cabilia e si battono per il riconoscimento della loro lingua e cultura. Ambedue i partiti possono mobilitare migliaia di Cabili, come hanno dimostrato le grandi manifestazioni per i diritti umani e per la conservazione della cultura berbera organizzate nel 1994. Finora c'è solo una piccola minoranza che chiede l'autonomia territoriale per i Berberi. Ma esiste anche un rischio: se il FIS dovesse iniziare a trasformare l'Algeria in uno stato teocratico, è scontata la radicalizzazione della reazione berbera.


Ultimo agg.: 4.2.2004 | Copyright | Motore di ricerca | URL: www.gfbv.it/3dossier/masiri/masiri.html | XHTML 1.0 / CSS | WEBdesign, Info: M. di Vieste
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