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Rom

Rappresentanza, partecipazione e organizzazione politica dei Rom
Profili comparati

Bianca Therese Guarino

INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO UNO
1.1. Meccanismi internazionali di tutela dei diritti politici delle minoranze
1.2. Strumenti e organizzazioni internazionali dedicati specificamente alla promozione dei diritti politici dei Rom

CAPITOLO DUE
2.1. Mobilitazione politica e organizzazioni rom
2.2. Leadership
2.3. Media e comunicazione
2.4. Risorse finanziarie
2.5. Recenti prospettive paneuropee dell'organizzazione zingara: l'Unione Internazionale dei Rom e i suoi critici

CAPITOLO TRE
3.1. Le forme della mobilitazione politica dei Rom
3.2. Rappresentanza
3.3. Comportamento elettorale
3.4. Partecipazione ovvero società civile
3.5. Conflittualità e rivalità tra politica e società civile

CAPITOLO QUATTRO
4.1. Il sistema di autogoverno nazionale e locale e la rappresentanza politica dei Rom in Ungheria
4.2. I diversi destini della politica zingara alla dissoluzione della Federazione: il contesto ceco e l'evoluzione slovacca
4.3. Rappresentanza politica costituzionalmente garantita e i Rom in Romania
4.4. Ostacoli costituzionali e strutturali alla mobilitazione politica zingara in Bulgaria

CONCLUSIONI

BIBILIOGRAFIA

RISORSE WEB


INTRODUZIONE [ su ]

La concezione moderna di democrazia riposa sul principio rappresentativo. La necessità di organizzarsi affinché i propri interessi acquistino lo spessore di correnti politiche, le quali diano forma alla collettività e peso alle sue diverse voci, è immanente al sistema. I principi di libertà ed uguaglianza della Rivoluzione francese postulano la partecipazione del singolo alle procedure e alla responsabilità delle decisioni politiche e vengono estese oggi anche alla corrispondente parità tra le nazioni, cioè i gruppi etnici, che concorrono alla formazione della collettività sociale. Il diritto alla partecipazione e alla rappresentanza politica rientra tra i diritti civili fondamentali. Ora, il diritto fondamentale di ognuno spetta naturalmente anche agli appartenenti alle minoranze. I diversi gruppi etnici minoritari, infatti, hanno certamente in comune con la maggioranza nazionale alcuni interessi generali. Tuttavia, oltre a questi, essi sono portatori di molti altri interessi, come il riconoscimento della propria identità, la non discriminazione e la parità di opportunità, la cui importanza è per loro esistenziale e il cui trattamento presenta problemi particolari. Per questo essi devono essere gestiti direttamente dai loro titolari e tale possibilità non può essere loro negata. La risoluzione di questioni basilari per le minoranze al di sopra delle loro teste ad opera di terzi è profondamente antidemocratica e contraddice il principio di sussidiarietà.

Nel corso del processo di affermazione della democrazia, i gruppi minoritari hanno chiesto sempre più spesso la parola, hanno espresso la loro richiesta di partecipazione e, in qualche misura, l'hanno anche realizzata. I Rom sono stati recentemente definiti una "Nazione senza territorio". Questa minoranza si identifica in una complessa categoria, costituita di un gran numero di comunità anche molto diverse tra loro, originarie dell'India e approdate in diversi Paesi d'Europa a partire dal XI secolo d.C. . Esse condividono lingua, cultura, storia e una tradizione nomade progressivamente abbandonata a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Le stime più accreditate riflettono una presenza numerica rom nel nostro continente di circa 8 milioni, sei dei quali nella sola Europa Centro Orientale. Questi dati tendono tuttavia ad essere largamente imprecisi a causa delle migrazioni, della disomogeneità della comunità e in alcuni casi della riluttanza ad identificarsi come Rom.

La cultura zingara ha vissuto storicamente e vive tuttora una frizione profonda con i valori e le concezioni occidentali. Nonostante il progressivo adattamento, in parte indotto in parte spontaneo, per molti aspetti essa vi rimane tuttora inequivocabilmente estranea. Questo popolo detiene due tragici primati: quello del meno integrato e del più perseguitato d'Europa. La maggior parte della popolazione vive una situazione di emarginazione, povertà, persecuzione, analfabetismo, ghettizzazione, nonché una condizione sanitaria altrimenti sconosciute nell'Europa moderna. La progressiva presa di coscienza di ciò e la crescente consapevolezza che l'impegno per la risoluzione della "questione zingara" avrebbe avuto riflessi positivi sulla vita dell'intera collettività, hanno portato le organizzazioni internazionali impegnate sul fronte dei diritti umani e i governi nazionali a dedicare sempre maggior interesse a questo argomento. Inoltre, se la logica di assimilazione e la concezione dei Rom come un problema principalmente socio-economico è stata lentamente abbandonata per abbracciare, a partire dal 1989, una politica di riconoscimento e rinnovato rispetto, ciò è avvenuto anche per merito della nascita di organizzazioni rom e dell'influenza sui governi nazionali di organizzazioni internazionali come il Consiglio d'Europa e la Comunità Europea.

In un'ottica di integrazione e di risoluzione dei gravi problemi di cui soffre questa minoranza, riveste particolare importanza la partecipazione dei Rom alla vita politica, ovvero la possibilità per i rappresentanti di questa minoranza di intervenire e influenzare le decisioni che li riguardano, fornire il proprio contributo alla società e diventarne a pieno titolo membri attivi. Il coinvolgimento nella vita pubblica non è però solo lo scopo della mobilitazione politica. Allo stesso tempo, paradossalmente, ne è il presupposto. La comunità zingara è tradizionalmente estranea all'idea di una rappresentanza politica così come noi la intendiamo. L'inconsistenza tra la cultura rom e gli istituti giuridici in cui è chiamata ad inserirsi e la scarsa propensione ad abbracciare questa concezione, per loro "aliena", lasciano aperta la questione dell'opportunità di una sua applicazione nei loro confronti. Si prospetta cioè il rischio che la garanzia dei diritti politici si trasformi in un'imposizione "di maggioranza" di qualcosa che i Rom non capiscono e, forse, non vogliono. La rappresentanza, la partecipazione e l'organizzazione politica si intrecciano così con un conflitto profondo, che è prima di tutto culturale e ne determina l'unicità e quindi il grande interesse.

L'impossibilità di compiere in questa sede un'analisi esaustiva di queste tematiche ha imposto una concentrazione della ricerca sulle soluzioni adottate nei Paesi dell'Europa Centro Orientale. Diverse ragioni si pongono a sostegno di questa scelta. In primo luogo, l'importante presenza numerica dell'etnia rom nella regione e il conseguente peso politico della questione zingara, che l'ha posta al centro dei dibattiti e della vita pubblica. In modo particolare hanno poi influito la peculiarità e l'importanza delle risposte adottate nei diversi Paesi di questa area geografica. Questo studio affronterà dunque in un primo momento il panorama internazionale nell'ambito dei diritti politici delle minoranze, con particolare attenzione agli organismi e strumenti che si occupano dell'etnia zingara (Capitolo 1). Nel Capitolo 2 sarà analizzato in prospettiva comparatistica il primo, fondamentale gradino della mobilitazione: l'organizzazione politica. Sarà qui messo in luce come le forme di aggregazione della comunità rom improntate alla difesa dei propri interessi riflettano l'unicità del contesto socio-economico in cui questa minoranza vive ed opera. Nel terzo capitolo si cercherà di tracciare la controversa linea di confine tra le diverse modalità di coinvolgimento politico presso la popolazione zingara. Le manifestazioni in cui si esprimono rappresentanza e partecipazione dei Rom verranno qui descritte sia singolarmente, che nei loro conflittuali rapporti reciproci. Nel Capitolo 4 sarà infine analizzata l'efficacia empirica di alcune tra le esperienze più significative in questo campo attraverso gli esempi ungherese, ceco, slovacco, rumeno e bulgaro.

Si impone, in via preliminare, qualche breve ma importante precisazione terminologica. L'etimologia del termine "Rom" è incerta. Il linguista Alexander Paspati la individua nella radice sanscrita "ram" che, tra i vari significati, ha quelli di "colui che diletta con danze e musica" e di "colui che vagabonda". Nella lingua rom, questo termine è venuto a significare "uomo, maschio". L'iniziale maiuscola in "Rom" sarà usata in questa sede per indicare l'insieme di individui appartenenti a tale minoranza, l'iniziale minuscola ne segnalerà invece l'aggettivo. Il vocabolo "Sinti" sembra derivare sempre dal sanscrito "sandhi", cioè "gruppo, comunità", oppure da "saindhava", che significa "appartenente al fiume Indo"8. Esso identifica un gruppo di Rom che, nel tardo medioevo (XIV-XV secolo) si è stanziato soprattutto in Germania, Austria, Boemia ed Italia del Nord. É utilizzato di frequente sia nelle trattazioni che nella denominazione di diversi organismi a livello internazionale.

L'aggettivo "zingaro" verrà utilizzato ai fini di questa analisi come sinonimo di "rom" ed in riferimento esclusivamente all'appartenenza etnica. Esso costituisce la traduzione italiana del termine inglese "gypsy", utilizzato universalmente sia nelle testi di riferimento che nei documenti ufficiali, la cui origine è legata alla dall'antica credenza di una supposta origine egiziana dei Rom. Questa scelta si dissocia dalla connotazione negativa che questo termine può evocare e deriva dall'unico desiderio di chiarezza di esposizione.

CAPITOLO UNO [ su ]

1.1. MECCANISMI INTERNAZIONALI DI TUTELA DEI DIRITTI POLITICI DELLE MINORANZE IN GENERALE [ su ]

La maggior parte delle Costituzioni degli Stati dell'Europa Centrale e Orientale dichiarano la supremazia del diritto internazionale sul diritto interno11. Si tratta di un principio molto importante nei suoi riflessi sullo status delle minoranze. Il sostrato normativo internazionale riguardo la partecipazione e la rappresentanza politica delle minoranze trova la sua radice ultima nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948, laddove si legge "la volontà del popolo deve essere alla base dell'autorità del governo". Nella cornice dell'ONU, va citata in primo luogo la Convenzione Internazionale sull'Eliminazione di ogni Forma di Discriminazione Razziale del 1965. Essa si occupa, tra gli altri, dei diritti politici, laddove all'art. 5 invita gli Stati membri a garantirne l'esercizio a chiunque, senza discriminazioni. Sono citati in particolare "il diritto di partecipare alle elezioni, di votare e di candidarsi in base al sistema del suffragio universale ed eguale per tutti ed il diritto di partecipare al governo e alla gestione della cosa pubblica a tutti i livelli".

Il Patto per i Diritti Civili e Politici del 1966 poi, prevede all'art. 25 la libertà, senza discriminazioni né restrizioni irragionevoli, di prendere parte agli affari pubblici, direttamente o attraverso i propri rappresentanti, e il diritto di votare ed essere eletti in elezioni veritiere e periodiche attraverso voto segreto e suffragio universale ed eguale. Questa previsione è stata interpretata da parte del Comitato per i Diritti Umani nel senso di un diritto da applicarsi anche nei confronti dei non cittadini. Ancora all'ONU si deve la più recente Dichiarazione dei Diritti delle Persone Appartenenti a Minoranze Nazionali, Etniche, Religiose o Linguistiche, che sancisce all'art. 2 il diritto di associazione e partecipazione a tutti i livelli.

È però con la Convenzione Quadro sulle Minoranze Nazionali del Consiglio d' Europa che, nel 1995, è varato lo strumento più importante per fondarne la partecipazione politica. La Convenzione è una pietra miliare nella protezione delle minoranze, sebbene perfettibile, e il suo grande successo ne dimostra le grandi qualità. È composta di disposizioni programmatiche e non contiene una definizione di minoranza, cosa che ha lasciato una certa discrezionalità agli Stati membri e contribuito alla sua ratificazione da parte di un gran numero di Paesi. Tra le questioni di maggiore rilevanza affrontate nel documento, spicca quella riguardante i diritti politici. L'art. 15 recita infatti "Le parti si impegnano a creare le condizioni necessarie per l'effettiva partecipazione degli appartenenti a minoranze nazionali alla vita culturale, sociale ed economica nonché agli affari pubblici, in particolare a quelli che li concernono." Alcuni Stati, tra cui Macedonia e Slovenia, hanno reso espresse dichiarazioni che riconoscono l'applicabilità della Convenzione ai membri della comunità Rom che vivono sul loro territorio. Più cautamente, la Germania ha stabilito che la Convenzione si applichi "a Sinti e Rom di cittadinanza tedesca". Anche altri Stati, tra cui Estonia e Svizzera, pur senza riferirsi specificamente ai Rom, hanno ristretto la portata della Convenzione ai membri delle minoranze che sono cittadini dei rispettivi Stati, così escludendo buona parte della popolazione zingara.

Come sopra accennato, tuttavia, si ritiene che i non cittadini possono comunque godere delle garanzie offerte dal Patto per Diritti Civili e Politici. Con la Convenzione è stato creato altresì un meccanismo di controllo, ad opera di un Comitato Consultivo. Esso è incaricato di produrre rapporti regolari sui progressi compiuti dagli Stati membri nell'applicazione delle previsioni contenute nella Convenzione. Gli studi da esso pubblicati comprendono i risultati delle ricerche condotte, ma anche i rilievi e le raccomandazioni agli Stati contraenti.

In quanto basate sui parametri di non discriminazione e di promozione dell'uguaglianza sostanziale fatti propri dall'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa e dal Consiglio d'Europa, le previsioni legislative adottate negli Stati dell'Europa Centro Orientale nel corso degli anni Novanta del Novecento non si sono discostate nella sostanza dalle previsioni degli articoli della Convenzione Quadro. Ciò ha indubbiamente facilitato l'adozione del documento. In rari casi, come in Ungheria per quanto riguarda la minoranza rom, la legislazione nazionale è persino andata oltre gli standard imposti dal Consiglio d'Europa. Nel 1999, il panorama internazionale relativo ai diritti politici delle minoranze si è arricchito del lavoro di un gruppo di esperti diretto dall'Alto Commissario per le Minoranze Nazionali dell'OSCE. L'emanazione delle nuove Raccomandazioni di Lund si è inserita nel quadro dell'impegno dell'OSCE per l'identificazione delle più spinose questioni minoritarie interne che interessano gli Stati membri. In particolare, l'OSCE aveva prodotto prima di allora due importanti documenti: le Raccomandazioni dell'Aia a proposito dei diritti all'istruzione delle minoranze nazionali (1996) e le Raccomandazioni di Oslo (1998) relative ai diritti linguistici delle minoranze nazionali. Tutte queste disposizioni non sono giuridicamente vincolanti per gli Stati. Esse costituiscono esempi di soft law, idonee a creare tutt'al più un vincolo meta-giuridico e politico.

Lo scopo delle Raccomandazioni di Lund sull'Effettiva Partecipazione delle Minoranze Nazionali alla Vita Pubblica è di incoraggiare e facilitare l'adozione da parte degli Stati di specifiche misure volte a diminuire le tensioni connesse con le minoranze nazionali e servire pertanto il fine ultimo di prevenzione dei conflitti dell'Alto Commissario. Esse sono suddivise in quattro sezioni che le raggruppano in: principi generali; partecipazione al processo decisionale; autogoverno; e metodi per garantire l'effettiva partecipazione alla vita pubblica. In diverse raccomandazioni sono suggerite possibili alternative per realizzare questi obiettivi. Particolare rilevanza assumono le disposizioni che sottolineano l'importanza del processo elettorale nella promozione della partecipazione delle minoranze alla vita politica. Gli Stati devono garantire loro il diritto di prendere parte alla gestione degli affari pubblici anche attraverso il diritto di voto e la possibilità di candidarsi senza subire discriminazioni (art. 7). Viene inoltre sancita la libertà di associazione come principio ispiratore delle norme per la costituzione e l'attività dei partiti politici. Tale principio comprende il diritto di costituire partiti fondati sull'identità di una comunità (art. 8). Le Raccomandazioni richiedono inoltre che il sistema elettorale favorisca la rappresentanza e l'influenza delle minoranze, attraverso meccanismi come collegi uninominali, sistemi proporzionali, forme di votazione preferenziale, soglie di sbarramento più basse (art. 9).

Anche la formazione dei distretti elettorali, infine, deve essere pensata in modo da facilitare l'equa rappresentanza delle minoranze (art. 10). Come emergerà dall'analisi dell'esercizio nella realtà concreta dei diritti previsti, nonostante tutte queste misure riguardino anche i Rom, esse sono ben lungi dall'essere applicate a questa comunità nello stesso modo e nei diversi Stati.

1.2. STRUMENTI E ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI DIRETTI SPECIFICAMENTE ALLA PROMOZIONE DEI DIRITTI POLITICI DEI ROM [ su ]

L'influenza dell'Unione Europea ha giocato un ruolo decisivo nelle politiche minoritarie dei governi nazionali dell'Europa Centro Orientale. Già con i Criteri Politici di Copenhagen nel 1993, rispetto e protezione delle minoranze sono stati inseriti tra i presupposti per candidarsi all'allargamento. In epoca successiva la Commissione Europea si è occupata specificamente della situazione dei Rom nei Paesi candidati esprimendo la sua preoccupazione all'interno dell'Agenda 2000, documento che si occupa di politica comune, prospettive finanziarie e allargamento. Anche le Opinioni fornite sulle candidature dei Paesi dell'Europa Centro Orientale e le Linee Guida per il Miglioramento della Situazione dei Rom del 1999 sono permeate della stessa impressione.

Il flusso di denaro comunitario ha costituito e continua a costituire un forte incentivo all'adozione di misure nazionali che garantiscano gli standard minimi di garanzia dei diritti delle minoranze. Il principale canale comunitario di supporto ai Rom è il programma di finanziamento PHARE. Esso prevede il coinvolgimento e la consultazione dei Rom sia nella fase di progettazione delle attività che durante il loro svolgimento. Nella pratica ciò avviene specialmente laddove esistono specifici organismi consultivi o strutture governative specializzate. I Paesi candidati sono inoltre incoraggiati a favorire la partecipazione delle Organizzazioni Non Governative. In alcuni Stati, rappresentanti delle organizzazioni rom partecipano anche alle fasi di valutazione. Tuttavia, una delle maggiori difficoltà pratiche, in un'ottica di partecipazione, si è rivelata essere l'individuazione di interlocutori qualificati all'interno delle comunità.

A partire dal 1997, la Commissione ha presentato rapporti regolari sul processo di allargamento. All'interno di questi documenti, la necessità di coinvolgere i Rom nei programmi finanziati e diretti dall'UE per il miglioramento delle loro condizioni è espressa con insistenza. A seguito dell'ingresso nell'Unione dei nuovi membri, le istituzioni hanno visto una forte diminuzione della propria influenza e alcuni finanziamenti, come ad esempio proprio il programma PHARE, sono venuti meno. Nuove forme di collaborazione e di supporto prenderanno tuttavia il posto di quelle precedenti. Si richiama al coinvolgimento dei Rom nel processo decisionale anche il recente Piano d'Azione dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa del 2003. Questo documento, intitolato al miglioramento della situazione dei Rom e dei Sinti, si occupa dei diversi aspetti della partecipazione di queste popolazioni nella stesura, applicazione e valutazione delle misure destinate ad incidere sulle loro vite. Viene innanzitutto sottolineata l'importanza che ogni misura nazionale diretta ai Rom risponda ai loro reali problemi. Per fare questo e gestire molte delle questioni che li riguardano, è il livello locale ad essere individuato come quello ideale.

L'Organizzazione invita inoltre gli Stati membri a guardare alla partecipazione attiva delle comunità come al principio guida della legislazione in materia. I Rom devono poter essere messi sullo stesso piano delle autorità cui fungono da controparte, ciò che significa anche condividere con esse le responsabilità per il miglioramento delle proprie condizioni. Una particolare attenzione da parte del legislatore è auspicata inoltre per la situazione delle donne. Ancora, si sottolinea la necessità di introdurre meccanismi di valutazione periodica che coinvolgano i diretti interessati, affinché la loro esperienza e le loro proposte possano contribuire all'efficacia delle misure già adottate e di quelle ancora da adottare. Il Piano d'Azione si occupa altresì di discriminazione, accesso alla giustizia, problemi legati ai rapporti con la polizia, disoccupazione, disagi abitativi, situazione sanitaria, difficoltà economiche, ruolo dei mass media, campagne di sensibilizzazione. Nell'affrontare tali singole problematiche viene rilevato come la loro risoluzione costituisca, tra l'altro, presupposto necessario per la garanzia di un'effettiva partecipazione.

Vengono poi garantiti, nella predisposizione degli strumenti necessari da parte dei legislatori nazionali, la consulenza e il supporto dell'Organizzazione. Agli Stati vengono inoltre rivolte una serie di specifiche raccomandazioni. In primo luogo, essi devono assicurare agli appartenenti alla comunità la possibilità di usufruire di tutti i documenti necessari per votare, organizzare campagne di informazione sulle elezioni e fornire la possibilità di compiere scelte coscienti e libere, slegate dal cosiddetto "family voting", anche per le donne. Dal documento emerge poi la necessità per i governi nazionali di impegnarsi a garantire l'informazione e il coinvolgimento dei Rom sin dalle prime fasi di stesura della legislazione. I programmi e le proposte devono essere chiari e trasparenti. Occorre incoraggiare la partecipazione ad incontri consultivi, senza dimenticare la necessità di un coinvolgimento a tutti i livelli nel più ampio contesto rappresentativo. Le relazioni tra i rappresentanti eletti e la comunità, così come la comunicazione con le autorità di governo devono svolgersi senza ingerenze e in un'ottica il più possibile attenta e collaborativa.

Infine, è sottolineato il ruolo che gli stessi Rom svolgono nell'assicurarsi che questi diritti siano esercitati in modo effettivo nella prassi. I progressi nell'attuazione del Piano d'Azione vengono valutati in occasione degli Incontri sulla Dimensione Umana e di altre riunioni dell'OSCE. Una relazione è fornita al Consiglio Permanente, che può emanare raccomandazioni nei confronti degli Stati e organizzare incontri informali per fare il punto degli obiettivi raggiunti e da raggiungere, destinandovi risorse finanziarie e umane adeguate. Nel contesto dell'OSCE sono altresì attive alcune strutture specifiche destinate a fornire assistenza, risorse, ricerca e programmi. Attraverso di esse si realizza direttamente il coinvolgimento dei Rom.

L'Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani, in particolare, si occupa del potenziamento delle prime e della promozione dei secondi. Più specificamente, all'interno di questo Ufficio è stato istituito un Punto di Contatto sulle questioni zingare, impegnato nella prevenzione e risoluzione di conflitti, nella promozione dello sviluppo della società civile e nella promozione dei diritti politici dei Rom. Il Punto di Contatto agisce come anello di congiunzione tra le strutture dell'OSCE, i governi, le ONG e le comunità. Esso raccoglie e facilita lo scambio di informazioni, dati e rapporti e fornisce raccomandazioni ai governi nazionali. A partire dal 1999, ha lanciato un Programma specificamente diretto a favorire il coinvolgimento politico dei Rom, ha effettuato un'attenta opera di monitoraggio sulle elezioni in diversi Paesi dell'Europa Centro Orientale, si è prodigato in un'opera di costante promozione dei meccanismi democratici che assicurino un'effettiva partecipazione e ha organizzato una serie di incontri tra candidati e rappresentanti rom provenienti da Paesi diversi per incoraggiare lo scambio di notizie, la collaborazione e la formazione di esperienza.

Tra i progetti in cantiere, riveste particolare interesse quello che prevede la creazione di una rete locale di Punti di Contatto, che fungano da intermediari tra le comunità e le autorità. Nel 2000 è stato poi creato un Gruppo Informale Internazionale di Contatto sui Rom. Esso riunisce esperti e studiosi della questione zingara di diverse organizzazioni internazionali, comprese l'OSCE, il Consiglio d'Europa e l'Unione europea. Il Punto di Contatto ha inoltre facilitato la creazione di un diverso Gruppo di Contatto comprendente sia i rappresentanti delle due maggiori associazioni rom internazionali – l'Unione Internazionale dei Rom e il Congresso Nazionale dei Rom- che esperti, parlamentari, rappresentanti. Esso funziona come partner delle organizzazioni internazionali, nella definizione e attuazione delle attività connesse ai Rom. Il Punto di Contatto si è infine occupato della predisposizione del progetto per la creazione di un Assemblea Paneuropea dei Rom con funzioni consultive, come proposto dalla presidentessa finlandese Tarja Halonen in un discorso davanti all'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa nel gennaio del 2001.

Il Consiglio d'Europa si è occupato di Rom e Sinti sin dal 1968. A questa istituzione si deve il riconoscimento dei Rom come una minoranza d'Europa, che come tale deve essere protetta. Il suo impegno ha contribuito ad iscrivere la protezione della comunità zingara all'ordine del giorno in materia di diritti umani ed a fare luce sulle gravi difficoltà di cui soffre. Gli strumenti attraverso i quali si è esplicata l'attività del Consiglio sono risoluzioni e raccomandazioni. Esse non sono fonte diretta di obblighi giuridici, ma rivestono grande importanza dal punto di vista politico. Vengono altresì utilizzate da parte degli organismi legislativi e giudiziari in qualità di ausilio interpretativo, nell'individuazione dello scopo e dei limiti dei testi generali vincolanti. Ciononostante, la differenza tra gli standard di riferimento dei documenti e la prassi è spesso molto ampia. Lo strumento che segna un punto di svolta e sottolinea l'impegno più significativo nell'affermazione dei diritti politici di questa minoranza è la raccomandazione 1203 del 1993.

Essa ha dato l'avvio ad un impegno del Consiglio su diversi fronti in materia, introducendo l'idea di garantire uno status consultivo alle organizzazioni rom al suo interno e proponendo la creazione di un mediatore, da nominarsi d'intesa con esse. Questo ultimo progetto, tuttavia, non è mai stato realizzato. Esso è stato anzi definito "inappropriato" da parte del Comitato dei Ministri nel 1999. Questa decisione ha riflesso la mancanza della volontà politica di istituire un organismo dotato del potere di monitorare le azioni e lo sviluppo della protezione statale dei Rom. È rimasto così il solo meccanismo di controllo già previsto dalla raccomandazione 1203, basato però su rapporti dei singoli Stati.

Nel 1995 il Comitato dei Ministri ha adottato una risposta complementare alla raccomandazione, la quale ha compiuto passi importanti nella stessa direzione, venendo presto a costituire una pietra miliare nel miglioramento a lungo termine della situazione dei Rom. La misura più efficace di questo documento è stata la creazione del Gruppo Specializzato sui Rom. Esso è incaricato di fornire assistenza agli Stati membri e incoraggiare le autorità competenti a prendere tutti i provvedimenti necessari nella materie che riguardano i Rom. È costituito da tredici esperti e da rappresentanti dell'OSCE, di alcune istituzioni delle Nazioni Unite e della Commissione Europea in qualità di osservatori. Esso è stato molto attivo sin dalla sua creazione ed ha svolto il ruolo di catalizzatore per altri dipartimenti del Consiglio d'Europa, incoraggiando e stimolando numerose attività. Ha diretto numerosi studi in campi collegati e ha organizzato sessioni di formazione e incontri che riuniscono gli attori principali nella protezione di Rom e Sinti a livello europeo.

L'Assemblea ha poi adottato numerose altre risoluzioni, che sottolineano come, nei vari campi in cui si auspica l'introduzione di una legislazione non discriminatoria, sia necessario il coinvolgimento dei Rom a vari livelli. Essa ha inoltre incoraggiato a più riprese la creazione di istituzioni specifiche per i Rom, come un Ombudsman e un Forum Consultivo a livello europeo e sottolineato l'importanza della creazione di un protocollo addizionale alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo sui diritti delle minoranze che sottoponga le questioni minoritarie alla competenza della Corte di Strasburgo. Essa ha emanato inoltre diverse raccomandazioni sulla situazione dei Rom in Paesi specifici. Anche il Congresso delle Autorità Locali e Regionali d'Europa ha prodotto diverse risoluzioni e dato l'avvio a numerosi progetti a proposito della partecipazione dei Rom nelle autorità locali e regionali. Oltre alla creazione di una Rete di Città che incoraggi lo scambio di informazioni e di "buone politiche", il Congresso ha adottato nel 1995 la raccomandazione 11 (1995) e la risoluzione 16 (1995), in cui incoraggia l'adozione di misure che garantiscano un controllo da parte dei Rom sulle questioni che li riguardano, attraverso "la possibilità di eleggere o designare i propri rappresentanti in modo democratico", la creazione di comitati consultivi e il sostegno statale alle associazioni Rom. Gli Stati membri sono infine incoraggiati alla firma dei testi internazionali più importanti, in particolar modo la Convenzione Quadro per la Partecipazione delle Minoranze Nazionali. Molti di questi suggerimenti si sono concretizzati negli anni successivi.

Nel 1994 il Segretariato Generale del Consiglio d'Europa ha creato un Coordinatore delle attività riguardanti i Rom, il quale opera come intermediario tra diverse organizzazioni e contatto con altre importanti istituzioni, in particolar modo con l'Alto Commissario per le Minoranze Nazionali dell'OSCE e la Commissione europea. Il Coordinatore si occupa inoltre dell'attuazione del Progetto per i Rom nell'Europa Centro Orientale, progetto avviato nel 1996 ed esteso a tutti i Paesi membri nel 1998 con il nome di "Project of Roma/Gypsies in Europe" e finanziato tramite contributi volontari. A partire dal 1999, il Consiglio d'Europa, l'OSCE e l'Unione Europea hanno unito le loro forze nel Patto di Stabilità per l'Europa Sud Orientale. Il primo progetto del Patto, lanciato nel 1999, si è occupato proprio degli aspetti più gravi della questione zingara e dello sviluppo di politiche in materia attraverso la partecipazione dei Rom. Il secondo progetto è stato varato nel 2000 e ha riguardato l'attuazione delle strategie nazionali per i Rom a livello locale, con particolare riguardo al rafforzamento della cooperazione tra le autorità locali e le ONG Rom e allo sviluppo della cooperazione transfrontaliera sulla questione zingara. Un terzo progetto, lanciato all'inizio del 2003 si basa sul lavoro del precedente. Esamina l'attuazione delle politiche nazionali e mira a rafforzare la cooperazione regionale.

Il Progetto sulle Relazioni Etniche (Project on Ethnic Relations) ha iniziato la sua attività per la questione zingara a partire dalla sua istituzione nel 1991. Da allora, in particolare attraverso il Consiglio Consultivo per i Rom, si è mosso nella direzione di incoraggiare i governi e i leader Rom alla collaborazione e ha facilitato l'inclusione dei rappresentanti della comunità in corpi legislativi e governativi. È stata la prima organizzazione ad occuparsi delle strategie elettorali e ad incoraggiare le alleanze tra i principali partiti e i gruppi politici rom. Esso è in parte finanziato dal Consiglio d'Europa. Il Progetto collabora con le istituzioni europee per l'organizzazione di incontri e tavole rotonde in cui i rappresentanti Rom dei diversi Paesi possano discutere le comuni difficoltà, lanciare nuove proposte e confrontarsi sui temi più controversi. In queste occasioni viene loro data la possibilità di incontrare, se pure informalmente, le istituzioni internazionali e nazionali. Lo scambio di informazioni e esperienze dà loro la possibilità di stabilire importanti collaborazioni e organizzare delle strategie comuni, che rafforzano la loro identità e coesione etnica e li rendono partner più validi e preparati. L'organizzazione gestisce altresì progetti di formazione dei leader e iniziative di informazione per la comunità e conduce un' importante opera di studio, ricerca e monitoraggio ad ogni livello.

Capitolo DUE [ su ]

2.1. MOBILITAZIONE POLITICA E ORGANIZZAZIONI ROM [ su ]

Secondo definizioni ricorrenti in ambito sociologico, la mobilitazione politica è il passaggio attraverso il quale un gruppo cessa di essere un insieme passivo di individui per prendere parte attiva alla vita pubblica. La mobilitazione etnica è invece il processo attraverso il quale dei soggetti si organizzano attorno a fattori di matrice etnica per il raggiungimento di fini collettivi. La caduta dei regimi comunisti dopo il 1989 ha garantito ai Rom la possibilità di costituirsi in organizzazioni e associazioni, fino ad allora sottoposte al rigido controllo dello Stato ed inserite nella logica assimilatrice che vedeva la questione zingara come un problema prima di tutto socio economico.

Il successo della mobilitazione etnica di un gruppo è influenzato dalla presenza e dalle caratteristiche di alcuni fattori fondamentali: un'identità etnica condivisa, accettata e sostenuta; un'esperienza di mobilitazione, indipendenza o autonomia pregresse; un sostrato di coesione etnica e un capitale sociale costituito sulla fiducia reciproca; una leadership capace, preparata, collaborativa; un'organizzazione consapevole e ben strutturata; il sostegno di ideologie, profili e programmi chiari, concreti e realizzabili; la possibilità di perseguire gli obiettivi mobilitazionali; delle risorse finanziarie adeguate e garantite in modo imparziale; la partecipazione al sistema mediatico e la diffusione di informazioni obiettive; l'esistenza di simboli che fungano da collante della comunità e siano rispettati e riconosciuti in modo diffuso. Dall'applicazione di questi criteri all'esperienza rom, appare chiaro come la preparazione per l'azione politica collettiva sia insufficiente.

L'identità etnica zingara è debole. Michael Stewart, in "The time of the Gypsies", ha persino sostenuto che, con l'eccezione degli intellettuali alla guida dei partiti politici, i Rom non possiedano una vera e propria identità etnica. Si ritiene tuttavia di condividere qui l'opinione maggioritaria di chi, come Zoltan Barany, sostiene come, pur nelle differenze tra le diverse comunità, esista almeno in parte un sostrato comune, costituito da origini, lingua, cultura e storia. Molti Rom non si sentono parte di un gruppo etnico coeso, ma si identificano con una tribù o una altro sottogruppo cui appartengono. Non condividono un'unica lingua e parlano un gran numero di dialetti, anch'essi però sconosciuti ad una parte della popolazione. In molte situazioni appaiono un gruppo poco omogeneo, dilaniato dalle lotte intestine e dalle rivalità. Esistono una bandiera, un inno e una ricchissima tradizione orale. Il problema è che molti Rom ne sono pressoché ignari. Quanto alle risorse finanziarie, essi costituiscono la popolazione più svantaggiata d'Europa e, a parte i pochi ricchi contribuenti, i finanziamenti devono venire da fonti esterne. Il buon funzionamento dell'organizzazione è minato dallo scarso interesse della maggioranza per la politica, dalle mire personali dei rappresentanti, dalla mancanza di esperienza e di apertura al compromesso, dalle rivalità interne. Anche i programmi riflettono le aspirazioni individuali e i disaccordi dell'élite al potere. Il dialogo con i governi nazionali è spesso problematico.

Quanto infine alla possibilità di perseguire i propri obiettivi, a parte le occasionali ingerenze dello Stato, nel periodo post-comunista i Rom sono tutto sommato stati liberi di scegliere le forme in cui impegnarsi nella difesa dei propri interessi. Il primo dato che emerge è l'amplissimo numero di organizzazioni che da allora sono state create. I motivi che stanno alla base della proliferazione di forme associative sono diversi. In primo luogo, dopo decenni di proibizioni, la possibilità di creare organizzazioni indipendenti ha stuzzicato molti attivisti, sia rom che non. In aggiunta a questo, la semplificazione operata dalle nuove leggi che regolamentano la creazione di associazioni ne ha reso meno macchinosa la registrazione, contribuendo alla loro diffusione. Ancora, va citata la crescente disponibilità di fondi da parte di istituzioni pubbliche e private, diretti alle associazioni che si occupano di Rom.

Infine, molti attivisti hanno rivendicato una posizione di guida, che hanno potuto ricoprire solo attraverso la fondazione di proprie organizzazioni. Decine di gruppi sono così stati creati attorno a leader appoggiati a piccoli, distinti gruppi di sostenitori che non hanno accettato di condividere il potere con altri e si sono presentati come i rappresentanti dell'intera comunità. E', questa, una caratteristica ricorrente presso la classe dirigente dei partiti rom. Molte di queste organizzazioni sono state create con grande risonanza, per poi cadere nell'oblio pochi mesi più tardi, fenomeno questo che rende più arduo, tra l'altro, il ritrovarne traccia. Le opinioni a proposito di questa polverizzazione di forze e interessi zingari sono molto diverse. E' emersa, tra i politici e gli attivisti, l'idea che quella rom sia una comunità talmente differenziata al suo interno, che il desiderio di renderla unita e uniforme sia contrario allo stato delle cose. C'è chi ritiene però che le troppe organizzazioni finiscano per dividerla eccessivamente e in conseguenza indebolirla. Contemporaneamente, si sottolinea da parte di altri come molti di questi gruppi di interesse giovino alla causa e costituiscano il terreno per la formazione di giovani attivisti in tutta la regione, contribuendo direttamente alla mobilitazione.

Di certo, questa frammentazione rende più complicata la collaborazione con i governi e le organizzazioni internazionali, i quali si trovano di fronte a realtà dalle quali non emerge un unico partner di dialogo affidabile nella sua pretesa di rappresentare l'intera realtà zingara. In verità, la necessità di una voce unitaria che rappresenti i Rom trova largo consenso anche all'interno della comunità. Il dibattito verte piuttosto su come raggiungere quest'obiettivo. Occorre comunque notare come, a seguito dello sviluppo dell'attivismo e dell'accresciuto controllo fiscale delle agenzie finanziatrici, il numero delle nuove organizzazioni si sia in parte ridotto ed esse siano state spronate a produrre progetti utili e maturi. La maggior parte delle organizzazioni è gestita da una ristretta classe dirigenziale, espressione, rispetto alla maggioranza della popolazione povera e incolta, di una vera e propria élite. Queste organizzazioni hanno scarsa coesione interna, tendono ad essere rigide, poco flessibili, con pochi e poco chiari obiettivi. La loro struttura interna è perlopiù semplice, con poche, quando presenti, sottounità. La maggior parte di esse è strutturata su base locale, sebbene le organizzazioni nazionali e internazionali con succursali ai livelli inferiori siano in crescita.

Queste realtà associative sono spesso accusate di non osservare i principi democratici nei loro rapporti interni. I ripetuti casi di denuncia alle autorità e segnalazioni alle organizzazioni internazionali hanno gravemente minato la credibilità delle stesse e disincentivato la collaborazione dei governi. Eclatante è il caso costituito dal Congresso Nazionale dei Rom in Repubblica Ceca, i cui rappresentanti, eletti attraverso un procedimento interno, non furono riconosciuti dalle autorità. Poche organizzazioni rom sono state in grado di sviluppare programmi realistici, coerenti e pragmatici nel corso degli anni Novanta del Novecento, nonostante la situazione sia migliorata negli ultimi anni. Spesso i programmi politici sono dettati dalle aspirazioni individuali e riflettono la poca coesione e collaborazione a livello dirigenziale. L'irragionevolezza di programmi e richieste e il loro inevitabile fallimento ha spesso minato ulteriormente il sistema, accrescendo l'apatia di molti ed erodendo il sostegno a queste organizzazioni.

La "ragionevolezza" di un programma e, fino ad una certa misura, la sua realizzabilità dipendono da condizioni locali specifiche: la forza e l'autorità delle organizzazioni e, soprattutto, le priorità e l'atteggiamento delle autorità locali e nazionali. Gli interessi gadje sono invariabilmente concepiti come opposti o incompatibili agli interessi e aspirazioni rom. Molte più difficoltà comporta però una chiara definizione di ciò in cui questi ultimi consistono. La raccolta dei dati a proposito della consistenza numerica di queste organizzazioni è difficile e insoddisfacente. Nonostante i sussidi economici dei rispettivi Stati siano a volte assegnati in base ai membri, spesso non esistono registri aggiornati su cui basare l'allocazione dei fondi. Ciò avviene a causa delle repentine variazioni e del basso numero di membri stabili. Nonostante tutti questi problemi strutturali e sistematici, durante la seconda metà del 1990 molti gruppi hanno migliorato la loro organizzazione e le loro campagne e sono riusciti ad ottenere piccoli ma significativi spazi nella vita politica dei rispettivi Stati.

Partida Romilor è la principale organizzazione rom della Romania e forse quella di maggior successo nella regione. Ha uffici in quasi ogni provincia del Paese ed è impegnata attivamente anche nell'assistenza delle comunità locali. Fondata nel 1990, ha partecipato alle elezioni locali e nazionali a partire dal 1992, conquistando un numero sempre maggiore di rappresentanti a livello locale. Nel corso della sua esistenza, ha insistentemente tentato di creare organizzazioni che riunissero i diversi gruppi politici rom e di formare alleanze con i principali partiti politici. L'Iniziativa Civica dei Rom ceca e slovacca ha rappresentato per lungo tempo la più promettente forma di associazione dei Rom, fino al suo declino nel 1992. In Repubblica Ceca, nonostante si tratti dell'unico partito politico rom registrato, essa non guida né rappresenta più la comunità. In Slovacchia invece, dove i partiti politici rom registrati sono 18, essa si è alleata con il Movimento per una Slovacchia Democratica di Meciar, compiendo così una scelta che le ha attirato non poche critiche. Le perplessità sono dovute al fatto che pochi partiti politici dell'Europa Centro Orientale sono stati avversari delle minoranze più strenui del partito di Meciar.

L'ungherese Lungo Drom ha cominciato la sua attività come Organizzazione Non Governativa nel 1990, ma è divenuta nel corso degli anni la più importante organizzazione rom del Paese, grazie al successo ottenuto nelle elezioni dell'Autogoverno, la speciale forma di rappresentanza per le minoranze. Le ragioni della vittoria sono da ricercarsi da un lato, nell'abilità e capacità di contrattare del suo leader, Florian Farkas e nell'efficiente struttura organizzativa; dall'altro, anche nel funzionamento dei meccanismi elettorali, ideati in modo da privilegiare l'organizzazione numericamente più forte su tutte le altre. Un ultimo cenno va fatto al Progetto per i Diritti Umani bulgaro, un'ONG il cui lavoro si è distinto per l'utilità e l'ottima organizzazione. Nata con il proposito di fornire assistenza legale e rappresentanza ai Rom, in un clima di aggressiva critica al governo per i suoi atteggiamenti discriminatori, essa ha in seguito investito nei suoi rapporti con le élite politiche e negli stretti legami con la comunità. Ha poi ripetutamente posto l'accento sulla necessità di investire nella formazione di giovani attivisti, che alla fine degli anni '90 costituivano la maggior parte del suo staff.

Molti leader rom sostengono che la mobilitazione zingara non abbia avuto successo, avendo riguardo al basso numero di rappresentanti, alle magre risorse, alla bassa partecipazione e all'ambiente politico spesso sfavorevole. Nonostante molti siano tuttora ignari persino dell'esistenza di questo tipo di organizzazioni e che il tasso di sfiducia nei loro confronti sia alto, la situazione è molto migliorata negli ultimi anni. Sempre più persone partecipano attivamente in queste realtà.

2.2. LEADERSHIP [ su ]

La mobilitazione dei Rom si rifà ad una struttura tipica, il cui vertice è costituito da una ristretta élite di dirigenti. Per questo, uno dei fattori più importanti per la sua riuscita è la presenza di una leadership competente, impegnata, valida. Tuttavia, non sorprende che l'esigua intellighenzia e il ceto medio rom non abbiano generato una categoria di leader ampia e differenziata. La politica rom è diventata il campo d'azione di un esiguo gruppo di intellettuali ed attivisti, non sempre capaci e disinteressati, che non sono stati in grado di influenzare e attirare le masse rom. I problemi dell'élite politica hanno danneggiato i Rom dell'Europa Centro Orientale in molti modi. La storia della politica rom è stata descritta come una rapida successione di querelles tra le diverse personalità, incomprensibili ai più, e delle corrispondenti nascite e scioglimenti delle loro organizzazioni. I problemi della leadership non sono dati solo dalla mancanza di educazione e di esperienza, ma anche dall'ambizione e dall'incapacità di coordinarsi tra loro. Ironicamente, le differenze di opinione sono spesso minime: le ragioni dei diverbi sono da ricercarsi piuttosto nel clima di rivalità e invidia e nella competizione tra gli stessi compagni di partito o di associazione.

Barany individua la ragione di queste tendenze autoritarie nel contesto della formazione di molti leader moderni, il partito comunista. Il fatto che molti leader abbiano avuto dei problemi con la legge ha minato ulteriormente la loro credibilità, anche agli occhi della maggioranza della popolazione. In Ungheria per esempio, a cavallo tra il 1998 e il 1999, Flòriàn Farkas e Jànos Kozàk, il presidente e l'ex vice presidente dell'Autogoverno Nazionale Rom vennero accusati di appropriazione indebita. Il primo beneficiò del perdono presidenziale, il secondo fu condannato a ventidue mesi di reclusione. Un danno di immagine di tal fatta ha finito per nuocere moltissimo alla causa Rom. Si è parlato addirittura di "industria zingara" per indicare quel fenomeno per cui, con il tempo, coloro che hanno conquistato un po' di potere, finiscono assai spesso per curare più il proprio interesse (e portafoglio), piuttosto che quello della comunità rom che avrebbero dovuto rappresentare.

Uno dei più grandi difetti di molti attivisti è l'incapacità di cooperare con le autorità statali. Essi finiscono spesso con l'abusare anche delle buone intenzioni dei funzionari, esigendo che si tratti con loro esclusivamente, a scapito di altri leader, o facendo prevalere il proprio astio e la propria sfiducia nei rapporti con il governo. Il leader rom riunisce molti ruoli: portavoce, capo della comunità, rappresentante politico, impiegato del governo.

Una grande distinzione è quella tra leader tradizionali e moderni. I leader tradizionali hanno una profonda conoscenza della loro comunità. Tipicamente, essi non hanno alle spalle una lunga formazione scolastica, ma un particolare successo nella propria attività lavorativa o in altri campi. Alcuni appartengono a famiglie molto influenti, altri si sono impegnati a lungo per la causa zingara. Spesso non sono eletti democraticamente né inseriti in strutture formali, ma traggono la loro legittimazione dal sostegno della popolazione. Nonostante pretendano di rappresentare l'intera comunità rom di un intero Paese, raramente posseggono rispetto e autorità al di fuori dei loro gruppi di provenienza. Sono i più inclini a domande oltraggiose e minacce. L'incarnazione di questa tipologia è Florin Cioaba, politico rumeno autoproclamatosi "Sovrano Internazionale degli Zingari", noto per le dichiarazioni intense e roboanti e per l'ostentazione della sua ricchezza. Un leader tradizionale più moderato è invece Amdi Barjam, politico eletto a più riprese in Macedonia a partire dal 1996. Poco colto ma anch'egli ostentatamente ricco, ha fondato un proprio partito, orientandosi spesso per l'alleanza e la collaborazione con il governo. Questa scelta è derivata dalla convinzione di poter meglio servire la causa in questo modo, che non all'opposizione. Il suo contributo al miglioramento della situazione dei Rom in Macedonia è riconosciuto anche dai suoi più accesi oppositori.

I leader nuovo-stampo sono tendenzialmente più giovani, più dinamici e hanno un'educazione scolastica più lunga. Parlano spesso più di una lingua e in generale tendono a concentrarsi su obiettivi pratici. Sono più a loro agio nella società gadje e riescono ad interagire con i funzionari del governo con molta più facilità di quanto non facciano i leader tradizionali. Ciò ne fa spesso i partner preferenziali del governo. Sono espressione di questa categoria da un lato l'ungherese Aladàr Horvàth, combattivo e infaticabile organizzatore di proteste e fondatore di organizzazioni Rom, noto per il suo estremismo e il suo rapporto conflittuale con gli altri leader; dall'altro il ceco Karel Holomek, espressione del raro leader rom moderato, colto, ricercatore del consenso, rispettato da Rom, funzionari del governo e politici gadje e insistentemente corteggiato dai principali partiti politici dal 1992 in poi. L'opinione diffusa presso gli intellettuali è quella che un buon leader, per usare un'espressione rom, sia colui che riesce nell'arduo compito di "adattarsi ad una nuova pelle, conservando allo stesso tempo le proprie ossa". Fuor di metafora, in lui devono coesistere l'educazione moderna e l'autorità tradizionale.

2.3. MEDIA E COMUNICAZIONE [ su ]

Una buona parte della mobilitazione rom consiste nel fornire informazioni alla comunità e al resto della popolazione. Molto spesso il modo in cui avviene la trasmissione delle notizie tende a fomentare pregiudizi già molto diffusi, focalizzandosi su fenomeni negativi comunemente associati agli zingari come crimini, scandali e migrazioni. Allo stesso tempo, gli avvenimenti e i personaggi che potrebbero modificare l'immagine dei Rom sono spesso esclusi dai circuiti di informazione principali. La stampa, la televisione e la radio sono mezzi potenzialmente molto importanti per la mobilitazione. Gli attivisti hanno spesso tacciato i media di parzialità e hanno combattuto per la creazione di canali di informazione zingari fin dal 1989.

Da allora, nella regione sono stati fondati diversi periodici. Si è trattato di un risultato notevole, considerando gli ostacoli da superare. Innanzitutto i finanziamenti, di solito reperiti attraverso lo Stato o attraverso i contributi di specifiche fondazioni. Essi sono comunque sostanzialmente scarsi, anche a causa della forte competizione tra una testata e l'altra. Anche gli introiti derivanti dalla pubblicità non sono elevati. I committenti sono infatti spesso disincentivati dalla scarsa circolazione dei periodici e dal basso potere d'acquisto dei Rom. Questi giornali fanno riferimento ad un pubblico di lettori ristretto, poiché molti Rom sono analfabeti o leggono poco. Anche la maggioranza di coloro che leggono, inoltre, tende a non essere interessata o non può permettersi una tale spesa. La distribuzione rappresenta un ulteriore problema. Gli abbonati sono pochi (soprattutto ONG o associazioni) e le rivendite sono poco inclini allo smercio, sia a causa delle basse prospettive di vendita, che dei diffusi pregiudizi.

Gli editori incontrano serie difficoltà nel reclutare giornalisti validi. Nonostante i programmi di formazione organizzati da alcune ONG, a tutt'oggi vi sono pochi giornalisti Rom. Non appena i migliori vengono attratti nei circuiti dei media, tendono ad abbandonare le pubblicazioni rom per quelle di maggioranza. Infine, in molte aree, le persone che parlano la lingua zingara sono poche. Ciò, oltre a costituire un ulteriore ostacolo alla diffusione dei periodici, priva le comunità dell'intimità, esclusività e orgoglio che l'utilizzo della propria lingua nelle pubblicazioni potrebbe garantire. A causa di questi problemi, l'effettività della stampa nel processo di mobilitazione è limitata. La radio e la televisione hanno un impatto molto maggiore, poiché molte più persone hanno accesso a questi media. Programmi per i Rom sono stati introdotti negli Stati dell'Est in alcuni casi fin dal periodo socialista e in misura più ampia a partire dal 1989. Il tempo dedicato a queste programmazioni in media non è però più di un'ora a settimana ed è distribuito nel corso della giornata soprattutto nelle ore della mattina presto e della sera tardi. L'insoddisfazione degli attivisti si è espressa anche con riguardo ai contenuti, che lasciano spazio soprattutto a musica e danza, piuttosto che a trasmissioni che si occupino di temi politici e socioeconomici.

In Macedonia, uomini d'affari e attivisti hanno fondato un buon numero di televisioni commerciali e stazioni radio, che hanno riscosso un discreto successo. Anche in Bulgaria lo Human Rights Project ha acquistato lo spazio televisivo per programmi rom. Tuttavia, si è trattato di un'operazione costosa, che non ha avuto gli introiti sperati. Nel dicembre 1995, a Budapest, è stato avviato un Roma Press Center, con lo scopo di fornire un'informazione obiettiva ai principali media. Fondato dall'Open Society Institute, esso è gestito da 8 reporter nella sede principale e uno in ogni contea dell'Ungheria.

2.4. RISORSE FINANZIARIE [ su ]

Le Comunità rom sono in genere povere, ma la mobilitazione costa. Per questo è importante esaminare da dove provengano le risorse finanziarie destinate a sostenere la causa. Come si accennava, i finanziamenti provengono in gran parte da non-Rom, mentre i contributi dei Rom rimangono, nel complesso, minimi. Ciò può essere spiegato con la modesta disponibilità economica della maggioranza degli appartenenti alla comunità e con una certa riluttanza da parte dei più ricchi a supportare la causa. Nell'Europa Centro Orientale, la maggior parte del supporto ai gruppi e agli attivisti rom proviene dallo Stato. I governi ungherese, ceco, polacco, rumeno e sloveno hanno interamente o parzialmente finanziato molte associazioni e ONG rom, a partire dall'Associazione Culturale Gitana in Polonia, passando per il Museo di Cultura Rom in Repubblica Ceca, fino all'Unione delle Associazioni Rom in Slovenia. I governi bulgaro, macedone e slovacco invece, per ragioni diverse, hanno elargito molti meno fondi alle attività rom.

Esistono diverse modalità di assegnazione degli aiuti: in base al numero degli iscritti ovvero in via subordinata alla capacità di reperire una certa percentuale di fondi da altre fonti. I finanziamenti statali sono distribuiti dai Ministri, dalle Commissioni governative per le minoranze e dalle autorità locali. Spesso, tuttavia, lo Stato non ha fornito questi aiuti in maniera imparziale e l'elargizione è stata condizionata più dalle preferenze politiche che dai meriti delle organizzazioni. In conseguenza, le organizzazioni fedeli al governo hanno spesso ricevuto molti più fondi di quelle di opposizione. Ne sono un esempio Lungo Drom in Ungheria, Partida Romilor in Romania e l'Iniziativa Civica Rom in Slovacchia, all'epoca del governo Meciar. Altre importanti fonti di finanziamento delle realtà associative sono le fondazioni nazionali e internazionali e, in alcuni casi, i governi stranieri e le organizzazioni internazionali. A volte, poi, le organizzazioni politiche hanno beneficiato di finanziamenti dai partiti principali in cambio di campagne a loro favore o di alleanze elettorali. E' questo il caso dell'alleanza dell'Iniziativa Civica e dell'alleanza con il partito di Meciar in Slovacchia.

Nonostante queste diverse fonti di sostegno economico, la maggior parte delle organizzazioni rom è scarsamente finanziata. Questo perché il numero di realtà esistenti è sproporzionato rispetto alla quantità di denaro disponibile. Inoltre, può darsi che in molti casi la cattiva gestione abbia portato allo spreco delle risorse. Negli anni si sono poi succeduti numerosi scandali per la sottrazione di fondi all'interno di organizzazioni rom. Il caso più celebre è forse quello del Roma Center for Social Intervention and Studies in Romania. Ciò ha minato profondamente l'immagine di queste organizzazioni e contribuito alla diffusione della sensazione che molti soldi siano stati usati nel corso degli anni più per il benessere degli amministratori, che per alleviare la povertà e la situazione critica della popolazione zingara. Naturalmente questi fattori non hanno certo incoraggiato le Agenzie di Stato, le ONG e le organizzazioni internazionali ad investire ulteriore denaro nelle organizzazioni, nella speranza di un miglioramento della condizione dei Rom.

2.5. RECENTI PROSPETTIVE PANEUROPEE DELL'ORGANIZZAZIONE ZINGARA: L'UNIONE INTERNAZIONALE DEI ROM E I SUOI CRITICI [ su ]

Il primo passo significativo verso la formazione di un movimento sociale internazionale attorno ad una comune identità rom è stato il primo Congresso Mondiale nel 1971. Da questo momento in poi, gli attivisti hanno unito le forze per combattere per la difesa degli interessi dei Rom ovunque essi vivano e hanno chiesto insistentemente agli Stati di riconoscerli come minoranza nazionale. Tuttavia, si è dovuto attendere l'ultimo decennio del XX secolo perché la mobilitazione zingara guadagnasse ulteriore terreno. Lo sviluppo recente più significativo nel dare un nuovo impulso all'organizzazione politica e al movimento si deve all'Unione Internazionale dei Rom. La dichiarazione al congresso di Praga nel 2000, che contiene le parole "Noi, il popolo Rom, abbiamo un sogno" ha promosso l'idea dei Rom come una Nazione senza Stato e catturato l'attenzione dei media. Quest'affermazione, si è detto, esprime l'aspirazione dei Rom ad un nuovo status in Europa e nel diritto internazionale.

Con l'adozione della nuova Carta dell'organizzazione è stata creata tutta una serie di istituzioni tra cui Congresso, Parlamento, Corte di Giustizia e Presidente. La nuova struttura si basa sul principio democratico e ricerca legittimazione presso i Rom. L'idea è quella di una politica non più di gabinetto come è stato in passato, ma che coinvolga la stragrande maggioranza della popolazione zingara, finora esclusa dalle strutture organizzative. Nonostante l'idea dei Rom come una Nazione sia stata fatta propria in passato da diverse istituzioni, è la prima volta che un'organizzazione non si limita a rivendicare la necessità di una mobilitazione paneuropea, ma si offre direttamente come veicolo a questo scopo. Un ulteriore dato interessante è che mai, prima di questo momento, uno Stato aveva mostrato amicizia per la causa Rom, come ha fatto la Repubblica Ceca in quest'occasione. Il governo ha sostenuto e appoggiato l'idea dei Rom come una Nazione. Con questo supporto, l'Unione Internazionale è stata in grado di condurre una campagna a grande risonanza mediatica e lanciare un importante segnale alla comunità, agli altri governi, agli organismi internazionali e alla maggioranza della popolazione.

L'organizzazione rivendica l'intenzione di unificare l'intera popolazione rom, pur nel rispetto delle differenze delle diverse comunità che la costituiscono. I suoi rappresentanti sostengono l'importanza di un riconoscimento che garantisca una loro collocazione nel moderno contesto di globalizzazione e nel mondo della politica e dell'economia. L'Unione si fregia di un mandato da parte di 250 rappresentanti rom di tutta Europa ed è determinata ad ottenere ancora maggiore legittimazione. Si propone di allargare le proprie alleanze con le autorità statali, pur mantenendo una propria autonomia ed è aperta ad una collaborazione con altre organizzazioni rom, nell'intento di mettere fine a quello che fino ad ora è stato un panorama caotico e segnato dalle rivalità di una fazione contro l'altra. L'attitudine paneuropea dell'Unione ha attirato molte critiche. Da parte di alcuni, infatti, si è guardato con sospetto ai legami con le autorità gadje, si sono citate le passate politiche ceche in materia di Rom e si è avanzato il sospetto che il governo di Praga stia cercando solo un ritorno di immagine a livello internazionale. Altre critiche sono state rivolte alle stesse proposte dell'Unione. Non tutti, tra i leader e gli attivisti Rom, sono convinti dell'opportunità di una prospettiva paneuropea. Ciò che si teme, da parte degli oppositori di questa tesi, è il trasferimento a livello delle istituzioni europee di responsabilità rispetto alla questione zingara con non vi appartengono, perché proprie degli Stati nazionali.

Il criticismo di molti è poi dettato dalla paura che una logica nazionalista possa ulteriormente isolare i Rom rispetto alla maggioranza della popolazione. La perplessità di costoro si riversa altresì sulle forme di finanziamento dell'organizzazione, basato sui contributi di fondazioni private, organizzazioni internazionali e governi. Si obietta come la dipendenza finanziaria finisca per determinare una certa soggezione politica. Il Congresso Nazionale dei Rom si fa portatore di un diverso approccio, contrario all'idea di un'unica organizzazione che rappresenti l'intera comunità. L'azione del Congresso si esercita i livelli locale e internazionale. Il livello locale è ritenuto quello al quale i problemi dei Rom possono essere meglio affrontati e risolti. L'organizzazione vi esplica una funzione di monitoraggio, mantenendo le distanze dalla struttura statale. Il livello internazionale è visto come quello al quale più efficacemente si può esercitare pressione sui governi. Questa diversa organizzazione accusa l'Unione Internazionale di essere corrotta dai finanziamenti dei governi e si propone come struttura indipendente, autofinanziata, in grado di coinvolgere le comunità e i rispettivi leader nella risoluzione dei loro problemi in modo effettivo.

CAPITOLO TRE [ su ]

3.1. LE FORME DELLA MOBILITAZIONE POLITICA DEI ROM [ su ]

La rappresentanza è il compito di difesa e promozione degli interessi, assunto attraverso l'investitura elettorale. La partecipazione è un'attività sociale, che si esplica attraverso il coinvolgimento attivo alla vita pubblica56. Include in questo senso un'area più vasta di attività, come l'impegno extraelettorale e forme non istituzionalizzate di espressione politica, quali tutta una serie di meccanismi come gruppi di pressione, tavole rotonde, dimostrazioni e così via. Nelle democrazie moderne, la sfera civile (contrapposta a quella politica) comprende una gran varietà di gruppi di interesse organizzati. Per definizione, organizzazioni di questo tipo si collocano all'esterno della struttura e amministrazione statale. Spesso si tratta di organismi con compiti di monitoraggio e garanzia, come le organizzazioni per i diritti umani. Questo settore rimane spesso estraneo al decision-making vero e proprio, che rimane appannaggio dei partiti o dei gruppi politici.

Il settore civile è piuttosto differenziato, perché ha le sue radici nell'iniziativa dei cittadini e risponde ad interessi diversi. Al contrario, i partiti politici sono gestiti con lo scopo di creare una coesione tra gli individui attorno alle loro visioni o programmi e, in ultima istanza, di conquistare il potere attraverso elezioni democratiche. Nel caso delle minoranze, la separazione tra società civile e partiti politici può essere un po' indistinta, confusa. In molti Stati, le organizzazioni delle minoranze funzionano de facto come partiti politici: hanno cioè il diritto di formare liste elettorali e di partecipare alle elezioni locali e nazionali. Le previsioni riguardo i diritti delle minoranze, le leggi elettorali e le leggi sulle associazioni e partiti possono dare luogo a relazioni diverse tra questi due settori. Ad esempio, in alcuni Paesi, le minoranze hanno la possibilità di formare partiti politici, mentre in altri (ad esempio la Bulgaria) incontrano il divieto di fondare partiti su base etnica.

La distinzione tra i due settori, civile e politico, è stata assente presso la comunità rom fino all'ultimo decennio. Essa ha cominciato ad emergere, se pure in modo un po' confuso, nei primi anni Novanta del Novecento. Per la maggioranza dei leader rom, guidare una comunità ha da sempre significato rappresentare l'intera popolazione zingara. Indipendentemente dall'organizzazione rappresentata, ogni leader ha tradizionalmente preteso di essere consultato. Ciò ha dato luogo a notevoli attriti tra i Rom arruolati in un partito politico e quelli impiegati nel settore civile. Questa competizione ha causato molta confusione da parte delle autorità statali e qualche volta ha portato ad un rifiuto delle richieste di entrambe le parti. Ciò ha impedito l'instaurazione di un dialogo costruttivo.

3.2. RAPPRESENTANZA [ su ]

I Rom sono scarsamente rappresentati negli organismi elettivi ed in politica in generale. Gran parte degli analisti e degli attivisti tende ad addossare la responsabilità di questo fallimento ai partiti principali, ai governi oppure alla società in generale. In realtà, le ragioni alla base dei numerosi insuccessi elettorali sono molte e diverse. Alcune di esse possono essere individuate in atteggiamenti repressivi da parte degli Stati nei confronti della mobilitazione minoritaria. Specialmente negli anni Novanta del Novecento, approfittando della poca esperienza degli attivisti e della facilità con cui era possibile ingannare i normali cittadini rom, le autorità statali e i funzionari dei principali partiti hanno instaurato in diverse occasioni pratiche di intimidazione dei potenziali elettori. Episodi di questo tipo si sono verificati nelle elezioni parlamentari bulgare del 1990 e nelle elezioni comunali della città di Košice, in Slovacchia nel 1998.

Un altro fattore che ostacola l'accesso dei Rom al sistema elettorale è rappresentato dalle disparità sostanziali rispetto alla maggioranza della popolazione. Gli sbarramenti elettorali, concepiti per evitare un'eccessiva frammentazione, possono, in particolare, causare l'esclusione dei partiti più piccoli dai corpi elettivi. In Repubblica Ceca, ad esempio, la percentuale minima per l'accesso alla rappresentanza in Parlamento (il 5%) è superiore alla proporzione di Rom sul totale della popolazione60. Di conseguenza, è molto improbabile (e politicamente impossibile) che un partito rom che si presenti alle elezioni da solo riesca a conquistare un seggio. In Romania esiste invece una previsione costituzionale che ovvia a problemi come questi; essa è l'unico Paese dell'Europa Centro Orientale in cui tutte le minoranze etniche, compresi i Rom, hanno automaticamente diritto ad un seggio garantito in Parlamento. Anche in Ungheria la creazione di seggi riservati è prevista dalla Costituzione. Qui, tuttavia, la legislazione corrispondente non è mai stata introdotta.

La struttura della comunità costituisce un ulteriore motivo di complicazione. Essa infatti, a causa della sua intrinseca disomogeneità, rende irragionevole ipotizzare la creazione di un unico partito che riunisca i gruppi rom di uno Stato. Di conseguenza, il fatto che le diverse organizzazioni si dividano i voti tra loro, rende ancora più difficile l'ottenimento di seggi elettorali. Ad esempio, nelle elezioni rumene del 2002, cinque diverse organizzazioni rom si sono divise i quasi 120.000 voti che avrebbero potuto tradursi in quattro rappresentanti. I Rom hanno dovuto quindi accontentarsi dell'unico seggio garantito dalla Costituzione.

La stessa popolazione zingara non ha fiducia nelle proprie organizzazioni. Secondo un sondaggio dello United Nations Development Programme del 2003, l'86% ritiene che i propri interessi non siano rappresentati adeguatamente al livello nazionale e il 75% crede che la rappresentanza non sia sufficiente a livello locale. Il 91% non sa citare un'ONG che riscuota la sua fiducia e l'86% non sa fornire il nome un partito di cui abbia stima. Ci sono variazioni da Stato a Stato, ma il dato che emerge è che, in generale, i partiti lavorano meglio delle ONG. La Romania è il Paese dove la disparità tra la fiducia per i partiti e la fiducia per le ONG raggiunge il tasso più elevato: il 26% ha fiducia nei partiti politici, mentre meno del 5% di fida delle ONG. Questo dato è sintomo di una diffusa diffidenza della popolazione verso i propri istituti di partecipazione politica e la loro gestione. Ma è anche lo specchio di una più profonda inconsistenza culturale con la concezione zingara di rappresentanza degli interessi, che mal si concilia con meccanismi elettorali e strutture organizzati a livelli più alti della comunità locale. È, questo, il paradosso di fondo che accompagna l'analisi dell'intera questione della rappresentanza politica dei Rom.

La formazione di partiti su base etnica è stata raramente una scelta praticabile sul terreno elettorale. Ad esempio, l'Iniziativa Civica dei Rom in Repubblica Ceca ha partecipato da sola alle elezioni nazionali a più riprese, ma non si è mai nemmeno avvicinata alla soglia del 5%. Recenti tentativi in Romania, Bulgaria e Slovacchia vanno nella stessa direzione. Nelle elezioni del 2000 in Romania, si sono presentati solo due partiti rom. Il candidato che ha raccolto il più alto numero di preferenze ha raggiunto solo lo 0.66% dei voti per la Camera dei Deputati. Poiché esiste una soglia del 5%, ciò è molto lontano dal garantire un seggio in Parlamento. Ciononostante, il partito rom ha potuto godere della previsione di un seggio riservato e un rappresentante è stato eletto nelle fila del Partito Socialista. come già si accennava, anche nelle elezioni successive la frammentazione dei partiti etnici ne ha influenzato la sconfitta.

Nonostante il sistema elettorale bulgaro non permetta la formazione di partiti politici su base etnica, alcune organizzazioni sono riuscite ad aggirare questo divieto e, in occasione delle elezioni del 2001, l'organizzazione Euro Roma ha formato una coalizione con il Movimento per i Diritti e le Libertà, che attrae soprattutto i voti della minoranza turca. Quest'alleanza ha conquistato 21 seggi, ma nessun Rom è stato eletto. Neppure un'altra coalizione, l'Unione Nazionale Tsar Kiro, conosciuta per essere una coalizione elettorale di organizzazioni zingare, è riuscita a piazzare uno dei propri candidati in Parlamento, assestandosi sullo 0.6% dei voti. L'unico caso relativamente eccezionale sembra essere la Macedonia, dove due membri del Partito per l'Emancipazione Totale dei Rom sono divenuti membri del Parlamento nel 2000.

Nel tentativo di unire le loro forze, i diversi gruppi politici hanno tentato a più riprese di formare coalizioni tra di loro. Ne sono un esempio la coalizione instaurata in Ungheria nel 1990 e denominata Romaparlament e gli accordi tra i partiti rom in Slovacchia del 1993 e in Slovenia del 1996. La maggioranza di queste coalizioni ha però dovuto fare i conti con gli stessi problemi propri delle forme associative individuali: sfiducia e sospetto, lotte intestine e una marcata incapacità di raggiungere compromessi. Esistono però degli esempi che vanno in senso contrario, come il successo riscosso da Partida Romilor nelle elezioni locali rumene del 1996, attraverso l'alleanza con altri undici gruppi. La ricerca di accordi con i partiti politici di maggioranza ha rappresentato l'alternativa all'insuccesso di molti partiti rom presentatisi alle elezioni da soli.

In alcuni Paesi, ad esempio l'Ungheria, il quadro politico è tale per cui un partito potrebbe modificare significativamente gli equilibri di potere, semplicemente catalizzando una buona parte dei voti rom. Ciononostante i partiti di maggioranza hanno formato coalizioni elettorali con i gruppi rom solo molto raramente e ciò principalmente per due ragioni. Prima di tutto, la proporzione di Rom rispetto al totale della popolazione è relativamente bassa e la loro partecipazione politica è stata spesso inferiore alla media. In secondo luogo, l'inclusione di Rom nella lista elettorale ha sempre rappresentato una scelta impopolare, a causa delle diffuse antipatie verso di essi. Per questo, pochi partiti hanno acconsentito a dare ospitalità nei loro ranghi anche a personalità conosciute e rispettate di etnia rom. In alcuni casi, i Rom sono sì inseriti nelle liste, ma in posizioni molto basse, fatto che ne rende l'elezione quasi impossibile a priori. E'accaduto addirittura che i partiti non rivelassero l'appartenenza etnica dei propri candidati rom, preoccupati di perdere in quel modo voti preziosi. Secondo Lászlo Lengyel, un noto analista politico ungherese, per i partiti di maggioranza un voto (rom) guadagnato significa altri due voti persi. I principali partiti politici hanno escogitato altri modi per "corteggiare" gli elettori zingari. Hanno così tentato di concentrare i propri sforzi sulle comunità locali ed hanno chiesto a personalità rom molto conosciute di portare avanti le loro campagne. In altri casi, hanno comprato i voti dei Rom attraverso la distribuzione di soldi o di cibo. La natura di questi atti li rende difficili da testimoniare, ma si tratta di una prassi ben nota a tutti gli addetti ai lavori. La facilità con cui i Rom vengono manipolati ha, allo stesso tempo, accresciuto la riluttanza di molti dirigenti dei partiti di maggioranza ad instaurare con loro dei rapporti di collaborazione.

Il primo serio accordo elettorale tra un partito politico di maggioranza e un'importante associazione rom è stato forse quello, in occasione delle elezioni rumene del 2000, tra il Partito Social Democratico di Iliescu e il Partida Romilor in Romania. Secondo i termini dell'intesa, quest'ultimo avrebbe collaborato alla campagna del PSD e avrebbe incoraggiato i Rom a votare per esso. In cambio, Iliescu garantiva l'estensione della previdenza sociale ai Rom e il coinvolgimento di alcuni membri nei processi decisionali. Il successo di quest'iniziativa ha ispirato esperienze simili in Ungheria e in Bulgaria. I risultati delle ultime elezioni hanno visto i Rom ungheresi conquistare tre seggi attraverso l'alleanza con la lista di centro-destra Fidesz e un seggio attraverso l'alleanza con i socialisti. In Romania, essi hanno occupato un seggio, grazie all'alleanza con il Partito Socialista e hanno potuto usufruire inoltre del seggio riservato loro dalla Costituzione. Anche in Bulgaria i Rom hanno conquistato due seggi, grazie alle alleanze con il Movimento Nazionale di Simeon II e con la Coalizione per la Bulgaria.

Considerando la loro proporzione sul totale della popolazione, tuttavia, dovrebbero esserci dozzine di Rom ad occupare i seggi dei Parlamenti della regione. Invece, alla fine del 1999 ce n'erano 6: Monika Horàkovà in Repubblica Ceca, Madalin Voicu e Nicolae Paun in Romania, Asen Hristov in Bulgaria e Amdi Barjam e Djulistana Markovska in Macedonia. Di questi sei, Bajram si è candidato per suo conto, Horàkovà, Hristov, Markovska e Voicu sono stati eletti nelle liste di partiti di maggioranza e Paun ha occupato il seggio garantito dalla Costituzione rumena per le minoranze. Con le eccezioni dell'Iniziativa Civica in Repubblica Ceca nel 1990 e del Partito per la Totale Emancipazione dei Rom in Macedonia, i partiti su base etnica non hanno registrato successi nelle elezioni nazionali dal 1990 ad oggi e solo pochi parlamentari rom sono stati da allora eletti nelle fila di partiti di maggioranza. L'aumento dei candidati eletti a livello locale, specialmente in quelle aree dove i Rom rappresentano una consistente percentuale della popolazione, sembra indicare però un certo progresso della mobilitazione rom. In Romania, per esempio, sono stati eletti 106 membri di consigli locali nel 1992, 136 nel 1996 e 160 (nonché 4 consiglieri provinciali) nel 2000.

In Slovacchia, le elezioni municipali del 1998 hanno visto la vittoria di 56 consiglieri e 6 sindaci di etnia zingara. Inoltre, molti altri candidati zingari sono stati eletti nelle liste dei partiti di maggioranza, qualcuno sicuramente anche tra coloro che hanno scelto di non identificarsi apertamente come Rom. Queste tendenze sono meno evidenti in Polonia e in Repubblica Ceca. In Polonia, i Rom vivono talmente dispersi sul territorio, che finiscono per rappresentare solo una percentuale infinitesimale dell'elettorato nella maggior parte dei distretti. Ad esempio, la popolazione di Cracovia è di 600.000 abitanti, dei quali solo 600 sono di etnia zingara. Le deficienze nella mobilitazione, assieme ai profondi pregiudizi anti-Rom e alla bassa concentrazione sono invece le ragioni per i pochi candidati cechi eletti a livello locale. L'Ungheria rappresenta un caso particolare per i Rom. Il sistema di autogoverno delle minoranze garantisce loro infatti la possibilità di formare i propri gruppi amministrativi a livello locale e nazionale. Nelle tre elezioni tenutasi dopo il 1994, i Rom ungheresi hanno eletto un numero crescente di rappresentanti. Queste consultazioni sono state tuttavia oggetto di aspre critiche quanto alle modalità di votazione.

3.3. COMPORTAMENTO ELETTORALE [ su ]

Alcuni aspetti delle campagne elettorali dei partiti rom sono simili a quelli delle campagne dei gruppi di maggioranza. I candidati visitano le comunità, organizzano incontri, stampano manifesti e si fanno pubblicità nei media Rom. In casi eccezionali, distribuiscono cibo o denaro. La maggioranza delle campagne comunque, è decisamente disorganizzata e soffre della mancanza di finanziamenti e dell'assenza di una leadership adeguata. Nel periodo più recente, la crescita nel livello della mobilitazione ha fatto sì che anche le campagne divenissero più sofisticate e attirassero più volontari disposti a dedicarvisi. Nel caso di organizzazioni affiliate con partiti di maggioranza, in particolare, la campagna è stata al centro del periodo pre-elettorale. Alcune ONG hanno poi contribuito, in alcuni casi, alla formazione dei candidati e all'organizzazione di incontri e seminari.

Tradizionalmente, i Rom hanno mantenuto un atteggiamento di diffidenza nei confronti della politica, concepita da molti come una preoccupazione gadje. Spesso i leader hanno incontrato molte difficoltà nel convincere i Rom a presentarsi ai seggi, a causa della diffusa sfiducia nel sistema elettorale. Una larga percentuale della popolazione, inoltre, è persino ignara dell'esistenza delle proprie organizzazioni (il 90% dei Rom ungheresi nel 1994). Molti non sono in grado di votare in modo corretto. In alcuni casi, è il leader locale a votare per l'intera comunità. E'accaduto che molte schede siano state ritenute invalide, perché l'elettore aveva espresso la propria preferenza per tutte le organizzazioni Rom, invece che per una sola. Molti Rom sono analfabeti o non posseggono i documenti necessari per votare. Leggi statali particolarmente rigide possono inoltre impedire a migliaia di zingari di esprimere la propria preferenza elettorale. L'esempio più famoso è rappresentato dalla Legge sulla Cittadinanza ceca del 1993, poi modificata.

È possibile individuare diverse direzioni nel comportamento elettorale dei Rom. Barany sottolinea come la maggioranza tenda a dirigere le proprie simpatie elettorali nei confronti del partito al potere al momento della consultazione elettorale, oppure del partito favorito per la vittoria. Inoltre, un vasto numero di Rom ha per anni espresso la propria preferenza per i successori dei disciolti partiti socialisti, esprimendo la propria nostalgia per l'epoca di sicurezza e prosperità da loro associata all'era socialista. A differenza di altri gruppi, ad esempio le minoranze ungheresi in Romania e Slovacchia, che tendono a votare secondo linee etniche, i Rom non esprimono la stessa tendenza. Ciò è dovuto alla scarsa fiducia che essi ripongono in loro stessi. In base a recenti analisi del comportamento elettorale, "un candidato può legittimamente aspettarsi di ricevere solo all'incirca un terzo dei voti degli elettori rom ed è altamente improbabile che possa attirare molte preferenze da parte della maggioranza della popolazione".

Una delle ragioni per cui il voto dei Rom tende a non seguire linee etniche può inoltre essere individuata nel fatto che i pochi rappresentanti eletti nel passato non sono riusciti ad introdurre cambiamenti tangibili all'interno delle comunità. Essi non sono quindi stati in grado di guadagnarsi la fiducia degli elettori. Ancora, a giocare un ruolo importante è la difficoltà di elaborare programmi che possano riflettere la diversità della cultura zingara ed essere comunicati a potenziali elettori dispersi in tutta la regione, in comunità spesso isolate. Il muro frapposto dalle pressoché irraggiungibili soglie elettorali, poi, ha reso ulteriormente più difficile la catalizzazione dei voti sulla base dell'appartenenza alla minoranza. La paura di un'ulteriore emarginazione come conseguenza di un voto etnico, infine, ha da sempre influenzato molti potenziali elettori. Anche in conseguenza dei fattori sopra citati, oltre che della struttura sociale più giovane, la partecipazione elettorale dei Rom è di molto inferiore a quella della maggioranza della popolazione. Secondo stime affidabili, meno del 15% partecipa alle elezioni. Nelle consultazioni elettorali per l'Autogoverno rom in Ungheria nel 1994, ad esempio, solo l'8% dei Rom è andato alle urne.

3.4. PARTECIPAZIONE ovvero SOCIETÀ CIVILE [ su ]

Al posto delle organizzazioni politiche rom, o accanto ad esse, si sono formati gruppi che hanno inteso rappresentare l'interesse della comunità. Essi riempiono gli spazi che non sono occupati da una rappresentanza politica genuina e responsabile nei confronti del collegio elettorale. Si è già avuto occasione di sottolineare come gli aspetti di rappresentanza, legittimata e formale, e partecipazione, sussidiaria e informale, rappresentino presso i Rom due facce della stessa medaglia. Sia la formazione che il monitoraggio delle politiche pubbliche in Europa Centro Orientale sono fortemente influenzati da attori non eletti. Nel caso dei Rom, essi sono costituiti da ONG nazionali e internazionali che si occupano di diritti umani, da organizzazioni di auto-tutela e da gruppi di esperti. Essi costituiscono quella che è chiamata una rete di patrocinio. Nella definizione fornita da Keck e Sikknik, essa consiste in una struttura organizzata per la promozione di cause non riconducibili agli interessi personali dei suoi attori. Si tratta di una rete impegnata nel miglioramento della situazione dei Rom, sviluppatasi nella regione a partire dai primi anni Novanta del Novecento.

Da un lato, gli attori sono generalmente indipendenti e non sono coinvolti nel sostegno di nessun gruppo politico nel Paese. Dall'altro, essi sono, in un certo senso, politici, perché la loro attività consiste nella difesa di norme che i governi sono tenuti a rispettare e quindi nel monitoraggio del loro operato. La loro forza persuasiva risiede nella potenzialità di indurre, tramite le proprie pressioni, i governi a modificare le loro politiche e in certi casi di innescare la trasformazione di un intero sistema politico. Mentre l'influenza dei rappresentanti eletti sulle politiche, sulle scelte e sulle decisioni governative è diretta, quella degli attori nel settore civile è piuttosto indiretta. Nella seconda metà degli anni Novanta del Novecento, lo European Roma Rights Center è diventato la prima ONG internazionale professionale a dedicare il proprio operato alla situazione dei diritti umani presso i Rom. Da allora, esso ha documentato e reso pubblica la sistematica mancanza di protezione dei diritti umani e inviato numerose lettere di accorata protesta a governi e organizzazioni internazionali, fornendo allo stesso tempo aiuto legale e assistenza processuale ai Rom vittime della violazione dei diritti umani.

La crescita di queste reti di patrocinio attorno alla questione zingara ha avuto notevoli conseguenze per la mobilitazione domestica dei Rom nell'Europa Centro Orientale. Prima di tutto, ha reso i governi più consapevoli del contesto normativo a proposito del trattamento delle minoranze. Li ha spinti a confrontarsi con le domande delle minoranze e a ipotizzare una nuova legislazione in materia. Ne sono scaturiti, nella seconda metà degli anni Novanta del Novecento, tutta una serie di programmi governativi specificamente indirizzati alle comunità rom. In alcuni casi l'influenza esercitata sulla legislazione è stata significativa. È questo il caso, ad esempio, dell'Ordinanza Antidiscriminazione del governo rumeno dell'agosto del 2000 e del Programma Quadro per un'Equa Integrazione dei Rom nella Società Bulgara del 1999. Una delle maggiori conseguenze politiche dell'opera delle ONG è stata la crescente attenzione dedicata alla questione zingara anche da parte delle istituzioni internazionali. L'interesse per i Rom è stato accompagnato inoltre dall'aumento delle risorse tecniche e finanziarie, fornite da fondazioni private e organizzazioni internazionali. Nuovi fondi sono stati infatti messi a disposizione delle organizzazioni che miravano a difendere i diritti della minoranza rom e sono stati destinati a sostenere la creazione di nuove realtà attraverso le quali essa possa esprimersi.

La Soros Foundation Network è stata una tra le più accese sostenitrici di queste strategie ed ha reso disponibile un ingente sostegno finanziario per un gran numero di progetti e iniziative che coinvolgessero i Rom. Questa complessa rete di patrocinio è impegnata altresì nella promozione di valori democratici. Diverse ONG internazionali hanno offerto la propria esperienza e le proprie risorse per la formazione degli attivisti nei campi della democrazia e dell'organizzazione politica. Si sono inoltre impegnate nel promuoverne un'immagine meno negativa. Esiste peraltro un limite in ciò che gli attori appartenenti alla sfera civile possono fare a questo proposito. Il governo e i media giocano in questo campo un ruolo fondamentale. La necessità di un coinvolgimento dei Rom nell'elaborazione delle iniziative che li riguardano è stata sottolineata ripetutamente sia a livello nazionale che internazionale. Nel momento in cui sono venuti a mancare rappresentanti eletti, sono stati creati una serie di meccanismi che istituiscono forme di partecipazione per i membri di queste reti di patrocinio. Si tratta di organismi speciali, gruppi consultivi o comitati di esperti, in cui sono coinvolti soprattutto Rom appartenenti ad ONG. Lo status di questi organi non è chiaro. Essi sembrano spesso funzionare più come corpi deliberativi e rappresentativi che consultivi. Per questo, si è creata in alcuni casi l'illusione che esperti e portavoce potessero svolgere il ruolo di rappresentanti.

Un esempio di questa strategia è la prassi cecoslovacca delle tavole rotonde all'inizio degli anni Novanta del Novecento. Concepita per lungo tempo come l'unico meccanismo di coinvolgimento della minoranza zingara nella scena politica, essa ha sortito l'effetto di creare una dipendenza dei Rom dalla buona volontà dei diversi governi, piuttosto che inserirli nel meccanismo dei partiti. Il cambio di governo e il mutato stile di elaborazione delle politiche, ha infatti segnato, nel 1992, il declino dell'importanza politica dei Rom in Repubblica Ceca. In Slovacchia, quando la rappresentanza in politica ha cominciato a presentare maggiori difficoltà, molti leader hanno dirottato la propria attività al settore delle ONG. La dipendenza dalle tavole rotonde si è qui trasformata in una dipendenza da quest'altro settore e ha determinato un allontanamento dei Rom dalla politica vera e propria. Ciò, sommato alla sfiducia e al disinteresse per la politica che regnano all'interno della comunità, compone una profonda frattura culturale.

Essa rende l'effettiva rappresentanza degli interessi zingari ancora più difficile. Nel libro "The limits of the State: political participation and representation of Roma in Czech Republic, Hungary, Poland, and Slovakia", Eva Sobotka spiega che la partecipazione dei Rom alla formazione delle politiche al di fuori del meccanismo rappresentativo si sia tradotta il più delle volte in un meccanismo per cui essi si sono ritrovati ad avere voce in capitolo, ma poca influenza nella pratica. A titolo di esempio, viene citata l'istituzione in Repubblica Ceca della Commissione Interministeriale per le Questioni della Comunità Rom, organo consultivo dei ministeri per la predisposizione delle politiche in materia, avvenuta nel 2000. Il modello di un organismo consultivo dell'amministrazione statale ha influenzato la formazione di strutture simili anche in Slovacchia e in Polonia. L'autrice cita questi Paesi come espressione di un modello di partecipazione dei Rom attraverso la consulenza in fase di elaborazione delle politiche, a scapito del coinvolgimento attraverso la rappresentanza.

Occorre sottolineare che, indipendentemente dal loro contributo alla causa e strettamente parlando, le reti di patrocinio, pur costituite da Rom, non sono rappresentative dell'intera popolazione zingara di un Paese. Non hanno un mandato che le autorizza ad articolare e difendere gli interessi di un gruppo. Esse agiscono piuttosto in nome di un'idea – in questo caso, l'idea che i Rom non debbano essere discriminati. In questo senso, esse non condividono la stessa responsabilità dei rappresentanti eletti democraticamente. Eppure in molti Paesi, come Slovacchia, Ungheria, Repubblica Ceca, un ristretto gruppo di influenti Rom è identificato come rappresentativo della comunità. Queste persone sono spesso citate nei media, sono in grado di far sentire la propria voce a proposito di problemi pratici e sono spesso invitati ad intervenire nella cornice di conferenze internazionali. Sono spesso contattate dal governo per partecipare a dialoghi e tavole rotonde in qualità di esperti. Questa prassi è, in linea generale, incoraggiata da parte degli attivisti, che la considera un mezzo per far sentire la propria voce in sede di elaborazione delle politiche che li riguardano. Una certa percentuale vi vede probabilmente una facile opportunità di influenzare il proprio governo, che permette di aggirare le difficoltà della mobilitazione. Per molti ciò che più conta è che, almeno per alcuni, esista la possibilità di portare il proprio contributo alla discussione di queste questioni. Il fatto che costoro non siano poi i legittimi rappresentanti della comunità passa così in secondo piano.

Tale forma di partecipazione attraverso le diverse reti di patrocinio è necessaria, ma non sufficiente . Essa non è cioè in grado di sostituirsi all'esercizio concreto dei diritti politici ed alla rappresentanza stricto sensu. Questo aggrapparsi ad essa come all'unica possibilità di espressione degli interessi zingari, va quindi guardato come il frutto della patologia di un sistema, quello del coinvolgimento politico dei Rom, le cui mancanze trovano ragione nel complesso contesto culturale. La discussione sulla titolarità della legittima difesa degli interessi dei Rom ha dato alla luce una nuova spaccatura all'interno della comunità: quella tra leader democraticamente eletti e attivisti non formalmente riconosciuti.

3.5. CONFLITTUALITÀ E RIVALITÀ TRA POLITICA E SOCIETÀ CIVILE [ su ]

Sobotka sottolinea come le iniziative dirette della comunità e lo sviluppo delle ONG abbiano contrastato lo sviluppo delle organizzazioni politiche e, per questo, limitato la genuina rappresentanza. Lo sforzo di costruire organizzazioni politiche forti ed efficienti è stato minato dal fatto che la gran parte dell'élite colta si è rivolta al settore civile, nella prospettiva di opportunità finanziarie migliori, offerte dal sostegno di donatori stranieri. I leader più preparati e capaci sono stati così attratti da altre forme di partecipazione e hanno abbandonato l'idea di entrare in quella che è la politica vera e propria. Questa tendenza, come si accennava, non può che essere guardata come un passo indietro nell'ottica globale di una reale rappresentanza degli interessi zingari. Al contrario, c'è però chi rivendica l'importanza del settore civile come un primo passo sulla strada di un coinvolgimento diretto nella sfera politica. All'interno della comunità, la confusione a proposito di leadership e legittimazione è massima. La necessità di più rappresentanti eletti è riconosciuta da sempre più voci, così come lo è il problema di una responsabilizzazione degli attori nei confronti di un corpo elettorale prevalentemente senza istruzione e facile da manipolare.

Nonostante esistano un gran numero di ONG che si occupano di programmi e progetti rivolti alle comunità, la risoluzione dei gravi problemi che le affliggono richiede più di questo. Richiede una politica a livello nazionale. Per ottenerla, i Rom devono prendere parte a pieno titolo ai corpi elettivi e decisionali. I membri di Parlamento e Governo hanno la possibilità di utilizzare mezzi politici, di agire per il miglioramento della situazione dei Rom attraverso la legislazione e attraverso misure governative che hanno la possibilità di influenzare. I loro sforzi mirano a soluzioni sistematiche che si applichino ad intere comunità. Lo stesso non può essere fatto a livello di ONG. A tali capacità di influenzare il sistema corrisponde però un diverso tipo di responsabilità: una responsabilità, per l'appunto, politica e dunque quella di presentare dei risultati e, in caso di fallimento, di pagarne il peso politico e sottoporsi alle critiche. L'effettività degli sforzi dipende dalle capacità e dalla forza relativa dei rappresentanti nel portare avanti gli interessi dei Rom.

La nozione di responsabilità è stata al centro dei dibattiti dell'incontro dell'OSCE a Vienna nell'aprile del 2003. L'approccio dei governi in quell'occasione ha teso a sottolineare come i Rom condividano parte della responsabilità per la situazione corrente e debbano fare di più per contribuire a cambiarla. Quest'idea, contestata dalla maggior parte dei rappresentanti rom intervenuti, permea anche il Piano d'Azione 2003 dell'organizzazione. In quella sede si sottolinea la necessità, nel momento in cui abbiano un ruolo definito e un'influenza sul processo di creazione e attuazione delle politiche che mirano a migliorare la situazione delle loro comunità, di investire i Rom di maggiore responsabilità. Questo compito è sempre più associato con i rappresentanti eletti o designati. Un tale ruolo è però contestato da altri attori, soprattutto facenti parte della società civile. Gli attivisti delle ONG, in particolare, tendono a mettere sistematicamente in dubbio la legittimazione di chi è parte di corpi elettivi o della pubblica amministrazione e a contestare la loro genuina rappresentanza degli interessi della comunità.

Questa contrapposizione è dovuta in parte alle diverse priorità dei due settori, civile e politico; in parte, al modo in cui le ONG percepiscono lo Stato e le sue politiche. Esse, infatti, si identificano come il difensori dei diritti umani e percepiscono i rappresentanti come coloro che si occupano esclusivamente di questioni sociali ed economiche. Tendono a vedere lo Stato e le sue politiche come ostili ai Rom e sottopongono coloro che vengono inseriti in tale struttura alle critiche più feroci, accusandoli di essere corrotti e di servire la causa gadje, piuttosto che quella rom. Dall'altra parte, forti critiche sono mosse al sistema di patrocinio e in particolare alle organizzazioni, accusate di mancanza di legittimazione nel rappresentare i Rom, ma anche di mancanza di democraticità al loro interno e di marcata faziosità. Esse, sostengono i critici, sarebbero passate dall'essere movimenti sociali legati alla base a organizzazioni professionali e costituite da esperti, evento che le ha distratte dal lato volontaristico del loro lavoro e dal legame con la comunità.

Il problema presenta caratteri diversi in Ungheria, dove la legislazione per le minoranze ha istituito un sistema di autogoverno nazionale composto da 53 membri, che è partner ufficiale del governo nella discussione delle questioni relative ai diritti della minoranza zingara. In Ungheria esiste dunque una forma di rappresentanza democratica dei Rom. Ciononostante, la questione si sposta sul terreno della legittimazione alla rappresentanza tra gli attivisti. Forti critiche sono infatti state mosse a proposito delle procedure di elezione dell'Autogoverno e dell'esclusione di importanti gruppi di interesse minori. Un altro aspetto della discussione riguarda poi il modo nel quale il governo si è relazionato a quest'organismo. L'Autogoverno Nazionale dei Rom è stato considerato infatti l'esclusiva controparte del dialogo, delegittimando così le organizzazioni di patrocinio alternative. La sensazione dei critici è che, con l'istituzione nell'organizzazione politica. L'idea più diffusa tra gli studiosi della questione zingara è che la partecipazione politica dei Rom attraverso le reti di patrocinio non possa sostituirsi alla forma principale di rappresentanza. La necessità di un'evoluzione in questo senso è stata di recente riconosciuta in modo generalizzato, anche da personalità facenti capo al settore civile. Molti leader appartenenti alle diverse realtà di quest'ultimo si sono infatti espressi nel senso di sostenere un coinvolgimento più ampio dei Rom nei partiti principali e in politica.

CAPITOLO QUATTRO [ su ]

4.1. IL SISTEMA DI AUTOGOVERNO NAZIONALE E LOCALE E LA RAPPRESENTANZA POLITICA DEI ROM IN UNGHERIA [ su ]

In base alle statistiche ufficiali dell'Ufficio dell'Ombudsman per le Minoranze Nazionali e Etniche, i Rom sono la minoranza ungherese che incontra maggiori ostacoli nell'esercizio dei propri diritti. Fu la politica del regime di Kàdàr del 1961 che, nel perseguire l'idea di un'assimilazione con la forza lavoro dell'economia pianificata centralizzata, mise le basi per la loro politicizzazione. Per la prima volta essi vennero resi dipendenti da autorità esterne alle proprie comunità, affinché potessero ottenere le risorse resesi necessarie in una società moderna. Lo Stato si scontrò allora con quello che viene definito il "dilemma dell'assimilatore": nel tentativo di costruire una politica che riduca la "differenza" di un gruppo particolare diviene necessario fare ancora maggiore attenzione all'identificazione delle caratteristiche del gruppo, dando così un implicito riconoscimento alla sua "differenza". L'identità rom, infatti, non scomparve. La rappresentanza formale dei Rom venne però seriamente considerata solo nei primi anni Ottanta del Novecento, con l'inaugurazione di una nuova politica con un obiettivo meno ambizioso e più economico del raggiungimento della parità di condizioni con gli altri cittadini: la creazione di un rapporto con i rappresentanti del gruppo etnico. Questa logica, denominata "nuovo consenso" si incarnò negli anni successivi nel Consiglio Nazionale dei Rom, massima espressione della sproporzione tra i poteri dell'una e dell'altra parte. I suoi membri venivano designati dal Fronte Patriottico del Popolo, sotto la cui supervisione si svolgeva tutta l'attività dell'organo. Esso non possedeva un proprio budget.

La transizione del Paese da un'economia socialista ad una di mercato ha creato una serie di problemi sociali che hanno profondamente inciso sulla situazione delle minoranze, in particolar modo su quella rom, segnando un disastroso declino nelle opportunità di impiego e nelle condizioni di vita dei più, una crescita del pregiudizio e della discriminazione e un conseguente declino della protezione e dei diritti derivanti dalla cittadinanza. Il debole o, meglio, relativamente debole grado di rappresentanza degli interessi dei Rom non è stato sufficiente per proteggere gli interessi della popolazione. La politicizzazione dei Rom ha avuto dunque la sua migliore espressione con lo sviluppo di più efficaci ed incisivi meccanismi a partire dalla metà degli anni Novanta del Novecento. Questa collocazione temporale delle più significative misure dirette alla questione della partecipazione zingara ha principalmente due ragioni. La prima è la crescita della popolazione rom, negli ultimi cinquant'anni, da 100.000 elementi nel 1943 a circa un milione oggi. Un fattore ancora più importante è il grado (solo relativamente) maggiore di integrazione sociale ed economica. La legislazione di riferimento è stata varata poi in un momento in cui gli effetti del cambio del sistema hanno creato un bisogno più che mai acceso di politiche che migliorassero le condizioni di vita e l'uguaglianza dei Rom.

Si stima che quasi tre quarti della popolazione zingara viva sulla o sotto la soglia di povertà, contro il 15% della popolazione ungherese. Il tasso di disoccupazione è tra le quattro e le cinque volte maggiore che per i non-Rom. Essa è interessata inoltre da un'altissima mortalità infantile e piagata da malattie croniche. Incontra una grande difficoltà nell'accesso all'educazione. Le condizioni abitative sono pessime. Queste condizioni sfavorevoli incoraggiano la discriminazione e il pregiudizio. Questi ultimi, a loro volta, contribuiscono al deterioramento della situazione, creando, in sostanza, una sorta di circolo vizioso. Le modifiche alla Costituzione del 1993 hanno incluso i Rom nella stessa categoria delle altre minoranze nazionali. Questo status è stato poi confermato nello stesso anno dalla Legge sulle Minoranze Nazionali ed Etniche. Queste previsioni si sono inserite nel più ampio disegno del governo, improntato a valorizzare e preservare l'identità delle minoranze attraverso la loro diretta rappresentanza.

Sia la Costituzione che la Legge sulle Minoranze prevedono, in termini generali, la possibilità per le minoranze di essere rappresentate nell'Assemblea Nazionale. Tuttavia, ad oggi, quest'obiettivo non è stato raggiunto, in ragione della mancata emanazione da parte del Parlamento della legislazione di riferimento. Ciò ha attirato all'Ungheria il biasimo del Comitato Consultivo che si occupa di monitorare l'applicazione della Convenzione Quadro per le Minoranze Nazionali. Tra le istituzioni dedicate ai Rom, un ruolo importante è rivestito dal Segretario di Stato responsabile per le politiche per l'integrazione dei Rom. Quest'organo si è speso a più riprese per aumentarne la rappresentanza al livello di governo. Alla sua iniziativa si deve, tra le altre cose, l'istituzione di un Consiglio per la Questione Zingara sotto la direzione del Primo Ministro. Esso è composto di 21 membri provenienti sia dalla sfera civile che politica, costituiti per la maggioranza di rappresentanti rom. Ha funzioni consultive e rappresenta un forum per la discussione ad un alto livello.

Un altro traguardo è consistito nella creazione di Uffici per i Commissari Rom in sei ministeri, destinati a facilitare la coordinazione e a fungere da riferimento nelle questioni relative alla minoranza zingara. Anche nei Ministeri che non ospitano un Commissario saranno creati dipartimenti o uffici che si occupino delle stesse materie. Queste iniziative promettono di assicurare crescente partecipazione ai rappresentanti rom e maggiore visibilità alla questione zingara al livello di governo. L'Ungheria è il primo Paese a poter vantare una rete a portata nazionale di istituzioni legalmente riconosciute, finanziate pubblicamente ed elette dal popolo per la rappresentanza degli interessi (delle minoranze e in particolare) dei Rom. Si tratta del Sistema di Autogoverno, nato con la predetta Legge sulle Minoranze Etniche e Nazionali del 1993. La definizione ungherese di minoranza abbraccia i soli cittadini dello Stato, escludendo così dal godimento dei diritti previsti dalla Legge le minoranze (e le comunità rom) composte da non cittadini. Ciò si pone peraltro, come accennato, in contrasto con l'art. 27 del Patto Internazionale sui Diritti civili e Politici delle Nazioni Unite, così come commentato dal Comitato per i Diritti Umani. Le minoranze escluse possono contare di conseguenza sulla protezione offerta loro da questo strumento.

La Legge richiede inoltre che un determinato gruppo etnico abbia vissuto sul territorio dello Stato per almeno cento anni. Questo contraddice ancora una volta il Comitato sui Diritti Umani, che stabilisce che finanche i lavoratori emigranti e i visitatori di uno Stato membro non possano essere privati dei diritti garantiti dall'art. 27. Questa previsione è costata all'Ungheria anche le critiche del Comitato per l'Eliminazione della Discriminazione Razziale. Il primo Autogoverno Nazionale della Minoranza Zingara è stato eletto nel 1995 con un mandato quadriennale. Nell'autunno 2002, esistevano ben 724 Autogoverni Locali. Essi garantiscono a 3000 Rom la partecipazione alla vita pubblica. Questo meccanismo non è stato però immune da critiche, che ne hanno evidenziato innegabili difetti. Il sistema di elezione dell'Autogoverno Nazionale, in primo luogo, non permette una rappresentanza dei diversi gruppi elettorali. A differenza dei sistemi parlamentari di democrazia rappresentativa, non prevede un ruolo per l'opposizione e tende piuttosto alla delegittimazione dei candidati non eletti. La rappresentanza della minoranza non esprime la diversità della comunità ma diviene monopolio dell'Autogoverno, cioè della fazione politica più forte. Questo ruolo è stato da sempre appannaggio dell'associazione Lungo Drom.

Il problema dell'esclusione di significative realtà della politica rom dall'Autogoverno è che essa ha spinto molti attivisti a mettere in dubbio la legittimità del sistema. Ciò non solo ha minato la credibilità dell'Autogoverno come modello di rappresentanza, ma ha anche fomentato le divisioni all'interno della comunità, limitando la sua effettività come tale. Le critiche alla democraticità dell'Autogoverno al suo interno e i guai con la giustizia di alcuni membri, primo fra tutti il presidente del primo Autogoverno, Farkas, hanno ulteriormente danneggiato la sua immagine e quella dell'intera popolazione zingara. Il sistema di elezione è stato aspramente criticato anche a livello locale, a causa di quello che è stato chiamato "il problema del cuculo". Si sono registrati infatti incredibili episodi, in cui candidati non appartenenti alla minoranza sono riusciti a farsi eleggere, fingendosi membri della comunità e in alcuni casi riuscendo persino a battere candidati "genuini". Delle indagini in materia e delle proposte di soluzione si è occupato l'Ombudsman per le Minoranze, affiancato da un Comitato ad hoc.

Un altro problema dell'Autogoverno è la mancanza di un anello di congiunzione tra le strutture locali e nazionali, ciò che crea uno scarto nella struttura decisionale. Al livello provinciale dunque, i Rom non hanno né voce né controllo. Nell'assenza di modifiche alla Legge sulle Minoranze, l'Autogoverno è stato costretto ad adottare autonomamente una propria forma di rappresentanza intermedia. Nel 1997 esistevano già 23 uffici locali in 18 province, ognuno dei quali gestito da un membro dell'Autogoverno Nazionale e rappresentato in un Consiglio di Coordinamento. Tuttavia, queste misure mancano di forza legislativa e, di conseguenza, l'effettività della rappresentanza a livello regionale dipende unicamente dalla volontà dei funzionari pubblici. Nel 1998, meno della metà delle 477 strutture locali ha dichiarato di approvare il lavoro dell'Autogoverno Nazionale. Inoltre, il 45% ha dichiarato di avere con esso rapporti insoddisfacenti o inesistenti. Molte critiche sono state rivolte all'Autogoverno Nazionale per essere facilmente controllato dal governo, non esercitare un'autorità reale e limitarsi ad approvare proposte di matrice governativa senza produrne delle proprie.

La tendenza dell'Autogoverno si è dimostrata negli anni quella ad esercitare sempre maggiore influenza sulla scena politica ed in particolare ad intervenire direttamente nell'allocazione dei fondi statali destinati ai Rom. Queste competenze non sono contemplate dalla Legge sulle Minoranze, la quale è nata con l'intento di garantirvi prima di tutto un'autonomia culturale. L'attribuzione di questi poteri determinerebbe una pesante influenza dell'Autogoverno sulla popolazione, influenza cui, occorre sottolineare, non corrisponde un'adeguata responsabilità. L'Autogoverno Nazionale, infatti, è eletto attraverso un collegio elettorale costituito ad hoc, che riunisce i rappresentanti degli Autogoverni locali. Esso esiste solamente per un giorno, non c'è modo di riconvocarlo e, anche se tale evenienza si verificasse, esso non eserciterebbe alcuna autorità. Nemmeno si può dire che un tale vincolo sussista nei confronti del Parlamento ungherese né, con l'eccezione delle questioni finanziarie, nei confronti di altri organismi governativi. Inoltre, data la competitività interna al sistema, l'allocazione di fondi finisce per giocare un ruolo di catalizzatore del sostegno e definire le relazioni tra le diverse organizzazioni. Per questo, il finanziamento diventa un'assegnazione largamente politica.

Riformare il sistema dell'autogoverno dei Rom per attribuirvi maggiore responsabilità dovrebbe poi tenere conto della situazione delle altre minoranze. D'altra parte, l'esperienza ha finora dimostrato che, a meno che vengano istituiti dei meccanismi per assicurare la responsabilità per le decisioni prese, c'è un pericolo di perdita di credibilità del sistema. Inoltre, finchè l'Autogoverno non comincerà a funzionare in maniera più aperta e democratica, è improbabile che la rappresentanza degli interessi dei Rom sia in grado di assicurare l'adozione di politiche che riflettano i bisogni e la situazione della popolazione Nel suo rapporto del 2002, l'Ombudsman per le Minoranze ha rilevato come, in molti casi, le autorità locali e gli Autogoverni ignorino i rispettivi diritti e responsabilità davanti alla legge. Alcuni comuni non vedono gli Autogoverni come partner paritetici e non desiderano collaborare con essi. Poiché l'Autogoverno delle minoranze è soggetto alla volontà del governo locale sia finanziariamente che professionalmente, il suo successo ne è condizionato. Molti degli attriti a questo livello riguardano il finanziamento delle attività e il trasferimento delle funzioni.

Le reiterate proposte di riforma e di chiarificazione di alcuni aspetti della Legge sulle Minoranze, sia ad opera dell'Ombudsman che degli stessi Autogoverni, hanno finora incontrato fiera opposizione in Parlamento. L'istituzione del sistema di autogoverno ha un profondo significato, non solo per la minoranza Rom, ma per l'intera Ungheria. Si tratta di un sistema senza precedenti per la gestione delle questioni minoritarie. La situazione dei Rom rappresenta la sfida più grande per esso. Perché esso funzioni in rapporto a questa minoranza, occorre che queste tensioni siano affrontate e che il sistema sia messo nella possibilità di stabilire una genuina parità di opportunità. Finora, infatti, un'integrazione costruttiva dei Rom nel sistema politico ungherese non è avvenuta. Anzi, essi rimangono isolati e in alcuni casi segregati dalla maggioranza della popolazione. Il sistema di autogoverno è stato definito "la più grande bugia della maggioranza nei confronti della più grande minoranza del Paese". Sobotka ritiene che l'Autogoverno abbia allontanato i Rom dalla reale sfera politica e li abbia privati della possibilità di partecipare al processo decisionale in modo effettivo. Ciò avrebbe influenzato negativamente anche la mobilitazione, concentrando tutti gli sforzi su questo insufficiente sistema di rappresentanza.

Quest'ultimo favorirebbe inoltre le fazioni fedeli al governo. Sebbene la Legge non abbia realizzato tutte le aspirazioni della comunità, il Project on Ethnic Relations sottolinea come essa abbia se non altro concesso ai Rom la possibilità di mobilitarsi politicamente e raggiungere una maggiore consapevolezza dei propri diritti. Anche il Comitato Consultivo incaricato del monitoraggio dell'attuazione della Convenzione Quadro per la Protezione delle Minoranze Nazionali ha ritenuto che il sistema di autogoverno svolga un ruolo positivo ed importante, in quanto permette e promuove la partecipazione delle minoranze etniche e nazionali nella vita pubblica. Nonostante il suo funzionamento possa essere ulteriormente migliorato, questo strumento è ritenuto funzionare in modo soddisfacente. Le linee guida del Piano a lungo termine del governo riguardo la questione zingara del 2002 prevedono per la prima volta un'ampia trattazione del problema della partecipazione nella vita pubblica. In questo documento sono previste diverse misure per la formazione dei rappresentanti e nuovi piani per il finanziamento degli Autogoverni.

4.2. I DIVERSI DESTINI DELLA POLITICA ZINGARA ALLA DISSOLUZIONE DELLA FEDERAZIONE: IL CONTESTO CECO E L'EVOLUZIONE SLOVACCA [ su ]

Nei primi anni Novanta del Novecento il livello di coinvolgimento politico dei Rom in Cecoslovacchia era estremamente elevato, in confronto a quello dei Paesi dell'Europa Centro Orientale. La comunità era rappresentata da dieci politici che sedevano al Parlamento Federale e nei due Consigli Nazionali. I leader erano regolarmente consultati a proposito della politica sia federale che nazionale ed erano in qualche misura coinvolti anche nell'elaborazione della legislazione, attraverso le cosiddette tavole rotonde. Quest'ultima prassi, occorre sottolineare, non ha rappresentato nel tempo un metodo effettivo per lo sviluppo delle politiche in materia, nonostante essa sia stata percepita come strumento sia di partecipazione che di rappresentanza per diversi anni. Gli attori rom hanno finito per sviluppare una dipendenza dalle tavole rotonde e dalla buona volontà dei governi, piuttosto che dal lavoro parlamentare e dalla costruzione di alleanze tra partiti politici. In questo senso, essi hanno perso la possibilità di inserirsi nel sistema dei partiti in via di formazione.

La dissoluzione della Cecoslovacchia può per questo essere vista come la fine della politica rom, sia nel senso della rappresentanza parlamentare che nel senso del contributo alla formazione delle politiche. Alla fine di questa "era amichevole" nell'estate del 1992, una volta mutati il governo e lo stile di sviluppo delle politiche, i Rom hanno subito un forte declino quanto ad importanza politica. Significativamente, mentre gli esperti stimano il numero di Rom in Repubblica Ceca tra i 275.000 e i 300.000, il numero di persone dichiaratesi di etnia rom è passato dai 33.000 nel censimento del 1991 a 12.000 nel censimento del 2001. In Slovacchia, al contrario, non si sono registrate grandi variazioni: il numero di Rom ad identificarsi come tali è passato da 80.949 nel 1992 a 89.920 nel 2001 su un totale che sia il governo che le ONG e le organizzazioni internazionali individuano in circa 500.000 elementi.

Nessun provvedimento legislativo ha attirato maggiori critiche della Legge sulla Cittadinanza della Repubblica Ceca del 1993. Essa ha in sostanza avuto l'effetto di identificare come slovacca la grande maggioranza dei circa 200.000 Rom residenti nel Paese, indipendentemente dal luogo di nascita. Inoltre, ha imposto l'adempimento di tutta una serie di complicate procedure e il soddisfacimento di complessi criteri per l'ottenimento della cittadinanza ceca. In particolare, gli aspiranti cittadini erano chiamati a provare di non aver commesso crimini negli ultimi cinque anni, di possedere la residenza permanente nel territorio da almeno due anni e di non essere in debito del pagamento delle tasse al governo slovacco. La Legge non nominava espressamente i Rom, ma vi si riferiva più che apertamente. Le ragioni della severità del provvedimento sono da ricercarsi nel fatto che, alla fine del 1992, quando la Federazione stava per sciogliersi, le città nel nord della Boemia sono state interessate da un ingente flusso migratorio di Rom, seguito da un aumento di crimine e disordini cittadini. I sindaci di molte città hanno allora richiesto una legge che creasse le basi legali per l'espulsione.

Come sempre, i dati forniti non sono del tutto affidabili, ma di certo la legge ha messo in una situazione legale precaria lo status di decine di migliaia di individui appartenenti alla comunità zingara. Nel 1994 la Corte Costituzionale ha rifiutato il ricorso di 46 deputati per emendare il provvedimento. Finalmente, nel 1996, dopo una lunga battaglia politica capeggiata da Jiri Payne, Presidente del Comitato parlamentare per le Relazioni Estere, sotto intensa pressione del Consiglio d'Europa e dell'Alto Commissario per i rifugiati dell'ONU, la legge è stata modificata. Gli emendamenti non sono stati salutati però da soddisfazione unanime, in quanto si sono limitati a ridurre i requisiti relativi alla mancata commissione di crimini al periodo di tre anni. Alla fine, dopo altri tre anni di critiche e un cambio di governo, la legge è stata modificata nuovamente nel 1999. Si basa ora sulla premessa che coloro che godevano di residenza permanente nel Paese nel 1993 hanno ora titolo a possedere la cittadinanza ceca.

Le politiche riguardanti i Rom sono guidate in Repubblica Ceca da tre organismi fondamentali. Il Consiglio per le Minoranze Nazionali esiste fin dall'epoca socialista ed è costituito da tre membri permanenti, uno dei quali di etnia rom. Esso è studiato come un organo dotato di poteri consultivi, di iniziativa e di coordinamento. Ciononostante, la sua importanza è stata significativamente ridimensionata, facendone il mero rappresentante del governo negli eventi relativi alle minoranze. In risposta alle critiche per la mancanza di una vera e propria politica sui Rom, il governo ceco ha inteso ristabilire un dialogo con la comunità, attraverso l'istituzione della Commissione Interministeriale per le Questioni riguardanti la Comunità Rom. Si tratta di un corpo consultivo, incaricato di assistere i ministeri nella stesura della legislazione. Essa è formata da 24 membri: 12 incaricati di altrettanti Ministeri che si occupano della questione zingara e 12 esperti Rom che li affiancano. Il governo ceco è stato da sempre un sostenitore di questo modello di collaborazione e ha sottolineato come esso permetta un collegamento efficace anche con le realtà e le esigenze locali.

Lo status della Commissione era tuttavia quello più basso nella gerarchia del governo. Non era un organismo inserito nell'amministrazione statale e così, per esempio, non aveva il potere di imporre le proprie raccomandazioni alla autorità locali. La proposta di ovviare a questa debolezza strutturale, attraverso la creazione di uno speciale Ufficio per l'Uguaglianza Etnica e Razziale non è mai stata approvata. Nel 2001 lo status della Commissione è stato però cambiato in quello di Consiglio per le Questioni della Comunità Rom e il suo responsabile è diventato membro del governo. Il Consiglio rappresenta la forma principale di organizzazione istituzionale in questa materia. Rappresentanti Rom sono stati poi designati per rappresentare le regioni. Il Consiglio per i Diritti Umani, infine, in funzione solo dal febbraio 1999, è forse il più attivo degli organi intitolati alle questioni minoritarie. Esso, attraverso l'istituzione di gruppi di lavoro e attraverso l'opera del suo presidente, si è dimostrato determinante nel dare alla questione zingara un più alto profilo nelle misure governative adottate negli anni immediatamente successivi.

Nel 2000 il governo ha adottato il Concetto della Politica Governativa nei confronti dei membri della comunità rom. Questa misura legislativa, intesa a sostenere l'integrazione della minoranza zingara nella società, è basata sul cosiddetto "Bratinka Report" del 1997, uno studio complesso che ha evidenziato i fattori più problematici e posto le basi per le successive politiche. Il Concetto viene aggiornato annualmente. Esso non contiene specifici obiettivi, ma una serie di principi ispiratori e un quadro entro il quale inserire le diverse attività. L'attuazione dei programmi specifici è assegnata ai ministri e ad altri attori governativi, i quali decidono autonomamente la quantità di fondi destinarvi. Uno dei maggiori obiettivi del Concetto è quello di favorire la partecipazione dei Rom nelle decisioni che riguardano le loro comunità e sostenerne una maggiore rappresentanza politica. Esso, tuttavia, non contiene misure specifiche per il raggiungimento di questi obiettivi. Suscita perplessità, inoltre, il fatto che non esistano dati che testimonino ufficialmente il grado di sottorappresentazione di questa minoranza e che il Concetto non preveda l'effettuazione di ricerche in quest'ambito. Nel 2000, il governo ha adottato una legislazione che istituisce un Consiglio per le Minoranze Etniche. In questo modo esso ha inteso soddisfare una delle previsioni della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa. Il Paese ha sviluppato un complesso meccanismo per amministrare e monitorare l'attuazione delle politiche a livello nazionale. L'unica forma di partecipazione, tuttavia, è quella offerta ai Rom e alle loro organizzazioni attraverso i diversi organismi con funzioni consultive.

La partecipazione di partiti etnici alle elezioni è limitata dalla soglia del 5%, che, come si è avuto occasione di accennare, risulta superiore alla percentuale di Rom sul totale della popolazione. Il partito denominato Iniziativa Civica, che ha rappresentato fino al 1992 la più promettente forma di associazione dei Rom della regione, ora non guida né rappresenta più la comunità. Nonostante rappresenti l'unico partito politico rom ad essere registrato, esso ha ottenuto solo lo 0.01% dei voti nelle ultime elezioni parlamentari (giugno 2002). Attualmente, non esiste alcun rappresentante eletto che possa articolare le necessità e le preoccupazioni dei Rom. La nuova Legge sulle Minoranze ceca garantisce il diritto alla partecipazione attiva nella vita culturale, sociale e economica, in particolar modo a livello regionale e municipale. Tuttavia, questo diritto è appannaggio esclusivo delle minoranze che superino la soglia del 10% in una determinata città o regione. In caso contrario, è possibile stabilire commissioni con lo scopo di assicurare una loro rappresentanza. Il Consiglio Comunale di Praga ha creato, ad esempio, una Commissione per le Minoranze Nazionali i cui membri rappresentano tutte le organizzazioni di minoranza della città.

Il Comitato Consultivo per il monitoraggio dell'attuazione della Convenzione Quadro delle Minoranze Nazionali ha incoraggiato il governo ad individuare e attuare delle misure atte a favorire la partecipazione dei Rom ai meccanismi decisionali, in particolar modo nelle questioni che li riguardano. Esso ha fornito nei suoi rapporti un giudizio positivo quanto all'istituzione di dei corpi consultivi, ma ha sottolineato allo stesso tempo l'esistenza di una serie di fattori, in particolar modo la mancanza di staff di altre risorse, che ne limitano l'effettività. Il Comitato ha inoltre richiesto una maggiore attenzione ad assicurare la partecipazione delle donne rom nell'attuazione del Concetto. A partire dal 2000, il governo ceco ha sostenuto e appoggiato l'Unione Internazionale dei Rom nella sua campagna in nome del riconoscimento dei Rom come Nazione. Sebbene accusato di cercare un ritorno d'immagine su scala internazionale, esso ha comunque contribuito a lanciare un importante segnale alla comunità, agli altri governi, agli organismi internazionali e alla maggioranza della popolazione.

In Slovacchia, i Rom non sono riusciti, dopo il 1992, ad inserirsi nel sistema dei partiti e sono stati relegati ai margini di una sfera politica dominata dal principio civico. In base ad esso, i diritti delle minoranze sono garantiti automaticamente sulla base della cittadinanza e non abbisognano di specifiche previsioni. Le prime elezioni slovacche non portarono nessun Rom a sedersi in Parlamento per l'Iniziativa Civica Rom, finora tanto popolare. Ciò, nonostante un potenziale elettorale fosse certo presente, con i Rom che costituivano il 10% sul totale della popolazione. Il modello ceco della partecipazione rom attraverso organismi consultivi ha influenzato la formazione di strutture simili anche in Slovacchia. Esso ha trovato la sua compiuta espressione dopo la fine del governo Meciar, nel 1998. Con la Strategia per la Risoluzione della Questione Zingara, è stata infatti prevista l'istituzione di organi con funzioni consultive e l'istituzionalizzazione della collaborazione con le ONG. Sono stati così creati il Consiglio per i Diritti Umani, il Consiglio per le Minoranze Nazionali e i Gruppi Etnici ed il Consiglio per le Questioni riguardanti la Comunità Rom.

Per favorire l'attuazione della Strategia, il governo ha poi adottato una serie di Priorità nell'aprile 2002. Vi sono state proposte di revisione, ma al momento il documento riflette una ricerca e una programmazione insufficienti. L'attuazione è consistita principalmente di progetti a breve termine in poche aree prioritarie. Il finanziamento è stato inadeguato. Essa ha offerto poche opportunità per i Rom di partecipare in sede decisionale e gestionale per individuare delle soluzioni ai problemi delle loro comunità e non ha proposto mezzi concreti per facilitare il raggiungimento di questi obiettivi. La Strategia ha creato la posizione di Consigliere rom a livello dell'amministrazione regionale. Tuttavia, nessun fondo addizionale è stato allocato e queste responsabilità sono state fatte proprie dallo staff già presente, che non ha ricevuto ulteriore formazione professionale. Inoltre, non è espressamente previsto che queste posizioni debbano essere ricoperte da Rom e ogni ufficio può decidere autonomamente se assumere un consulente. Nel 2002, solo tre consulenti erano stati nominati a livello regionale e uno a livello distrettuale. Di essi, secondo fonti delle ONG, solo due erano di origine rom.

I Rom partecipano con funzioni consultive al Comitato Consultivo del Plenipotenziario, al Consiglio per le Minoranze Nazionali e alla Commissione Consultiva che riceve fondi dal Ministero della Cultura. Anche il Ministero degli Interni ha creato una posizione consultiva speciale per le questioni dei Rom. In Slovacchia non esistono previsioni costituzionali o legislative che assicurino la rappresentanza delle minoranze. Ad oggi, nessun rappresentante rom siede in Parlamento. L'Iniziativa Civica dei Rom, il partito con la maggiore influenza, ha ricevuto risultati elettorali solo marginali. Esso ha finito per ricercare l'appoggio dell'amministrazione Meciar, cosa che gli ha attirato molto discredito. Nel 1996 vi si è contrapposta l'Intellighenzia Rom per la Coesistenza, che ha preferito elementi politici democratici e ha guadagnato influenza a partire dalle elezioni del 1998. Nel 1999, esistevano 14 partiti politici rom riconosciuti e 59 associazioni. Nelle elezioni parlamentari del 2001, tuttavia, nonostante le numerose candidature, sia indipendenti che nelle fila dei partiti di maggioranza, nessun Rom è riuscito a conquistare un seggio. I leader di questa minoranza non sono stati in grado di instaurare coalizioni né di catalizzare i voti di altri gruppi etnici, non hanno mobilitato il sostegno del proprio elettorato e non sono riusciti ad articolare e formulare i propri interessi né a creare un sostrato di fiducia presso le comunità.

Le recenti modifiche della legge che regolamenta le elezioni parlamentari contengono molte previsioni problematiche. La legge stabilisce, tra l'altro, che solo i cittadini con residenza permanente in un determinato comune abbiano il diritto di voto. Molti Rom che vivono in periferia ne vengono in questo modo privati. Inoltre, un gran numero di Rom sono esclusi dalle votazioni perché analfabeti. Per quanto riguarda queste percentuali, oltretutto, occorre sottolineare come il dato reale sia spesso molto maggiore di quello ufficiale. Anche la legge che regolamenta le elezioni locali è stata aspramente criticata, non solo da parte delle associazioni comunali e dei partiti di opposizione, ma anche dell'Alto Commissario per le Minoranze Nazionali dell'OSCE117. Essa prevede che il numero dei consiglieri sia distribuito obbligatoriamente a seconda della composizione etnica della popolazione. Le minoranze devono essere rappresentate in modo proporzionale nelle località in cui la loro percentuale sulla popolazione supera il 5%. Secondo i suoi critici, questa legge impedirebbe ai candidati di avere uguale accesso ai seggi locali. I gruppi etnici si vedrebbero assegnato un numero predeterminato di seggi, e ciò contribuirebbe alla polarizzazione delle elezioni, con pregiudizio dei candidati di partiti moderati. Inoltre, la forzata "etnicizzazione" ridurrebbe lo spazio per il compromesso politico.

La determinazione della composizione etnica in base ai risultati del censimento del 1991, infine, ha presentato ulteriori problemi, a causa del fenomeno per cui, in quell'occasione, molti Rom si sono dichiarati appartenenti ad altre etnie. L'aumento dei candidati eletti a livello locale, specialmente in quelle aree dove i Rom rappresentano una consistente percentuale della popolazione, sembra indicare però un certo progresso della mobilitazione. Molti Rom hanno scelto di dedicarsi al settore delle ONG, segnando la dipartita della questione zingara dai principali canali politici. Un numero crescente partecipa dunque allo sviluppo ed all'attuazione delle politiche attraverso questo settore. La Strategia riconosce l'importanza di questo sviluppo e promette sostegno per le loro attività. Nel suo rapporto a proposito della situazione slovacca, il Comitato Consultivo del Consiglio d'Europa esprime parere positivo in merito all'inclusione dei Rom nella composizione del Consiglio delle Minoranze Nazionali e dei Gruppi Etnici. Pur riconoscendo al governo il merito dell'istituzione di un certo numero di iniziative dirette alla partecipazione dei Rom alla vota pubblica, però, esso ritiene che gli sforzi in questo campo possano essere intensificati e che particolare attenzione vada prestata alla situazione delle donne. Invita inoltre il governo a dedicare maggiori risorse per la risoluzione di questa importante questione.

4.3. RAPPRESENTANZA POLITICA COSTITUZIONALMENTE GARANTITA: I ROM IN ROMANIA [ su ]

La Costituzione rumena è l'unica della regione a garantire la rappresentanza politica per le minoranze in Parlamento. L'art. 59.2 stabilisce che, indipendentemente dal numero di voti ottenuti, le organizzazioni minoritarie hanno diritto ognuna ad un seggio alla Camera dei Deputati. Di questo diritto si avvantaggia solo un'organizzazione per minoranza, quella che, pur non riuscendo a superare la soglia di sbarramento del 5%, ottiene il più alto numero di voti. La previsione costituzionale di una rappresentanza garantita è riconosciuta come misura importante e meritoria da parte del Comitato Consultivo incaricato di monitorare l'attuazione della Convenzione Quadro. Essa presenta però degli inconvenienti. In particolare, questo meccanismo crea un'indesiderabile dinamica del "winner takes all" e inibisce la cooperazione tra le diverse organizzazioni rappresentative di un gruppo minoritario. Nel caso dei Rom quest'effetto è particolarmente evidente ed è esacerbato dal fatto che, nonostante qualunque organizzazione minoritaria abbia diritto ai finanziamenti da parte del Consiglio delle Minoranze Nazionali, solo le associazioni riconosciute hanno voce in capitolo in merito alla loro allocazione. Questo sistema di rappresentanza è infatti basato sulla falsa presunzione che i gruppi minoritari siano attori politici unitari. La recente modifica della legislazione in materia di associazioni nel senso di una semplificazione del sistema di registrazione, ha fatto ulteriormente temere un'ennesima frammentazione. Quest'ultima è un'ulteriore causa di dispersione del voto etnico in occasione delle consultazioni elettorali.

Il governo ha adottato nell'aprile 2001 una Strategia per il Miglioramento della Condizione dei Rom. Essa è la prima iniziativa a presentare un approccio comprensivo ai problemi incontrati dalla minoranza zingara in Romania, occupandosi sia della nondiscriminazione che della promozione dei loro diritti. Sulla sua emanazione ha molto pesato la prospettiva della partecipazione all'Unione Europea e quindi il raggiungimento dei requisiti previsti dalla dichiarazione di Copenhagen nel 1993. Essa è stata ideata principalmente ad opera dell'Ufficio Nazionale per i Rom, al tempo inserito all'interno della struttura facente capo al Dipartimento per la Protezione delle Minoranze Nazionali del Ministero dell'Informazione Pubblica. Molte critiche sono state avanzate al basso livello di partecipazione dei diretti interessati, anche se un certo numero di organizzazioni rom ha effettivamente fornito la propria consulenza nella sua elaborazione. Uno dei più importanti aspetti della Strategia è la previsione di una partecipazione dei Rom a tutti i livelli di governo. In particolare, vi si stabilisce l'istituzione di strutture locali, in cui la presenza rom vigili sull'attuazione della strategia e si assicuri che essa venga incontro alle necessità delle singole comunità.

Queste misure perseguono l'ambizioso obiettivo di istituzionalizzare la rappresentanza dei Rom a livello locale, creare una potente rete di funzionari e capitalizzare sul crescente numero di laureati di etnia zingara. Ciononostante, va rilevato come molti di questi uffici non siano ancora in grado di esercitare un'influenza significativa sui processi decisionali. Ciò avviene anche perché manca una chiara definizione a livello legislativo delle loro attività e responsabilità in relazione agli altri corpi governativi. Tre anni dopo la sua adozione, il livello di attuazione della Strategia rimane basso. Nonostante alcune iniziative realizzate con successo, la maggior parte degli obiettivi non sono stati tradotti a livello locale e, tra le autorità impegnate a metterli in pratica, vige una certa ignoranza sulle linee da seguire nell'attuazione. Le strutture a livello locale e centrale non sono efficienti e soffrono della penuria di risorse finanziarie e materiali.

Nel 2003 il governo ha introdotto una serie di cambi strutturali che hanno portato alla trasformazione del Ministero dell'Informazione Pubblica nell'Agenzia per le Strategie Governative. Come conseguenza, l'Ufficio Nazionale per i Rom è stato trasformato nell'Ufficio per le Questioni Rom e spostato alle dipendenze del Dipartimento per le Relazioni Interetniche, facente capo al Segretariato Generale del governo. Le cariche di questi uffici sono in parte ricoperte da membri della comunità rom. Il Dipartimento per le Relazioni Interetniche ha assunto la responsabilità per le questioni minoritarie in generale e si è occupato della coordinazione della Strategia. La struttura principale incaricata dell'attuazione rimane la Commissione Mista per il Monitoraggio e l'Attuazione, mentre l'Ufficio per le Questioni Rom svolge le funzioni di corpo esecutivo. Il livello di rappresentanza dei Rom nella Commissione è basso. Inoltre, si sono registrati in passato dei tentativi di escludere alcuni dei membri Rom. Nei Ministeri principali sono collocate delle Commissioni per i Rom. Esse sono dirette da un Segretario di Stato e comprendono un membro della Commissione mista e altri tre o quattro membri addizionali, almeno uno dei quali di etnia rom e nominato dalle organizzazioni principali.

A seguito dei recenti cambiamenti strutturali, il Partito Socialdemocratico dei Rom si è proposto, attraverso l'alleanza con il Partito Socialdemocratico nel novembre 2003, come guida del movimento zingaro, e in quanto tale intitolato a ricevere i finanziamenti statali. Diverse ONG hanno però espresso la loro perplessità riguardo quest'allocazione e hanno ripetutamente richiesto che il partito pubblicasse i dettagli sull'utilizzazione di quel denaro. Nel 2003, le relazioni si sono progressivamente deteriorate tra il Partito Socialdemocratico dei Rom e le ONG. Rapporti particolarmente tesi si sono instaurati in particolar modo con l'organizzazione denominata Rete Nazionale dei Rom, con la quale era esistita peraltro, in occasione della stesura della Strategia, una forma di collaborazione. Diversi leader hanno al contrario tentato di collaborare con il partito e anche di diventarne rappresentanti locali. Queste iniziative hanno però incontrato il biasimo di altre ONG. Inoltre il livello di accentramento e controllo da parte del partito, ha reso loro difficile per questi dirigenti il compimento un'azione effettiva.

L'ultimo Rapporto della Commissione Europea sulla Romania, del 2003, condanna espressamente la scelta del governo di collaborare con un'unica organizzazione. Si sottolinea come una tale posizione sia in contraddizione con i principi stabiliti dalla Strategia e la si identifica come fonte di preoccupazione. Nell'ottica di porre rimedio a questa situazione, il Partito Social Democratico dei Rom ha creato una rete di ONG, chiamata For Romangue. Essa, costituita da 76 diverse realtà avrebbe dovuto rappresentare un esempio di dialogo e collaborazione. Un'analisi attenta ha tuttavia mostrato come, di tali organizzazioni, all'incirca 60 fossero gestite da leader dello stesso Partito Socialdemocratico. In base alle previsioni della Strategia, sono stati creati in 41 province degli Uffici per i Rom. Essi costituiscono il più importante punto di contatto istituzionale per le questioni di riferimento. Si occupano di organizzazione, programmazione e coordinazione delle attività condotte a questo livello, in funzione della realizzazione degli obiettivi del documento. Ognuno di essi è composto da tre o quattro persone, almeno uno dei quali di etnia rom.

Gli Esperti Locali delle questioni rom sono responsabili invece della promozione di azioni improntate al miglioramento della situazione delle comunità. Operano alle dipendenze dell'Ufficio del sindaco e sono sottoposte sia agli Uffici Provinciali per i Rom che allo stesso sindaco, il quale ha un largo margine di discrezionalità nel determinare l'ampiezza delle loro attività. Sono i mediatori tra le autorità pubbliche e le comunità. La mancanza di risorse a livello comunale ha però comportato che la maggioranza degli esperti venisse selezionata tra i funzionari esistenti. In ogni caso, pochi di questi esperti sono membri della comunità rom, come sarebbe invece auspicabile. Nella maggior parte delle province si è registrata una certa insoddisfazione a causa della nomina degli esperti locali, avvenuta in diretta collaborazione con il Partito Socialdemocratico con l'esclusione si altre organizzazioni e la scarsa considerazione dei requisiti professionali. In base alla Strategia, gli Uffici Provinciali sono responsabili per la creazione di Gruppi Misti di Lavoro Locali, costituiti da rappresentanti delle istituzioni pubbliche e di ONG. Un rapporto del governo dell'aprile 2003 sottolinea l'importanza di tre elementi essenziali per il successo di quest'intervento sociale: l'esperienza delle ONG nell'identificazione delle necessità, l'efficace elaborazione e attuazione dei progetti; la comunicazione tra le autorità locali, i leader del settore civile ed i rappresentanti delle comunità.

Nelle elezioni locali del 2000 sono stati eletti pochi consiglieri zingari, soprattutto nelle fila del Partito Socialdemocratico Rom. A causa della scarsa collaborazione tra le organizzazioni rom a livello locale, che causato la dispersione del voto, la rappresentanza è rimasta bassa. Nel 2004 la nuova Legge sulle Elezioni Locali ha stabilito che solo i partiti delle minoranze nazionali rappresentate in Parlamento possano concorrere per le elezioni locali. Gli altri devono soddisfare condizioni speciali molto severe, quasi irrealistiche. L'adesione al partito deve essere in particolare almeno pari al 15% dell'intera popolazione della minoranza, calcolato sulla base dell'ultimo censimento. La conseguenza è stata una rappresentanza più bassa anche per alcune associazioni Rom che avevano goduto di rappresentanza locale in passato. La partecipazione dei Rom nello sviluppo e nell'attuazione della Strategia è stata estensiva, ma in alcuni casi politicizzata e anche controproducente. Fin dall'epoca della sua adozione, molti rappresentanti delle ONG hanno fatto presente la propria insoddisfazione per i ritardi nell'attuazione, per la mancanza di obiettività all'interno della Commissione Mista e per i criteri utilizzati nella selezione del personale da destinare ai progetti riguardanti i Rom. Ciò, nonostante la strategia si occupi espressamente della promozione della partecipazione, in particolar modo a livello locale.

Ne sono un esempio la previsione di incontri mensili tra sindaci e leader rom e la specificazione delle condizioni per l'assunzione e la promozione dei funzionari, come forma di azione positiva. Anche il fenomeno delle ONG appare caratterizzato da luci ed ombre. All'interno di questo settore si sono infatti succeduti gravi scandali per la cattiva gestione e la sottrazione di fondi (celebre, di diceva, il caso del Roma Center for Social Intervention and Studies). Come si è avuto modo di accennare, da un sondaggio dello United Nations Development Programme del 2003 emerge non solo come la fiducia nelle istituzioni Rom sia scarsa, ma anche come la stima nei confronti delle ONG sia molto più bassa di quella nei confronti dei partiti e molto inferiore alla media regionale: solo il 26% dichiara di fidarsi dei partiti, mentre meno del 5% ha stima delle ONG. Nelle parole del Comitato Consultivo del Consiglio d'Europa emerge come la partecipazione delle minoranze abbia contribuito alla promozione di un clima di tolleranza in Romania. Alcune critiche sono però rivolte allo Stato per il trattamento preferenziale di un'unica organizzazione per minoranza, in particolare con riferimento alla realtà zingara. Ciò, si dice, penalizza le altre voci della comunità, non permette la rappresentazione della sua diversità e accentua il clima di competizione al suo interno. Il Comitato invita inoltre il governo a destinare maggiori risorse e poteri agli organismi che si occupano della questione zingara e a promuovere programmi di formazione per i Rom.

4.4. OSTACOLI COSTITUZIONALI E STRUTTURALI ALLA MOBILITAZIONE POLITICA INGARA IN BULGARIA [ su ]

La Costituzione bulgara vieta, all'art. 11, la creazione di partiti su base etnica. Nei primi anni dopo la transizione, la registrazione dell'Unione Democratica dei Rom è stata infatti rifiutata sulla base di tali restrittive previsioni costituzionali. Tuttavia, sulla scia del Movimento per i Diritti e le Libertà, che riunisce cittadini bulgari di etnia turca, questo divieto è stato progressivamente eroso. Alla fine del 1998, circa 100 rappresentanti rom sono riusciti nell'intento di fondare un partito che si identifica con la comunità, Svobodna Bulgaria (Bulgaria libera). Nel 1999 esso ha preso parte alle elezioni. L'approccio del governo alla situazione dei Rom è riassunto in due diversi documenti: il Programma Quadro per la Pari Integrazione dei Rom nella società bulgara e la sezione intitolata all'Integrazione delle Minoranze del programma governativo "I popoli sono la ricchezza della Bulgaria". Il Programma di Integrazione delle Minoranze del 2001 ha un approccio generale ed è stato adottato senza la pretesa di consultazione con le ONG delle minoranze e senza essere stato discusso pubblicamente. Esso si limita a prevedere che la realizzazione delle priorità venga raggiunta attraverso "la diretta partecipazione delle minoranze nella stesura e nella realizzazione delle politiche".

Il Programma Quadro comprende invece sia misure che si occupano di combattere la discriminazione, che previsioni atta a promuovere i diritti delle minoranze e esprime la necessità che "i Rom non siano solo un passivo oggetto di influenza, ma assurgano a soggetto attivo nella sfera pubblica". E ribadisce: "l'attiva posizione dei Rom in tutti i livelli delle istituzioni statali che sono responsabili della realizzazione di questo programma è una condizione per la sua fruttuosa attuazione". Esso stabilisce l'obbligatoria presenza dei Rom in alcuni dei corpi governativi che prevede. Questo documento riflette in larga misura il contributo delle organizzazioni rom, più volte sollecitato durante la sua stesura. Va rilevato tuttavia come il governo abbia in verità compiuto qualche passo indietro al momento dell'adozione della versione definitiva nel 1999. Dell'attuazione del Programma quadro si occupa un ufficio governativo, il Consiglio Nazionale per le questioni Etniche e Demografiche. Nonostante il coinvolgimento di altre istituzioni governative sia indispensabile all'attuazione degli obiettivi del Programma, esso non ha l'autorità di richiederlo, né di pretendere una valutazione delle attività svolte.

Un grave problema del Programma Quadro risiede nella difficoltà della sua attuazione. A causa delle deficienze nella sua amministrazione, essa non è ancora stata avviata nella sostanza e grosse difficoltà si sono presentate al momento di assicurarvi un'appropriata allocazione di fondi e di risorse. I Rom sono sottorappresentati a tutti i livelli decisionali. A presente, solo due rappresentanti zingari siedono in Parlamento, entrambi eletti nelle fila di partiti di maggioranza, il Movimento Nazionale di Simeone II e la Coalizione per la Bulgaria. Le cose vanno meglio a livello locale, dove, nel corso delle elezioni municipali del 1999, due partiti rom, Bulgaria Libera e Futuro per tutti, hanno conquistato 102 e 4 seggi rispettivamente nei consigli cittadini o come sindaci.

Diversi Rom si occupano di questioni minoritarie in alcune agenzie governative, compresi il Ministero dell'Educazione, il Ministero della Cultura e l'Agenzia Statale per la Gioventù e lo Sport. Molti rivestono tuttavia posizioni non collegate alle minoranze e tutti occupano i livelli più bassi della gerarchia amministrativa. Vi sono Rom che lavorano in qualità di esperti in questioni etniche e demografiche a livello distrettuale e comunale. Queste posizioni, però, spesso non comportano né particolari responsabilità né un mandato significativo e alcuni esperti ritengono che le proprie qualifiche siano semplicemente simboliche. Leader e attivisti hanno lanciato numerosi appelli a proposito dell'inadeguata rappresentanza. Le soluzioni prospettate sono diverse e spaziano dalla promozione di partiti etnici che si candidino da soli alle elezioni, all'inserimento di rappresentanti nei partiti di maggioranza, fino alla partecipazione dei Rom alla politica solo in qualità di consiglieri. Con l'adozione del Programma Quadro la rappresentanza dei Rom nella vita pubblica è certo migliorata, ma essa rimane tuttora insoddisfacente.

CONCLUSIONI [ su ]

"We don't need any more conferences,
we know precisely what the problems are.
What we need is action."

F. Farkas, Budapest, 4 agosto 1999

La mobilitazione politica dei Rom è un fenomeno controverso e articolato, oltre che relativamente recente. Essa ha conosciuto, nella politica e nella società civile, successi e fallimenti e su di essa hanno pesato gli sviluppi sia nazionali che internazionali. Per questo, una sua valutazione globale non può che riflettere la problematicità di quegli aspetti giuridici, economici, politici e sociologici che ne costituiscono il terreno di coltura e ne determinano allo stesso tempo l'unicità e la complessità. La promozione di strumenti internazionali dedicati alla promozione dei diritti politici e l'opera delle organizzazioni internazionali si sono inseriti in questo quadro in primo luogo quale fonte di standard minimi di garanzia, introdotti attraverso l'adozione di importanti convenzioni.

L'opera di questi organismi ha poi costituito un efficace mezzo di pressione sulla volontà dei governi nazionali, influenzando l'adozione di una legislazione sempre più attenta ai bisogni e alle peculiarità della minoranza zingara. L'esistenza di una politica in materia ha finito così per costituire un requisito fondamentale in una prospettiva democratica. Attraverso tutta una serie di iniziative di formazione, informazione e confronto, inoltre, queste realtà hanno consentito a tutti gli attori coinvolti di approfittare di importanti opportunità di arricchimento e collaborazione, altrimenti precluse. Tutto ciò ha indubbiamente garantito alla questione zingara una maggiore presenza e risonanza sulla scena europea e nazionale. Nonostante l'importanza del lavoro svolto a livello internazionale, tuttavia, queste problematiche finiscono per riflettersi primariamente sulle autorità statali e, invariabilmente, per coinvolgerle.

Su questo piano, l'organizzazione rom è minata da innumerevoli fattori negativi. La diversità e disomogeneità della comunità rendono il panorama associativo frammentato e competitivo. La ristretta élite al potere appare in larga parte estranea ai reali interessi della comunità e guidata dall' invidia e dall'ambizione personale. La maggioranza della popolazione vive sulla soglia di povertà e la percentuale di analfabetismo è molto elevata. L'esistenza di una realtà organizzativa rom è addirittura sconosciuta ad un largo strato della popolazione. La comunità zingara è scarsamente rappresentata all'interno degli organismi elettivi. La scarsa partecipazione in occasione delle consultazioni, i comportamenti elettorali, la bassa concentrazione numerica e il diffuso timore di fomentare un'ulteriore emarginazione hanno reso la presentazione di liste etniche una soluzione tendenzialmente poco praticabile. Per gli stessi motivi e a causa della perenne competizione, solo raramente i partiti rom hanno costituito coalizioni ed accordi tra loro. D'altra parte, i partiti di maggioranza sono scoraggiati dall'includere candidati rom nelle proprie liste. Questa manovra non offre infatti la garanzia di tradursi in un sicuro risultato elettorale, a causa dei diffusi pregiudizi contro questo gruppo e del suo incostante comportamento alle urne.

La partecipazione dei Rom alla vita politica avviene anche attraverso le cosiddette reti di patrocinio, costituite da gruppi di pressione, organismi consultivi, Organizzazioni Non Governative e altre, diverse, realtà non istituzionalizzate. Questo settore ha dimostrato negli ultimi anni una crescente capacità di attrazione nei confronti della classe politica rom, in quanto più remunerativo del settore propriamente politico e alieno a molte delle sue problematiche. Questo competizione ha finito tuttavia per creare un'ulteriore frattura all'interno della comunità. Ciò ha contribuito ad un suo ulteriore, grave indebolimento. Alla luce anche delle singole esperienze proposte, si può ritenere che diverse forme di coinvolgimento politico siano necessarie a garantire un'efficace contributo dei Rom alla vita politica. In Ungheria, il pur rivoluzionario sistema di autogoverno ha dimostrato diverse lacune.

Destinato in primo luogo a garantire alle minoranze un'autonomia culturale, non ha previsto l'attribuzione di poteri che assicurino loro una reale voce nella gestione dei diversi aspetti della questione zingara. Il sistema di elezione non instaura un genuino rapporto di responsabilità dei suoi membri nei confronti dell'elettorato. Tale procedura, inoltre, ha consentito l'infiltrazione nella struttura di individui non appartenenti alla minoranza. Ad eccezione dell'organizzazione minoritaria più forte, essa determina l'esclusione dal piano decisionale di tutte le restanti realtà rappresentative della comunità. Tutto ciò fa sì che questa forma di rappresentanza non sia idonea, da sola, a garantire in modo efficace il coinvolgimento politico dei Rom, ma che debba essere affiancata da diverse tipologie di partecipazione effettiva. Il problema è per certi versi simile in Romania. La garanzia costituzionale di un seggio riservato assicura un'importante presenza in Parlamento. Tuttavia, questa previsione è minata dalla diversità e dalla competizione all'interno dell'élite politica rom. Essa, privilegiando ancora una volta la sola organizzazione maggiormente rappresentativa, sortisce l'effetto di escludere completamente dal dialogo e confronto politico le restanti realtà minoritarie. Di conseguenza, un'unica corrente d'opinione gestisce i finanziamenti destinati all'intera comunità e influenza le nomine della gran parte dei funzionari incaricati, ai vari livelli, della questione zingara.

In Repubblica Ceca, la perdita di peso politico dei Rom seguita alla dissoluzione della Federazione ha segnato una loro dipendenza dal meccanismo delle tavole rotonde e, dunque, dalla buona volontà dei governi. Il coinvolgimento politico zingaro si basa su un sistema di organismi consultivi, che il governo ritiene efficaci collegamenti con le comunità e i loro bisogni. L'idea di una rappresentanza politica non gode di molta considerazione. La legislazione non offre misure concrete per incoraggiarla. Non solo non esistono rappresentanti che possano dar voce alla popolazione zingara, ma nemmeno vi sono dati ufficiali a testimonianza di questa situazione. Il canale dei comitati consultivi è la principale forma di coinvolgimento politico zingaro anche in Slovacchia. Non esistono previsioni che favoriscano la rappresentanza e, nonostante il consistente potenziale elettorale, nessun Rom siede in Parlamento. La classe politica non è stata in grado di integrarsi nel sistema di partiti, né di costituire coalizioni. L'unica alleanza di rilievo,quella con un partito in passato decisamente ostile alla causa rom, ha portato con sé molto discredito.

In Bulgaria, la restrittiva previsione costituzionale che impedisce la costituzione di partiti su base etnica è stata, alla fine, aggirata. Sebbene la rappresentanza continui ad essere inadeguata, una presenza parlamentare, almeno in una certa misura, esiste. Qui, il problema è piuttosto nell'attuazione della legislazione. In particolare, gli organismi intitolati ad occuparsi della questione zingara ai vari livelli soffrono della penuria di know-how e di risorse destinatevi. Ciò finisce per danneggiare la traduzione pratica di una legislazione di per sé buona e ideata in parte con il contributo delle ONG. La mobilitazione rom ha compiuto negli ultimi anni passi significativi anche a livello internazionale, in particolare impegnandosi attraverso iniziative concrete per il riconoscimento dello status di Nazione. Ciò è avvenuto attraverso l'operato dell'Unione Internazionale dei Rom. Questa organizzazione si propone di creare una rete di collaborazione tra le diverse e divise realtà zingare e di instaurare un sistema di alleanze con i governi, nell'ottica di dare un contributo decisivo alla causa. Ad essa si contrappongono il Congresso Nazionale dei Rom e i suoi sostenitori all'interno della classe politica. Questo organismo si fa portatore di istanze contrarie alla collaborazione con le autorità statali, accusate di comprare la soggezione politica delle organizzazioni attraverso i propri contributi finanziari. Il Congresso è espressione di un approccio su base locale, che assicuri la rispondenza delle azioni intraprese ai reali bisogni delle comunità.

Quanto ai presupposti necessari al successo della mobilitazione rom, è certo che essa dipende anche dai progressi compiuti nel senso di un miglioramento della disastrosa condizione socioeconomica. Alla base di tutti gli ostacoli che l'ambizioso obiettivo di una effettiva rappresentanza degli interessi zingari incontra, rimane poi, in ultima istanza, quello che è un'insanabile contrasto culturale. Si tratta di un dato pre-giuridico e a sé stante, che riveste tuttavia grande importanza. Una certa diffidenza nei confronti della politica è connaturata nella cultura rom. Tutto ciò che la riguarda tende ad essere visto come una preoccupazione gadje e, come tale, estranea alla comunità. Povertà, analfabetismo e discriminazione hanno poi condizionato l'emarginazione dalla società, impedito la formazione di una genuina volontà elettorale e scoraggiato la partecipazione della gran parte della popolazione. Quest'ultima è ben lontana dalla consapevolezza di alcuni dei membri della classe politica. Inoltre, anche all'interno delle élites, chi si rende conto dell'importanza di una rappresentanza zingara sono soprattutto i leader più giovani, con una formazione scolastica più lunga, quelli, in sostanza, più vicini alle concezioni gadje. Le masse tendono a riconoscersi piuttosto in forme di rappresentanza arcaiche, legate alle comunità di provenienza e basate sul prestigio e sul successo in campo lavorativo o sull'influenza di una famiglia.

La risoluzione dei gravi problemi che affliggono la popolazione rom è legata alla possibilità di inserire gli interessi zingari all'ordine del giorno della politica nazionale ed anche internazionale. Il disinteresse e la disinformazione nei confronti della politica sono estremamente dannosi per la causa zingara. Esse influenzano la nascita di forme di partecipazione di per sé e normalmente importanti, se inserite in un quadro che permetta una partecipazione a livello della società civile da un lato e una rappresentanza formalizzata e democratica dall'altro. Esse non possono tuttavia costituire un'alternativa a quest'ultima, in quanto estranee sia al concetto di legittimazione, che a quello di responsabilità. Nel caso dei Rom, inoltre, esse sono intrise della patologia del sistema e guidate da élites non rappresentative molto prossime ai governi, che traggono vantaggio dalla propria posizione.

Il paradosso alla base della concessione ai Rom dei diritti politici è che la gran parte della popolazione non comprende, non apprezza e, forse, non desidera quanto i gadje tentano, con tante difficoltà, di assicurarle. Tuttavia, occorre rilevare come le comunità zingare non siano autosufficienti e dipendano ormai, in larga misura, dal mondo esterno, quanto all'approvvigionamento delle risorse necessarie in una società moderna. Questo fenomeno non è reversibile. Al rischio di operare, attraverso l'attribuzione dei diritti, un'imposizione maggioritaria, si contrappone la considerazione che dare voce ai propri interessi attraverso la concezione gadje di rappresentanza è, per i Rom e in democrazia, l'unico mezzo per assicurarvi un qualche peso e considerazione. L'impegno e la volontà degli attori sono i primi, fondamentali passi del cammino verso la rappresentanza degli interessi zingari. La responsabilità per il presente e per il futuro è, in parte, nelle mani degli stessi Rom.

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Vedi anche:
* www.gfbv.it: www.gfbv.it/2c-stampa/04-1/041222ait.html | www.gfbv.it/2c-stampa/04-1/041201it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/04-1/041025it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/04-1/041018it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/04-1/040823it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/04-1/040422it.html | www.gfbv.it/3dossier/errc-it.html | www.gfbv.it/3dossier/rom-it.html | www.gfbv.it/3dossier/sinti-rom/it/rom-it.html | www.gfbv.it/3dossier/linkgfbv.html#rom

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