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Siberia: la stanza dei tesori della Russia

Nello spirito dei cercatori d'oro: l'oro e i diamanti fanno concorrenza al petrolio e al gas. E accelerano la distruzione ambientale e le violazioni dei diritti umani

Di Yvonne Bangert

Bolzano, Göttingen, 15 febbraio 2006

Il gas e il petrolio sono i prodotti d'esportazione della Russia più conosciuti, grazie ai quali anche i nostri salotti restano caldi in inverno. Ma nel mercato mondiale dell'oro e dei diamanti, la Siberia, camera dei tesori della Russia, è già tra i maggiori venditori. L'estrazione dell'oro ha in Russia una secolare tradizione. Due terzi delle riserve aurifere si trovano in Siberia e nell'estremo oriente del paese, il 40% della produzione aurifera avviene nella Repubblica di Sakha (Jacuzia), che eccelle anche nella produzione di diamanti. Ma la regione più produttiva nella produzione di oro è certamente l'Oblast di Magadan dove nel 2002 sono state estratte 33,5 tonnellate di oro, seguita da Krasnojarsk (29,3 tonnellate) e da Sakha/Jacuzia (17,5 tonnellate).

L'Oblast di Magadan si trova nella Siberia nordorientale, sul mare di Okhotsk. Il clima subartico varia tra i -38°C in inverno e i +16°C della breve estate. Oltre all'oro, nella regione si registra la presenza anche di giacimenti di argento, stagno, volframio, mercurio, rame, antimonio, carbone, petrolio e torba. Ci sono circa 2.000 aree di estrazione, nelle quali si lava l'oro, 100 miniere di oro e 48 giacimenti di minerale argentifero. Il quotidiano russo Kommersant stima che le riserve aurifere dell'Oblast di Magadan siano circa 4.000 tonnellate. Dei 179.000 abitanti del distretto amministrativo, circa 99.800 vivono nella capitale Magadan, fondata nel 1939 come posto di transito per chi era condannato ai lavori forzati nella miniera d'oro di Kolyma. La regione è infatti tristemente famosa per i molti gulag istituiti sotto Stalin. Il secondo più importante ramo industriale è quello della pesca. Ma è proprio la pesca a fare le spese dell'inquinamento dovute al cianuro, al mercurio e ad altri metalli pesanti liberati nelle acque con la lavorazione dell'oro.

Le infrastrutture create per i lavoratori delle miniere d'oro (costruzione di città e strade, luoghi di divertimento, prostituzione e diffusione dell'alcol, ecc.) intervengono pesantemente nelle condizioni di vita delle popolazioni indigene di Magadan. Evenchi, Koriachi e Itelmeni continuano a vivere della pesca, dell'allevamento delle renne e della caccia alla selvaggina. Con l'estrazione aurifera e le conseguenze che ne derivano, gli animali hanno però cambiato le proprie rotte migratorie e abitudini, e per i cacciatori indigeni sono sempre più difficili da trovare e da raggiungere. Per separare l'oro dalla pietra comune si utilizza anche il cianuro , i cui residui inquinano le acque della regione.

Mandria di renne dei Sami Le popolazioni indigene che vivono nelle vicinanze delle miniere ricevono solo scarse informazioni sui danni ambientali e le relative conseguenze per i settori produttivi di cui vivono, e non hanno nessun diritto a intervenire sulle decisioni riguardanti nuovi progetti minerari. Nessuno sembra sentirsi responsabile delle miniere abbandonate. Queste infatti non vengono bonificate e i loro residui inquinanti giungono incontrollati nel terreno e nelle falde acquifere. O peggio ancora, sull'area delle miniere abbandonate vengono istituiti depositi per i rifiuti speciali, com'è stato fatto p.es. nell'area dell'ex-miniera di oro Karemkin nella regione di Khasyn Raion. Nonostante tutti i nuovi progetti minerari si avvalgano della partecipazione di partner internazionali, che dovrebbero conoscere bene le regole internazionali, la cittadinanza non ha quasi nessuna possibilità di essere coinvolta nella progettazione e di fungere da istanza di controllo sulle imprese minerarie.

L'industria mineraria necessita di un'impressionante estensione di terra. Vista la diminuzione del contenuto di oro nella roccia, le miniere sotterranee non sono più redditizie e aumentano quindi le miniere a cielo aperto. Le nuove miniere, come quella che a partire dal 2010 verrà istituita per lo sfruttamento dei giacimenti di oro di Natalkinskoje vengono infatti concepite fin dall'inizio a cielo aperto. E' previsto che la futura miniera di Natalkinskoje funzioni per circa 50 anni e produca più di 1.080 tonnellate di oro. "L'area di cui avrà bisogno sarà di circa 10 km2. Attualmente sul posto ci sono ancora le vecchie installazioni di una miniera sotterranea e un villaggio, ma presto dovrebbero già essere lavorati annualmente 40 milioni di tonnellate di minerale metallico. Ciò corrisponde a una lavorazione quotidiana di 200.000 tonnellate di roccia che contengono 1,7 grammi di oro per metro cubo" (agenzia stampa RIA Nowosti, 4 luglio 2005).

La crescente perdita di terreni minaccia il tradizionale stile di vita dei popoli indigeni. Nel nord della regione di Magadan la maggioranza della popolazione è costituita da Eveni, Koriachi e Itelmeni che vivono di caccia, allevamento di renne e pesca. La miniera d'oro di Kubaka, che con una produzione annua di 14 tonnellate di oro è il secondo produttore d'oro della Russia, si trova proprio nel loro territorio. Gestore della miniera è la Omolon Mining Company, di cui il 98% è di proprietà della canadese Kinross Gold Corporation. Gli introiti della miniera di Kubaka (in funzione fin dal 1997) forniscono la metà del bilancio annuo della regione di Magadan. La miniera, che è raggiungibile via terra solo per 4 mesi all'anno su una pista ghiacciata, dispone di due piste di atterraggio per i rifornimenti dei minatori.

L'organizzazione ambientale statunitense Pacific Environment è da sempre molto critica nei confronti della miniera di Kubaka e accusa i gestori di violare diversi standard internazionali sulla salvaguardia dell'ambiente (http://www.pacificenvironment.org/article.php?id=171). La Pacific Environment denuncia p.es. la pessima manutenzione delle vasche per i residui minerari che permettono la fuoriuscita delle acque residue contenenti cianuro. I gestori hanno anche calcolato male le quantità medie di precipitazioni, le vasche risultano troppo piccole e in caso di piogge consistenti queste traboccano rovesciando il loro contenuto velenoso nell'ambiente e avvelenando il fiume Kubaka. Non esistono piani o programmi di risanamento per quando la miniera verrà chiusa ed è più che probabile che anche questa miniera verrà semplicemente abbandonata con tutti i suoi residui inquinanti. Sembra che la Omolon Mining Company abbia promesso alle popolazioni indigene residenti un cospicuo risarcimento per i danni subiti, ma i soldi ancora non si sono visti. Se dovesse risultare veritiera la notizia trasmessa dall'agenzia RIA Nowosti (22 novembre 2005), secondo la quale d'ora in avanti anche i privati potranno cercare oro (finora ciò era permesso solo alle imprese), allora è prevedibile che la regione sarà inondata da un vero e proprio esercito di cercatori d'oro di fortuna, i cui comportamenti nei confronti delle popolazioni indigene e dell'ambiente risulterebbero del tutto incontrollabili.

Anche l'economia della Repubblica di Sakha è caratterizzata dall'attività mineraria. Le miniere di Sakha sfruttano soprattutto oro, diamanti e minerale di ferro. La repubblica di Sakha, grande quanto l'India, è meglio conosciuta con il nome ufficiale russo di Jacuzia. Il maggior insediamento di Sakha è Jakutsk. La repubblica è ufficialmente riconosciuta come tale dal 1992 e sottostà alla giurisdizione della Federazione Russa. La popolazione è molto giovane (la media è di trent'anni) ed è principalmente costituita da Russi (50,3%), Sakha/Jacuzi (33,4%) e Ucraini (7%). Nel 2002 la Repubblica contava una popolazione di circa 950.000 persone (wikipedia.org). Le lingue ufficiali sono il russo, il sakha/jucuzo, ma a Sakha vivono anche Evenchi, Eveni, Tatari, Buriati, Jucagiri e Ciukci. I popoli indigeni sono per tradizione cacciatori, pescatori e allevatori di renne.

Il 99% delle scorte di diamanti della Russia - oltre il 13% dei giacimenti mondiali - si trovano in Sakha. Infatti il 90% della produzione di diamanti e il 40% della produzione di oro della Russia è realizzato nella Repubblica di Sakha. Nel 2003 il 20% della produzione mondiale di diamanti proveniva dalle miniere di Sakha e nel 2004 la Russia è stata il secondo produttore mondiale di diamanti con un valore pari a 1.470 milioni di dollari USA. Il maggiore produttore russo, con una partecipazione del 97,3%, è l'impresa statale Alrosa (Almazy Russii-Sakha/Diamanti dalla Russia e da Sakha). Le riserve russe sono talmente grandi che l'attuale produzione di diamanti può essere mantenuta allo stesso livello per almeno altri 25 anni. Un giacimento già sfruttato è quello che si trova sul fiume Viliui, nella regione di Viliui-Sakha. Nel 1949 furono trovati dei diamanti nel Viliui e nel 1955 iniziò lo sfruttamento dei giacimenti nelle miniere di Mir e Udachnyi.

Fino al 2001, anno in cui fu chiusa, la miniera di Mir era a livello mondiale la più grande miniera di diamanti a cielo aperto. Nei tempi dell'Unione Sovietica la tutela ambientale non godeva certo di grande importanza e per garantire l'enorme fabbisogno di energia legato al funzionamento delle miniere fu costruita la prima centrale idroelettrica su terreno permafrost. La centrale ha completamente sconvolto l'equilibrio idrico di tutta la regione. A valle della diga l'acqua è più fredda di quanto fosse prima e pesci come il salmone e lo storione, che prima popolavano i fiumi, sono diventati una rarità. A farne le spese sono ovviamente i pescatori della zona. Per la creazione del lago artificiale è stato necessario inondare una zona di 356.000 acri di pascolo e un villaggio in cui vivevano 600 Sakha. Il processo di decomposizione della vegetazione sott'acqua libera rame e fenolo che avvelenano il Viliui ogni volta che viene svuotato il bacino artificiale.

Lo stesso discorso vale per il tallio usato per separare i diamanti dalla roccia. L'unico modo per contrastare la distruzione ambientale e della base esistenziale della popolazione indigena, è quello di rendere partecipi gli indigeni per ogni decisione che riguarda l'attività mineraria e devono avere la giusta parte degli introiti derivanti da questa attività. Solo così la popolazione indigena potrà crearsi forme economiche alternative. Le imprese internazionali che partecipano allo sfruttamento dei giacimenti devono poi adempiere agli stessi obblighi in vigore nei loro paesi. La Russia infine deve finalmente ratificare la Convenzione ILO 169 e adempiere agli obblighi internazionali contratti relativi alla tutela dell'ambiente e dei diritti umani delle popolazioni indigene.

Da pogrom-bedrohte Völker 235 (1/2006)


Vedi anche:
* www.gfbv.it: www.gfbv.it/2c-stampa/2006/060322it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2005/050808it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2005/050120it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/03-1/030414it.html | www.gfbv.it/3dossier/siberia/indsibit.html | www.gfbv.it/3dossier/siberia/klima2006-it.html | www.gfbv.it/3dossier/siberia/sibirien-it.html | www.gfbv.it/3dossier/siberia/sib-jamal-it.html | www.gfbv.it/3dossier/siberia/sakhal-it.html | www.gfbv.it/3dossier/siberia/sibiri-it.html

* www: www.indigenous.ru | www.raipon.org | www.pacificenvironment.org/article.php?id=217 | www.globalresponse.org | www.npolar.no/ansipra/english/index.html | www.ilo.org/ilolex/english/newratframeE.htm | www.ilo.org

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