Logo


In: Home > News > Crisi in Libia: Sanzioni contro la Libia subito - Avviare indagini per i crimini contro l'umanità!

Lingue: DEU | ITA


Crisi in Libia: l'Europa si rivela tigre dai denti di carta

Sanzioni contro la Libia subito - Avviare indagini per i crimini contro l'umanità!

Bolzano, Göttingen, 24 febbraio 2011

Profughi respinti in Libia nel porto di Tripoli. Foto: CIR. Profughi respinti in Libia nel porto di Tripoli. Foto: CIR.

L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) accusa l'Unione Europea di completo fallimento nella gestione della crisi in Libia. Per l'APM, l'Europa è un colosso burocratico che fa molto rumore ma di fatto è incapace di agire. Se l'UE vuole essere presa sul serio come forza politica a livello internazionale deve andare oltre la semplice evacuazione dei suoi cittadini dalla Libia. Ogni giorno che passa senza che l'Europa assuma una chiara posizione e chiare sanzioni contro il regime di Gheddafi aumenta anche il pericolo, tanto proclamato dai vari ministri europei, di un esodo di profughi. Infatti, ancora una volta i ministri degli esteri dei paesi europei non sono riusciti a trovare un accordo su possibili sanzioni e hanno delegato il compito ad appositi gruppi di lavoro.

L'APM chiede l'immediata istituzione di una commissione d'indagine internazionale che chiarisca se, in quale entità e da chi sono stati commessi crimini contro l'umanità e gravi violazioni del diritto internazionale dei popoli in Libia. L'Europa deve insistere per una nuova seduta speciale del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che possa decidere l'istituzione di tale commissione. La commissione a sua volta potrebbe svolgere importanti indagini in vista dell'avvio di indagini da parte della Corte Penale Internazionale.

Successivamente all'ultima seduta di crisi del Consiglio di Sicurezza dell'ONU sulla Libia testimoni oculari hanno raccontato di nuove e massicce violazioni dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza libiche e di mercenari assoldati. Uccisioni arbitrarie di autisti di ambulanze e di medici, spari da aerei mirati sui civili, massacri di soldati che si rifiutano di sparare ai manifestanti, stupri sistematici di oppositrici al regime - tutto sta indicare che siamo di fronte a violazioni deliberate ed organizzate del diritto umanitario internazionale e di crimini contro l'umanità.

L'APM critica fortemente la posizione dell'Italia, di Malta e di Cipro che stanno di fatto ostacolando un'azione unitaria dell'UE. E' comunque scandaloso che l'Europa si faccia bloccare proprio da chi, come il premier italiano Silvio Berlusconi, intrattiene rapporti imprenditoriali personali con il clan Gheddafi. Attraverso un'impresa affiliata registrata in Lussemburgo la Fininvest di Berlusconi possiede il 22% della produttrice cinematografica parigina Quinta Communications, a cui partecipa per il 10% anche il clan Gheddafi attraverso un'impresa familiare Lafitrade Holdings BV registrata nei Paesi Bassi. Il clan Gheddafi possiede inoltre azioni della maggiore banca italiana Unicredit, dell'impresa automobilistica FIAT, dell'ENI, del gruppo industriale Finmeccanica, che tramite Alenia Aeronautica è azionista anche della costruttrice di velivoli militari Eurofighter, della società calcistica Juventus e di diverse altre imprese.

Per contro l'Italia è il principale fornitore di armi alla Libia: al regime di Tripoli sono stati venduti aerei e veicoli terrestri, sistemi missilistici e sistemi di protezione e sicurezza per un mercato di 93 milioni di euro nel 2008 e 112 milioni nel 2009. Soprattutto dopo la notizia dei raid aerei contro i manifestanti è più che plausibile che i massacri compiuti dal regime Gheddafi siano stati compiuti anche con l'utilizzo di armi italiane.